Controlli e liti

Decadenza dal bonus ricerca e sviluppo non indicato nel quadro RU

Per la Cgt Liguria è preclusa l’emendabilità in giudiziodella dichiarazione; l’inserimento del credito è ritenuto un atto negoziale e non di scienza

di Paolo Mandarino

Continua la linea dura giurisprudenziale sulle conseguenze dell’omissione del credito d’imposta ricerca e sviluppo nel quadro RU della dichiarazione dei redditi da cui viene fatta discendere la decadenza dal bonus. Secondo la sentenza 874/3/2022 della Cgt di secondo grado della Liguria l’indicazione dell’agevolazione nel quadro RU della dichiarazione dei redditi è «atto negoziale e non di scienza» e l’articolo 5 del Dm 76/2008 è “chiarissimo” nel sanzionare con la decadenza la sua omissione rimanendo preclusa l’emendabilità dell’Unico in giudizio. La pronuncia in questione accoglie l’appello dell’Agenzia con un meccanico rinvio alle sentenze della Suprema corte 1427/2013, 10029/2018 e 11070/2018.

Sebbene la giurisprudenza di legittimità sia ultimamente rigida sul tema, una lettura congiunta della pronuncia del primo grado ligure (Ctp Genova 1343/2/2018) permette delle osservazioni. I giudici di primo grado avevano infatti accolto il ricorso della società ritenendo decaduto l’atto di recupero del credito di cui alla legge 296/2006 (pregiudiziale) atteso che il raddoppio dei termini per l’accertamento cui l’Agenzia si era avvalsa ex articolo 27 del Dl 185/2008 è valido per i crediti inesistenti e non per quelli esistenti utilizzati in violazione delle modalità di utilizzo previste dalla legge. La ricorrente infatti aveva provato l’esistenza di tutta la documentazione utile alla compensazione del credito senza che l’Ufficio in fase preliminare o in giudizio sollevasse contestazioni sulla sua effettiva esistenza limitandosi, dopo il controllo automatizzato, ad eccepire esclusivamente l’«inesistenza giuridica» del credito perché omesso nel quadro RU dell’Unico Sc 2012.

I giudici di secondo grado omettono di esprimersi sulla decadenza dell’accertamento, implicitamente tacciando di inesistenza un credito che nulla provava fosse frutto di artifici o comportamenti fraudolenti (relazione illustrativa al Dlgs 185/2008, articolo 27; Assonime, relazione sull’attività 2007-2008; Ctr Lombardia 707/13/2021). Dal che se il presupposto giuridico è provato da debita documentazione il credito è qualificabile come «non spettante», né il tratto distintivo può venir meno a causa di un’omissione in dichiarazione atteso che tale adempimento è successivo alla sua formazione (si veda la Ctp Rovigo 70/1/2022). Peraltro l’articolo 1, comma 283, della legge 296/2006 (a differenza, ad esempio, dell’articolo 4, comma 6, della legge 449/1997 per gli incentivi alle Pmi) non dispone alcuna decadenza dal beneficio stabilendo esclusivamente i criteri di individuazione, nel regolamento, delle attività agevolabili e le modalità accertative sull’effettivo sostenimento delle spese (Ctr Lombardia 2343/3/2021 e 4129/6/2018; Ctp Reggio Emilia n. 42/2/2019), risultando improprio un rinvio alle conclusioni della Corte costituzionale 129/1969 in tema di legittime integrazioni da parte dei decreti.

La ritrattabilità delle opzioni volontarie del resto è legittima una volta si dimostri che l’errore è essenziale e riconoscibile ai sensi dell’articolo 1428 del Codice civile (Cassazione 711/2019; Cassazione 7294/2012). In questo senso dalla lettura dei processi liguri ben emerge l’intenzione della società di avvalersi del credito d’imposta come dimostra, a seguito dell’invio del formulario Frs, il diniego ricevuto dall’Agenzia esclusivamente per esaurimento delle somme, successivamente rifinanziate dalla legge 191/2009 ed usufruite mediante l’utilizzo in compensazione (ultra Ctr Umbria 251/1/2022). Indipendentemente da una dichiarazione integrativa nei termini, l’articolo 2, comma 8-bis, ultimo periodo del Dpr 322/1998 può favorire un filone giurisprudenziale futuro che superi la dicotomia tra dichiarazioni di scienza emendabili e opzioni volontarie irretrattabili.

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