Controlli e liti

Acconto Imu 2023, sulle aree edificabili nessun onere di comunicazione di valori variati

La Cassazione ha precisato che non spetta al contribuente informare il Comune di variazioni del valore di mercato di aree già dichiarate

di Giuseppe Debenedetto

Scade il prossimo 16 giugno 2023 il termine per pagare l’acconto Imu 2023 e occorre prestare particolare attenzione alle aree edificabili, considerando le novità introdotte dalla disciplina della nuova Imu e dai recenti sviluppi giurisprudenziali.
Va in primo luogo evidenziato che la base imponibile ai fini Imu delle aree edificabili è costituita dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione (o a far data dall’adozione degli strumenti urbanistici), diversamente dai fabbricati e dai terreni agricoli la cui base imponibile è costituita da valori catastali, certi e predeterminati (rendita catastale per i fabbricati e reddito dominicale per i terreni).
La normativa attribuisce comunque ai Comuni il potere di determinare periodicamente il valore delle aree edificabili, consentendo così ai contribuenti di calcolare agevolmente l’imposta da versare. L’altro strumento che consente di risolvere i singoli casi è costituito dall’accertamento con adesione, trattandosi di una questione estimativa e non di diritto.
Tuttavia è innegabile che nel complesso la fattispecie impositiva delle aree edificabili è spesso foriera di contenzioso, a partire dalla definizione o individuazione delle stesse e fino alla determinazione del valore, considerato che il concetto di edificabilità fiscale è diverso da quello urbanistico.
La Cassazione ha infatti più volte affermato che un terreno acquisisce la natura di area edificabile con l’adozione del piano regolatore generale, con l’inserimento in un comparto edificatorio di nuova istituzione, a prescindere dalla sua concreta edificabilità (tra le più recenti, si veda la sentenza 8159 del 14 marzo 2022). Inoltre, la natura di area edificabile si configura per il solo fatto di rientrare nel primo livello di pianificazione urbanistica regionale (Cassazione 2109/2017 e 22477/2022), per cui se è presente una pianificazione a tre livelli va considerato lo strumento urbanistico di primo livello (cioè quello base).
Tra le novità normative introdotte dalla nuova Imu si segnala il riferimento alla data di adozione degli strumenti urbanistici (comma 746 legge 160/2019), precisazione che neutralizza l’orientamento di Cassazione secondo cui gli effetti dell’attribuzione della qualifica di edificabilità decorrono dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di adozione dello strumento urbanistico generale (Cassazione 2901/2017 e 8544/2019).
Un’altra novità di rilievo è quella secondo cui in presenza di più soggetti passivi di un unico immobile si tiene conto degli elementi riferiti ad ogni singola quota di possesso anche per l’applicazione delle agevolazioni (comma 743 legge 160/2019). Ne consegue che l’esenzione connessa alla conduzione dei terreni da parte di un comproprietario di un’area edificabile con la qualifica di coltivatore diretto non sarebbe suscettibile di estensione agli altri comproprietari sprovvisti di tale qualità.
In ordine poi agli obblighi tributari in capo al contribuente, occorre fare riferimento alla delibera comunale di determinazione periodica del valore venale delle aree edificabili. Ebbene, in caso di versamento dell’imposta sulla base di un valore pari o superiore a quello indicato in delibera, il Comune non può effettuare alcun accertamento nei confronti del contribuente (autolimitazione). Peraltro se il contribuente si è adeguato al valore dell’area predeterminato dal Comune, viene meno l’obbligo di presentare la dichiarazione, come precisato dalle istruzioni approvate con Dm 30 ottobre 2012 e confermate dal Dm 29 luglio 2022 (nuova Imu).
Al riguardo si segnala la recente decisione n. 11443 del 2 maggio 2023 con la quale la Cassazione ha affermato che il contribuente non ha alcun obbligo di comunicare la variazione del valore di mercato dell’area edificabile di sua proprietà già oggetto di dichiarazione. Il Comune ha pertanto cinque anni di tempo per accertare il parziale versamento e non può applicare la sanzione per omessa dichiarazione ma quella per omesso/parziale versamento.

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