Il CommentoImposte

La contraddizione tra flat tax e progressività. Test nelle coperture

La delega fiscale specifica in dettaglio l’imposta sostitutiva incrementale riducendo a dichiarazione d’intenti tutto il più ampio quadro della flat tax generale

di Enrico De Mita

Nel Ddl fiscale approvato dal Governo l’articolo 5 reca i principi e i criteri direttivi per la revisione del sistema dell’Irpef. Il Ddl invia al Parlamento un primo tracciato, peraltro molto generico.

Si propone la revisione e la graduale riduzione dell’Irpef, nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva della transizione del sistema verso l’aliquota impositiva unica, attraverso il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta, delle detrazioni dall’imposta lorda e dei crediti d’imposta, tenendo conto delle loro finalità, con particolare riguardo:

1) alla composizione del nucleo familiare e ai costi sostenuti per la crescita dei figli;

2) alla tutela del bene casa e di quello della salute delle persone, dell’istruzione, della previdenza complementare;

3) agli obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente.

Lo stesso articolo 5 richiama il graduale perseguimento dell’equità orizzontale prevedendo, nelle more della revisione anzidetta, quanto segue:

- la progressiva applicazione della medesima area di esenzione fiscale e del medesimo carico impositivo Irpef, indipendentemente dalla natura del reddito prodotto;

- la deducibilità, anche forfettizzata, dal reddito di lavoro dipendente e assimilato delle spese sostenute per la produzione dello stesso;

- la deducibilità dei contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria e l’eccedenza dal reddito complessivo;

- l’applicazione, in luogo delle aliquote per scaglioni, di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e sue addizionali, in misura agevolata su una base imponibile pari alla differenza tra il reddito del periodo d’imposta e il reddito di periodo più elevato tra quelli relativi ai tre periodi d’imposta precedenti, con possibilità di prevedere limiti al reddito agevolabile (cosiddetta flat tax incrementale).

Si propone, infine, di includere nel reddito complessivo, rilevante ai fini della spettanza di detrazioni, deduzioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, i redditi assoggettati a imposte sostitutive e a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito delle persone fisiche, con esclusione dei redditi di natura finanziaria.

Si avverte la necessità di provvedere a un riordino delle cosiddette tax expenditures , area di grande eterogeneità e approssimazione definitoria, secondo i richiami anche della Consulta.

D’altra parte, il testo così congegnato del Ddl governativo, nel dare puntuale specificazione alla cosiddetta flat tax incrementale, «nelle more dell’attuazione della riforma fiscale», sembra individuare ciò che, con un grado di obiettiva verosimiglianza, appare raggiungibile; riducendo, per converso, a dichiarazione d’intenti tutto il più ampio quadro della flat tax generale.

Infatti, se la graduale riduzione dell’Irpef risulta una necessità costituzionalmente avvertita, d’altra parte il rispetto del principio di capacità contributiva e di progressività e un sistema ad aliquota impositiva unica imprecisata risultano in contraddizione.

Tant’è che la cosiddetta flat tax oggi esiste solo come regime fiscale speciale o agevolato, in presenza di determinati requisiti di accesso. Il suo mantenimento è legato al mancato verificarsi di cause di esclusione normativamente determinate.

L’insistenza sulla fattibilità di una flat tax incrementale rende più concreto il reale perimetro di una delega rispettosa dei principi generali del diritto tributario nazionale, come richiamati dall’articolo 2 del Ddl governativo.

Aliquote, scaglioni, deduzioni e detrazioni sono gli istituti invocati dal Ddl per rendere possibile il raccordo teorico tra progressività e sistema generale di tassazione dei redditi mediante aliquota tendenzialmente unica.

Ma il raccordo teorico non è sufficiente neppure per iniziare la discussione. Per affrontare seriamente la tematica della flat tax il Parlamento deve procedere certamente dalle disposizioni finanziarie che chiudono il Ddl.

È certo che dall’attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e non deve derivare incremento della pressione tributaria rispetto a quella vigente.

È altrettanto certa la complessità della materia trattata.

Nessuno può fondatamente affrontare il tema, né in sede governativa né in sede parlamentare, adducendo la presunta impossibilità di procedere alla determinazione degli eventuali effetti finanziari, per ciascuno schema di decreto legislativo.

L’allestimento di una riforma epocale merita la massima ponderazione a partire proprio da tali effetti finanziari che rendono la misura, ab extrinseco, della dubbia percorribilità costituzionale dell’idea, prima ancora che della sua traduzione in norma.

La norma che chiude il Ddl governativo riporta alla realtà estremamente complessa della riforma ipotizzata, che – pragmaticamente – ha già le fattezze di una più modesta rimodulazione dell’Irpef con accorpamento di alcune aliquote e razionalizzazione di deduzioni e detrazioni.

Solo dalla puntuale analisi dei costi e delle coperture può nascere una riflessione produttiva sul piano normativo, senza dimenticare rispetto e attuazione, anzitutto, del principio di eguaglianza sostanziale.

Portare equità e ragionevolezza in un coacervo normativo precario e ingovernabile costuirebbe già un buon approdo rivoluzionario e di tenuta costituzionale. (ha collaborato Francesco Cesare Palermo)