Imposte

Canoni di prelocazione, deducibilità collegata al contratto di leasing

di Giorgio Gavelli

Il dibattito sorto attorno al corretto periodo di competenza in cui dedurre i cosiddetti canoni di prelocazione, frequentemente previsti nei contratti di leasing-appalto (conosciuti anche come di leasing «in costruendo») deve fare i conti con la derivazione rafforzata e con la recente sentenza 8897/2018 della Corte di cassazione.

I canoni di prelocazione (o di prefinanziamento) sono composti principalmente dagli interessi calcolati sulle somme corrisposte dalle società di leasing alle ditte appaltatrici, nel periodo intercorrente tra la data di stipulazione del contratto e la data di decorrenza della locazione finanziaria, coincidente con la consegna del bene nel frattempo realizzato su indicazioni del futuro utilizzatore. Sulla rilevazione contabile e connessa deducibilità di queste somme vi sono due orientamenti.

Una prima tesi, facendo leva sul fatto che queste somme non sembrano rappresentare un corrispettivo per l’utilizzazione del bene poi assunto in locazione finanziaria, quanto piuttosto il corrispettivo per l’erogazione anticipata dei mezzi finanziari per la sua realizzazione, sostiene la rilevazione in bilancio e la deducibilità per competenza, sulla base del periodo in cui avviene tale finanziamento. Questo orientamento privilegia una lettura distinta delle due operazioni (finanziamento e leasing), pur se strettamente correlate dal punto di vista causale. In questi termini, ad esempio, si è espressa la Commissione regionale Toscana, con decisioni 60/8/2012 e 121/17/2010.

Diversamente, una buona parte della dottrina ha sostenuto che, per il principio di correlazione tra costi e ricavi, anche i canoni di prelocazione debbano essere dedotti lungo la durata del contratto di leasing, come avviene ad esempio anche per il maxicanone, ossia lungo il periodo in cui il bene assunto in locazione finanziaria produrrà la propria utilità all’impresa utilizzatrice. Si tratterebbe, in buona sostanza, di canoni anticipati e ciò supererebbe anche l’apparente contraddizione con il trattamento Iva dei corrispettivi pattuiti (ossia alla stessa stregua dei canoni periodici) che, peraltro, costituisce espressione dell’autonomia dei due comparti impositivi. All’atto del pagamento, i canoni verrebbero riscontati integralmente e poi rilevati a conto economico (alla voce B.8) a partire dalla data di decorrenza del contratto, dopo averne valutato la recuperabilità mediante i ricavi attesi (principio Oic 18).

L’orientamento in esame è generalmente sostenuto dall’agenzia delle Entrate e trova un suo antecedente nella relazione annuale del Secit relativa all’anno 1999 (in senso conforme anche Ct II° grado Trento 69/1/2013 e Ctp Arezzo 152 maggio 2008). Esso trova ora riscontro nella sentenza della Cassazione 8897/2018, depositata l’11 aprile, che richiama l’unitarietà funzionale del contratto di leasing-appalto e l’articolo 109, comma 1 lettera b), secondo cui le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, per i contratti con corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi.

Questa sentenza (che riguarda gli anni 2002-2003) va ora verificata alla luce del principio di derivazione rafforzata e delle norme Ias come modificate e richiamate, per i soggetti Oic, dal decreto 3 agosto 2017, in tema di prevalenza dei principi contabili con riferimento ai criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio. I principi contabili Oic (anche nella veste rinnovata e integrata) non disciplinano i canoni di prelocazione nel leasing-appalto, quindi una soluzione esplicita non è presente.

Nel caso di finanziamento per la costruzione di un immobile di proprietà, il principio contabile Oic 16 disciplina la facoltà (frequentemente utilizzata dalle imprese, anche in virtù di quanto previsto all’articolo 96, comma 1, Tuir) di capitalizzare gli interessi passivi maturati su finanziamenti a fronte di beni che richiedono un periodo di costruzione significativo. In questo caso, tali oneri finanziari partecipano alla redditività dell’impresa attraverso gli ammortamenti, e quindi nel periodo durante il quale il cespite apporta utilità al processo produttivo, secondo uno schema che richiama quanto sostenuto dalla Cassazione per i canoni di prelocazione nel leasing-appalto (per quanto da facoltà si passerebbe all’obbligo). Con la differenza che, in quest’ultima ipotesi, quando gli oneri finanziari vengono “spalmati” per competenza lungo la durata del contratto di leasing, essi risultano deducibili nel rispetto del parametro di redditività fissato dall’articolo 96 Tuir.

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