I temi di NT+Modulo 24

Bonus Sud, recupero per interdittiva antimafia con maxi sanzioni

L’Agenzia applica la penalità del 100% per l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti

di Alessandro Sacrestano

Il riconoscimento del bonus investimenti nel Mezzogiorno (articolo 1, commi da 98 a 108, legge 208/2015), in ipotesi di agevolazione richiesta per un importo complessivamente superiore a 150mila euro, è sottoposto al preventivo nulla osta antimafia, figurando l’incentivo tra i contributi, finanziamenti o mutui agevolati e altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali che, stando al disposto dell’articolo 67, comma 1 lettera g) del Dlgs n. 159/2011, necessitano dell’obbligatoria acquisizione della documentazione antimafia (si veda anche il precedente articolo).

Il carattere sanzionatorio del recupero

Dispone l’articolo 5, comma 1 del Dlgs n. 472/97 che «nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa». Si tratta, a ben vedere, di una riflessione del Legislatore sull’elemento soggettivo della condotta sanzionabile, la quale deve essere cosciente e volontaria, nonché colpevole, cioè posta in essere con dolo o colpa escludendosi qualsiasi forma di responsabilità oggettiva. Ne deriva che la sanzione amministrativa tributaria può essere irrogata, previa verifica della sussistenza di due requisiti fondamentali:

1. necessità che l’azione o l’omissione integrante l’illecito tributario risulti cosciente e volontaria e realizzata da un soggetto capace di intendere e di volere, in base ai principi di colpevolezza ed imputabilità ex articoli 4 e 5, comma 1 del decreto in questione;

2. constatazione in capo all’autore della violazione della colpa o del dolo, escludendo qualsiasi forma la responsabilità oggettiva.

Ebbene, l’elemento soggettivo della colpa sussiste quando lo stesso si realizzi a causa di negligenza, imprudenza o imperizia; diversamente, il dolo si sostanzia in una «violazione attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta ovvero di ostacolare l’attività amministrativa di accertamento».

Da quanto sopra, emerge chiaramente che la sanzione irrogata dagli uffici, calcolata col presupposto del credito inesistente, è comminata in palese assenza dell’elemento soggettivo e, quindi, in violazione dell’articolo 5, comma 1 del Dlgs n. 472/97.
A tal proposito, giova ricordare che l’articolo 1, commi da 98 a 108, della legge n. 208/2015 che disciplina il credito di imposta in discussione presuppone, oltre ovviamente all’acquisizione di beni strumentali nel Mezzogiorno, anche l’invio di una apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate per la fruizione del bonus. L’Agenzia, verificata la correttezza formale dei dati presenti nella comunicazione, sotto la propria responsabilità e, nell’ipotesi in cui l’ammontare complessivo del credito d’imposta sia superiore ad € 150.000, effettua le verifiche previste dal codice antimafia. Ovviamente, il credito d’imposta sarà oggetto di recupero sul presupposto che l’Ufficio ritenga avverata la condizione risolutiva prevista dal combinato disposto degli artt. 67, co. 1 lett. f) e 92, co. 3 del codice antimafia, allorché al beneficiario sia notificato un provvedimento interdittivo. Tuttavia, è estranea al sistema delle informative antimafia, non trattandosi di provvedimenti nemmeno latamente sanzionatori, qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio né - tanto meno— occorre l’accertamento di responsabilità penali, quali il concorso esterno o la commissione di reati aggravati ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 203 del 1991, poiché simile logica vanificherebbe la finalità anticipatoria dell’informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo e non già quella di punire, nemmeno in modo indiretto, una condotta penalmente rilevante. Per questo gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione. I fatti che l’autorità prefettizia deve valorizzare prescindono, infatti dall’atteggiamento antigiuridico della volontà mostrato dai singoli e finanche da condotte penalmente rilevanti, non necessarie per la sua emissione, ma sono rilevanti nel loro valore oggettivo, storico, sintomatico, perché rivelatori del condizionamento che la mafia può esercitare sull’impresa anche al di là e persino contro la volontà del singolo. Pare innegabile, quindi, che il provvedimento interdittivo, ponendosi espressamente nel solco di consolidata giurisprudenza amministrativa, non presuppone l’accertamento di alcun illecito in capo al destinatario, non avendo natura sanzionatoria, né implica l’imputazione di alcuna responsabilità o colpevolezza.
Ciò posto, atteso che gli atti di recupero scaturiscono “unicamente” quale effetto della sopravvenuta misura interdittiva, non essendo contestata la violazione di alcun obbligo previsto dalla normativa tributaria, si rileva l’assoluta illegittimità dell’irrogazione di sanzioni amministrative tributarie, laddove in concreto è assente (e neppure contestata) una condotta colpevole in capo alla società contribuente. Pertanto, risulta evidente, l’illegittimità della sanzione che è stata irrogata in assenza dell’elemento della colpevolezza, richiesto espressamente dall’articolo 5 del Dlgs citato.

Va anche aggiunto che, secondo il principio di proporzionalità di matrice unionale, le sanzioni in materia tributaria devono basarsi sulla gravità del comportamento e della violazione posta in essere e non devono eccedere quanto necessario al fine di garantire l’esatta riscossione dell’imposta, l’adempimento degli obblighi formali e di evitare preventivamente l’evasione dell’imposta. Ciò comporta una gradazione del sistema sanzionatorio che non si deve basare soltanto sul criterio quantitativo dell’imposta evasa, ma che si uniformi ai parametri fondamentali della capacità contributiva effettiva e del principio di eguaglianza operante ai fini della determinazione della giusta imposizione. Gli stati membri, in quest’ottica, possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate purché esercitino le loro competenze nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali ed in particolare di quello di neutralità e proporzionalità. La sanzione irrogata dagli uffici, pari al 100% del credito utilizzato in compensazione, è quindi palesemente sproporzionata ed eccessiva rispetto alla tipologia del recupero dei crediti d’imposta effettuato, dal momento che la decadenza dell’agevolazione non è dipesa dalla sua condotta, dolosa o colposa, ma da un evento sopravvenuto, ossia l’emissione di un provvedimento interdittivo antimafia, avente una natura peculiare e spiccatamente cautelare, espressamente “slegata” da profili di colpevolezza o responsabilità del destinatario.

L’applicabilità di sanzioni ridotte

Al massimo secondo quanto previsto dagli articoli 7 comma 4 e 12 comma 5 del Dlgs 472/97 che attua, seppure con una portata più circoscritta, il principio di proporzionalità di matrice unionale in precedenza esposto e su cui si fonda la richiesta di annullamento integrale della sanzione.La norma prevede che qualora concorrano circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo. Inoltre, in ipotesi riguardanti più annualità, l’Agenzia commina per ciascun atto la sanzione nella misura del 100% senza applicare l’istituto del cumulo giuridico, previsto dall’articolo 12, comma 5 del Dlgs 472/97. Tale norma prevede che «quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo. Se l’ufficio non contesta tutte le violazioni o non irroga la sanzione contemporaneamente rispetto a tutte, quando in seguito vi provvede determina la sanzione complessiva tenendo conto delle violazioni oggetto del precedente provvedimento».

Infine, come detto l’Agenzia applica la sanzione, nella misura del 100% del credito recuperato, prevista dall articolo 13, comma 5, del Dlgs n. 471/1997 per l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti. La sanzione per l’indebita compensazione di crediti inesistenti, che va invece circoscritta alle sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente. Diversamente, nei casi di cui si discorre, non può essere irrogata la sanzione per l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, ma al più, può essere applicata quella prevista per il credito non spettante, del 30% in base all’articolo 13, comma 4, del Dlgs n. 471/1997.


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