Controlli e liti

Controlli a tavolino, i giudici di merito rilanciano sull’obbligo di contraddittorio

di Antonio Zappi

Il diritto al contraddittorio si applica anche per le verifiche “a tavolino”, deve essere riconosciuto anche quando la legge non lo prevede espressamente ed anche in relazione alle imposte dirette. Per garantire tale diritto incombe sul giudice anche un dovere di disapplicazione delle norme interne contrastanti con il diritto comunitario. Sono queste le conclusioni della sentenza 48/2/2018 (presidente Tomaselli, relatore Mauro) della Ctp di Vicenza, nella quale si afferma l’illegittimità di un avviso di accertamento emesso in assenza di contraddittorio preventivo, quale inosservanza che comprime illegittimamente la possibilità del contribuente di partecipare alle attività di accertamento in fase amministrativa.

Interessante, peraltro, evidenziare come nelle motivazioni della sentenza i giudici vicentini affermino di aderire pienamente, citandone ampi stralci, a quanto già statuito dalla Ctp Reggio Emilia (sentenza 5/1/16). Quindi, poiché in quel pronunciamento i giudici emiliani hanno tenuto conto dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità su questo tema (Cassazione, 24823/2015), lo stesso non è certamente ignorato anche dal collegio veneto.

Di conseguenza, nonostante per la Suprema corte nell’ordinamento tributario nazionale non esiste un principio che impone all’Amministrazione finanziaria un obbligo generalizzato di preventivo contraddittorio con il contribuente, i giudici vicentini ritengono di potersi discostare da questa visione, affermando che il contribuente ha diritto di partecipare sempre alla formazione dell’atto di accertamento, indipendentemente dal fatto che il tributo sia o meno armonizzato. Quindi, anche nelle verifiche “a tavolino”, non è legittima la notifica di un avviso di accertamento senza che, in un momento antecedente alla notifica, il contribuente sia convocato presso gli uffici o sia stato formato un Pvc. Questa interpretazione, per i giudici veneti, risulta orientata e conforme anche ai principi espressi dalla Consulta (sentenza 132/2015).

Invero, dagli atti emerge anche che il contribuente aveva presentato un’istanza di adesione ex Dlgs 218/97, cosicché alcuni contraddittori tra le parti si erano comunque svolti, ma solo dopo la notifica dell’accertamento.
Alla luce di ciò, un aspetto interessante della pronuncia deriva allora anche dal fatto che i giudici vicentini hanno ritenuto del tutto irrilevante ai fini della decisione che un confronto tra le parti, ancorché post-notifica dell’accertamento, vi fosse comunque stato. In tal senso, la mancata instaurazione del contraddittorio preventivo procedimentale è stato evidentemente ritenuto vizio non sanabile tramite comportamenti delle parti successivi alla notifica dell’accertamento.

Infine, avendo convocato il contribuente solo in prossimità del termine ultimo per ricorrere ed avendo concluso l’istruttoria dell’adesione in maniera lapidaria, a parere del ricorrente l’Ufficio avrebbe sostanzialmente ed illegittimamente eluso l’effettività della partecipazione del contribuente al procedimento concordatario, ma tale presunta inattività è stata ritenuta trascurabile sia per l’esito del giudizio che per l’addebito delle (compensate) spese di lite.

Ctp Vicenza, sentenza 48/02/2018

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