Professione

All’antielusione Atad serve una «rete» di norme nazionali

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di Alessandro Galimberti

Il cambio di passo delle direttive Atad, che hanno reso imperative - e cioè corredate da sanzioni amministrative e penali - le mere raccomandazioni Action 2 dell’Ocse, pone problemi applicativi per le multinazionali operanti in Italia sul tema dell’antielusione. Le criticità ancora presenti nel decreto attuativo sono state al centro di un lungo seminario organizzato da Sts Deloitte.

L’effetto principale del decreto Atad è mettere “in rete” le amministrazioni sull’erosione delle basi imponibili, prevedendo un meccanismo di reazione scansionato ma nel quale non sempre è chiaro all’inizio chi sia la parte lesa. Da qui scaturiscono due tipi di reazioni ordinamentali, una primaria l’altra secondaria. In caso di deduzione in uno Stato senza inclusione nell’altro, la reazione spetta a quello che ha subito la deduzione, di fronte alla cui inerzia reagirà l’altro stato per tassare il provento. Così pure per la doppia deduzione tra stabile organizzazione e casa madre. Queste reazioni nell’Action 2 erano mere raccomandazioni dell’Ocse, mentre nell’Atad 2 diventano norme imperative, quindi concorreranno per la determinazione dell’imponibile e perciò, in caso di violazioni, scatteranno sanzioni amministrative e penali.

Scopo di Atad 2 è avere nella Ue una tassazione equa, evitando che uno Stato si appropri di imponibile di un altro. In parte questa condotta è prevista e sanzionata in una norma nelle Cfc, quindi con le operazioni abusive, infine mediante interpretazioni ultra ratio. Fino alla raccomandazione del 2012 il criterio dell’abuso era utilizzato per le interpretazioni contra legem della pianificazione aggressiva. Oggi però ciò non è più possibile, l’abuso deve consistere nell’aggiramento di norme di diritto positivo, una situazione obiettivamente complessa nel caso di doppia deduzione che avviene tra due ordinamenti amministrativi che, di fatto, non si parlano tra loro. La Ue concepisce infatti il rapporto tra discipline in modo molto diverso dall’Ocse e dagli Usa.

L’Ocse considera le Cfc come strumento per perseguire gli ibridi, «ma fare una disciplina Cfc forte - ha sottolineato Ivan Vacca, condirettore di Assonime - significa ostruire il diritto al libero stabilimento: ciò spiega il rapporto tra ibridi, Cfc e antiabuso nell’Atad, dove i primi sono lo strumento più forte, sotto c’è la disciplina Cfc che si occupa degli utili distolti dalla capogruppo, infine l’abuso che si applica alle norme dell’ordinamento, dove entreranno anche quelle nate per convenzione». Ciò determinerà seri problemi applicativi nel caso di operazioni con strumenti diversamente qualificati tra emittente e portatore, oppure quando il rapporto è qualificato allo stesso modo ma non il pagamento (per esempio nelle transazioni con obbligazioni convertibili). Ancora, ha rimarcato il condirettore Assonime, un caso molto diffuso sono i trasferimenti ibridi e infine i trasferimenti per pagare un prezzo compensativo.

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