Imposte

Impatriati, il Fisco dice no alla scelta dei ritardatari

La prassi delle Entrate chiude alla chance di fare integrativa e ravvedimento. Spiragli dai giudici di merito ma senza cambi di rotta. Il rischio contenzioso è alto

di Marco Nessi

Il regime degli “impatriati” (articolo 16, comma 1, Dlgs) prevede una tassazione agevolata dei redditi prodotti dai lavoratori che: trasferiscono la residenza in Italia, ex articolo 2 del Tuir; non sono stati fiscalmente residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti al trasferimento; si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni; prestano la propria attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Se ci sono queste condizioni, i redditi di lavoro dipendente (e assimilati) e quelli di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono a formare il reddito complessivo Irpef limitatamente al 30% del loro ammontare per cinque anni (estendibili, al verificarsi di talune condizioni, a dieci).

Tesi del Fisco e contro-ragioni

In sede interpretativa l’agenzia delle Entrate ha da sempre manifestato la propria avversione alla possibilità di recuperare l’agevolazione, nell’ipotesi di mancata fruizione in via ordinaria. In tal senso, è stata affermata l’impossibilità di:

presentare una dichiarazione dei redditi integrativa a favore per recuperare gli anni eventualmente persi (circolari 33/E/2020 e 17/E/2017, e interpello 59/2020);

versare in ritardo (previo ravvedimento operoso) l’imposta sostitutiva prevista, per poter allungare il periodo agevolato a dieci anni (interpello 372/2022).

In realtà, questo orientamento restrittivo non pare del tutto condivisibile sotto diversi profili, poiché, come rilevato anche da alcuni giudici tributari:

1 la disciplina degli “impatriati” non rappresenta un regime fiscale “opzionale”, bensì una particolare regola di determinazione dell’imponibile Irpef;

2 la presunta impossibilità alla regolarizzazione è stata espressa dall’Agenzia esclusivamente in sede interpretativa (e, come tale, senza alcun potere vincolante);

3 questa tesi determina un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla disciplina prevista per i lavoratori contro-esodati in cui, viceversa, è ammessa la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa.

Le chance di recupero

Operativamente, quindi, anche ai lavoratori impatriati dovrebbe essere riconosciuta la possibilità di recuperare le eventuali maggiori imposte versate ai fini Irpef:

presentando un’istanza di rimborso (ex articolo 38, Dpr 602/73), con eventuale successivo ricorso dopo 90 giorni, in caso di “silenzio–rifiuto”;

oppure una dichiarazione integrativa a favore (ex articolo 2, comma 8-bis, Dpr 322/88).

Tra le due alternative, quest’ultima soluzione appare preferibile in quanto consente di retroagire la “correzione” del reddito già dichiarato (in modo tale da far emergere il relativo credito Irpef) a partire dall’annualità più remota ancora accertabile (ad esempio, ad oggi, deve ritenersi possibile presentare una dichiarazione integrativa a favore relativa ai redditi 2016 entro la data del 31 dicembre 2022).

Le pronunce dei giudici

Non pare secondario osservare che queste conclusioni sono già state riconosciute dalla giurisprudenza più recente. Per esempio, dalla sentenza 4779 del 22 dicembre 2021 con cui la Ctp di Milano ha escluso che, in presenza dei relativi presupposti, eventuali irregolarità formali possano essere tali da far decadere dal regime degli impatriati. O anche dalle sentenze 4023 del 20 ottobre e 288 del 2 febbraio 2022, con cui la Ctr della Lombardia ha riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso delle maggiori imposte versate e alla presentazione della dichiarazione integrativa a favore, per indicare la sussistenza delle condizioni previste per fruire della tassazione ridotta.

In attesa di nuove pronunce, è chiaro che i contribuenti e i contribuenti dovranno muoversi con accortezza. Se è vero che sul tema sarebbe auspicabile un cambio di orientamento dell’amministrazione, è altrettanto vero che – al momento – la necessità di avviare un contenzioso tributario da parte del contribuente non può essere esclusa.

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