Controlli e liti

Tregua fiscale, omessi versamenti non punibili anche dopo il primo grado

Il Dl 34/2023: scudo penale condizionato alla definizione prima della sentenza di appello. Disparità di trattamento rispetto al regime ordinario che fissa lo spartiacque alla prima udienza

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Per chi si avvale della tregua fiscale, la causa di non punibilità penale, in caso di omessi versamenti, si applica anche a processo di primo grado concluso, a condizione che la definizione avvenga prima della sentenza di appello.

È questa la principale novità, rispetto alle bozze circolate in precedenza, della versione definitiva del decreto Bollette (articolo 23 del Dl 34/2023) pubblicato giovedì in tarda serata sulla Gazzetta Ufficiale.

L’articolo 23 del decreto prevede la non punibilità per i reati di omesso versamento ritenute, Iva e indebita compensazione di crediti non spettanti, quando le relative violazioni sono correttamente definite e le somme dovute integralmente versate secondo le modalità previste dagli istituti della tregua fiscale, purché le relative procedure vengano definite prima della pronuncia della sentenza di appello.

Si tratta, a ben vedere, di un allargamento oggettivo della causa di non punibilità ordinariamente prevista dall’articolo 13 del Dlgs 74/2000, che consente la fruizione del beneficio solo se il pagamento avvenga entro l’apertura del dibattimento di primo grado (con, al massimo, sei mesi di proroga).

Le bozze circolate prima della pubblicazione in «Gazzetta» prevedevano una sospensione del processo, onde evitare che si aprisse il dibattimento in primo grado senza che l’interessato avesse ultimato il pagamento rateale delle somme dovute in seguito all’adesione alla tregua fiscale (nella specie fino a 20 rate trimestrali).

Secondo la norma pubblicata in Gazzetta, invece, chi ha aderito a uno degli istituti previsti dalla legge 197/2022, può beneficiare della non punibilità fino a prima della pronuncia di appello e quindi in concreto ben oltre l’apertura del dibattimento di primo grado, e pertanto anche nell’ipotesi di condanna già inflitta purché, in buona sostanza, non sia terminato il procedimento di appello.

Sicuramente si tratta di un ulteriore beneficio per incentivare l’adesione a una delle nuove sanatorie almeno con riferimento alle violazioni di omessi versamenti e indebite compensazioni penalmente rilevanti.

Tuttavia, potrebbe porsi un problema di costituzionalità della nuova norma sotto il profilo della disparità di trattamento. Infatti, di regola, il contribuente che non ha ultimato la rateazione «ordinaria» per il pagamento del debito tributario entro l’apertura del dibattimento di primo grado, non beneficia della causa di non punibilità, e quindi potrebbe essere condannato.

Al contrario, l’interessato che si avvale di un istituto della tregua fiscale, restituendo peraltro somme inferiori all’erario (sanzioni ridotte o azzerate e in alcuni casi senza interessi), può fruire della non punibilità anche se il dibattimento sia stato avviato e anche se sia stato già condannato, atteso che il beneficio penale è ora temporalmente conseguibile fino alla pronuncia della sentenza di appello.

La nuova norma precisa poi che la sospensione debba riguardare il processo di merito. Ne dovrebbe conseguire che le indagini preliminari comunque proseguano dal momento che verrà poi sospeso l’avvio del processo.

A questo punto, per una questione di equità, sarebbe auspicabile l’estensione della non punibilità anche nei confronti di chi ha subito una condanna in primo grado o comunque si è visto negare la non punibilità per avere in corso la rateazione (ordinaria).

In difetto, verrebbe premiato chi ha omesso totalmente i versamenti e ha deciso di effettuarli solo avvalendosi degli sconti della tregua fiscale rispetto a chi, invece, li ha eseguiti a rate corrispondendo sanzioni piene e interessi dovuti, ma con la sola colpa di non aver ultimato il pagamento prima dell’apertura del dibattimento.

Vi è da sperare che in sede di conversione in legge del decreto, o comunque in attuazione della delega fiscale, tale ingiustificata disparità venga rimossa, subordinando la non punibilità all’integrale pagamento del debito entro i termini previsti dagli istituti tributari, almeno con riferimento ai reati di omesso versamento che, come noto, conseguono all’«autodenuncia» del contribuente dopo la presentazione della dichiarazione.

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