Adempimenti

Depositi fiscali energetici: licenza non sospesa, ma rigide tutele erariali

I depositi fiscali di prodotti energetici possono evitare la sospensione della licenza se ripristinano le relative condizioni oggettive eventualmente perse entro il termine di 12 mesi, durante il quale vige però un rigidissimo sistema eccezionale di garanzie e tutele erariali.

Il maxi emendamento governativo al decreto legge 21/2022, infatti, rende integralmente esecutivo l’articolo 23 Tua per i soggetti muniti di licenza per detenere prodotto ad accisa sospesa che, per un determinato periodo, non riescono a soddisfare i requisiti soggettivi previsti dalla norma. La predetta norma fu radicalmente riscritta nel 2016, allorquando venne disposto che la licenza fiscale potesse essere detenuta anche da soggetti che, tra gli altri requisiti oggettivi, effettuano operazioni esenti o agevolate in misura pari al 30% del totale delle estrazioni in un biennio o che sono propaggini di depositi maggiori ai quali sono asserviti.

Tuttavia, per un sostanziale errore nella composizione della norma, il comma 12 dell’articolo 23 Tua disponeva che le Dogane fossero incaricate di verificare la permanenza delle condizioni in parola che, se perse, legittimavano gli Uffici a sospendere l’autorizzazione fino a quando non ne sia comprovato il ripristino entro il termine di un anno, alla scadenza del quale viene revocata. Contestualmente all’emissione del provvedimento di sospensione di cui al periodo precedente, viene rilasciata, su richiesta dell’esercente il deposito, la licenza di mero deposito commerciale.

La disposizione era illogica perché, con la licenza fiscale sospesa non potevano mai ripristinarsi le condizioni di esercizio, ragione per cui è varata ora la nuova disposizione, che tuttavia entra in un sistema delicatissimo e radicato da (continui e forse troppi) interventi normativi, tutti nella logica della più rigida tutela dell’erario. Anche questo intervento, infatti, è stato oggetto di varie discussioni e riscritture.

Ebbene, più razionalmente è ora disposto che il soggetto che non raggiunge i requisiti oggettivi sopra delineati, in luogo della sospensione può continuare ad operare per un periodo non superiore a 12 mesi, garantendo l’imposta sospesa, in denaro o titoli, nella quota, mensile, del 100%, riservando al Mef i profili applicativi di questa disposizione. La ratio della disposizione è di tutta evidenza, comprensibilmente mantenendo fermo il rigore scelto negli ultimi anni.

Ma v’è di più, ancora a tutela di una novellata impalcatura antifrode, è disposta una ulteriore tutela erariale che però, se non eccessiva, pare molto penalizzante per le imprese in difficoltà nel contingente. Intervenendo stavolta sull’Iva – che è il vero punto sensibile della questione, ben più dell’accisa – è disposto che durante il periodo di monitoraggio di 12 mesi, non si applichi agli acquisti effettuati dal deposito la disposizione di cui al comma 941, articolo 1, legge 205/17: pertanto, le forniture in questione non saranno effettuate in sospensione dall’Iva, ma in regime ordinario e dunque con imposta rivalsata dal fornitore al cliente.

Questa scelta creerà probabili disallineamenti tra operatori ed aprirà di nuovo la discussione sulle corrette modalità di estrazione da parte dei soggetti in questione, che pagheranno l’Iva all’acquisto e, poi, in estrazione dovranno individuare le corrette ulteriori modalità operative pure individuate dalla legge 205/17.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©