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Fattura elettronica Ue, dai termini ai dati: spazio alle possibili correzioni di rotta

Dalla consultazione su «Vat in the digital age» la richiesta di non aggravare i costi di compliance per le imprese e i professionisti europei

di Raffaele Rizzardi

La Commissione europea ha presentato l’8 dicembre 2022 una proposta di nuova direttiva per lo sviluppo della digitalizzazione negli adempimenti connessi all’Iva, con il duplice obiettivo di ridurre l’evasione e di semplificare gli adempimenti per i soggetti d'imposta.

La Commissione ha avviato una consultazione pubblica, anche se non si tratta di un obbligo previsto dalla procedura legislativa speciale che all'articolo 113 del Trattato per il Funzionamento dell'Unione europea prescrive soltanto il parere sia del Parlamento che del Comitato Economico e Sociale.

La consultazione, aperta con la presentazione della proposta, si è chiusa a mezzanotte del 3 aprile 2023, e ha visto 34 risposte. Gli Stati che hanno risposto maggiormente sono stati la Germania e il Belgio. Per il primo Paese non solo hanno risposto associazioni imprenditoriali, ma si sono avute le risposte dei consulenti fiscali (Steuerberater), sia da parte dell’ordine professionale che della loro associazione sindacale. Tre risposte sono catalogate come "anonime": l’estensore ha indicato le sue generalità, ma ha chiesto di non pubblicarle (clicca qui per consultare tutte le risposte).

Non risultano contributi italiani, in quanto la consultazione parallela nel sito del ministero dell’Economia termina il 18 aprile. In questo ambito segnaliamo le risposte della Commissione Iva e imposte indirette del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Cndcec), di cui riferiremo nell’ambito dei singoli argomenti.

Una prima osservazione riguarda il formato delle risposte, lasciato alla libera determinazione dei contributori. Come avviene per altre comunicazioni alla Commissione europea – per esempio per attivare una procedura di infrazione – sarebbe opportuno standardizzare uno schema di risposta, per poter elaborare i temi sollevati, in riferimento alle singole proposte normative.

Il documento più rilevante è la risposta (126 pagine) di Christian Amand, professionista belga "storico", appartenente al Comitato tecnico della Confédération fiscale européenne. È un vero e proprio trattato sull’Iva, che ripercorre le tappe e i progetti nella storia di questo tributo: le specifiche osservazioni al documento in consultazione sono contenute in una trentina di pagine. Data la loro ampiezza, sintetizziamo quelle che riteniamo più significative, tenendo conto anche delle osservazioni dei professionisti tedeschi e della Commissione del Cndcec.

Il termine di fatturazione

Le osservazioni più rilevanti riguardano la riduzione del termine di fatturazione a soli due giorni dall’esigibilità dell’imposta, con la conseguente soppressione delle fatture riepilogative mensili. Queste ultime sono diventate consuetudinarie e sono di particolare importanza nel caso in cui i prezzi possono essere definiti solo alla fine del periodo di fatturazione.

Il documento Amand segnala il caso delle schede per il rifornimento di energia elettrica (che è un bene e non un servizio), ma anche le fatture per il rifornimento di carburante che sono abitualmente mensili. Le fatture sono già numerose, e in questa ipotesi verrebbero moltiplicate in modo significativo.

La proposta Cndcec prevede di limitare alle cessioni intraUe l’obbligo della fattura per singola spedizione, senza eliminare l’attuale articolo 222 della direttiva, che non sarebbe applicabile soltanto nelle operazioni transnazionali.

Amand pone in evidenza le criticità di questo tipo di fatturazione per le operazioni triangolari, anche come conseguenza del regime Oss per gli invii all’estero di merce in deposito o non ancora venduta. Uno degli obiettivi della norma è quello di utilizzare la sola partita Iva della sede del soggetto d’imposta, e pertanto occorre coordinare questo obiettivo con il nuovo articolo 194 della direttiva, che prevede il reverse charge obbligatorio se il cessionario o committente è anche solo identificato in un altro Paese, senza essere stabilito. Attualmente la normativa dei singoli Stati è meramente opzionale, da noi l’articolo 17, comma 2, della legge Iva.

Gli elementi di pagamento

Varie perplessità sono state manifestate per il futuro obbligo di indicare gli elementi del pagamento, tra cui l’Iban del fornitore. L’attuale tracciato italiano (Xml) prevede già questi campi, compresa la scadenza di pagamento, di regola del tutto indicativa. In alcuni casi, come per la committenza pubblica, questo dato è richiesto per la procedura di liquidazione della fattura.

E a proposito di committenza pubblica, ricordiamo che a oggi solo questi soggetti possono respingere le fatture errate, nel caso in cui il fornitore non provveda tempestivamente alla loro correzione. Il problema diventa rilevante proprio con la fatturazione elettronica: questo sistema è qualificato come distributed ledger, in quanto l’emittente della fattura registra l’operazione nel suo sito del sistema di interscambio, ma entra contemporaneamente in quello del cliente. E sarebbe il caso di prevedere una disciplina uniforme per queste evenienze.

L’obbligatorietà dei dati di pagamento potrebbe essere motivata dalla necessità – evidentemente sporadica e per i casi sospetti - di seguire i flussi di pagamento. Notoriamente nei casi di fatture per operazioni inesistenti il pagamento è limitato alla sola imposta, essendo oggi pressoché impossibile, per importi rilevanti, procedere alla retrocessione "in nero" dell’imponibile.

Il costo degli adempimenti

Vengono espresse preoccupazioni per il costo dei nuovi adempimenti, specie per le piccole e medie imprese. Aleksandra Bal, responsabile della tecnologia per le imposte indirette in una importante software house olandese, si spinge a valutare i maggiori costi indotti dalle nuove procedure in 11,3 miliardi di euro.

A proposito di fatture, Christian Amand ricorda la recente (29 settembre 2022) quanto incredibile sentenza della Corte di giustizia nella causa C-235/21 – Raiffeisen Leasing: se un contratto indica gli elementi essenziali di una fattura, può assumerne la natura e consentire la detrazione al committente. Se fosse vero, ma non lo è, la firma di un contratto renderebbe esigibile il tributo.

Le sanzioni

Un’altra "perla" della direttiva proposta riguarda i termini per il caricamento delle fatture nel nuovo Vies centrale (di fatto un sistema di interscambio): due giorni da quando la fattura è stata emessa, o avrebbe dovuto esserlo. In questo caso come si fa a caricare nel sistema una fattura non emessa?

Forse questa disposizione può avere un significato in termini sanzionatori: non hai emesso la fattura e non l’hai trasmessa. Ma la sanzione "giusta" è una sola, relativa alla fattura, o si devono irrogare due sanzioni?

Il tema delle sanzioni, che devono essere adeguate e proporzionate, è stato sollevato dal consiglio nazionale tedesco dei consulenti tributari, che ricorda l’opportunità di una disciplina uniforme europea. Il tema della proporzionalità si trova in numerose sentenze europee, proprio in tema di sanzioni. La sentenza del 15 aprile 2021 nella causa C-935/19 - Grupa Warzywna Sp. z o.o. – ritiene eccessiva una sanzione del 20% (avete letto bene: venti per cento) per la sopravvalutazione della richiesta di rimborso conseguente al fatto di aver portato in detrazione l’Iva su una fattura ritenuta imponibile, anziché esente, anche nel caso in cui il fatto sia dovuto a un errore di valutazione, in assenza di frode.

Il volume d’affari

Per quanto riguarda il regime speciale degli invii di merce nel deposito di altro Stato Ue, dovrà essere chiarito se continuerà a generare, come adesso, un volume d’affari che duplica con quello riferibile alla successiva vendita, oppure se la formalità di caricamento nell’Oss sarà o meno sufficiente.

Questo problema evoca, a contrario, la posizione dell’agenzia delle Entrate in merito alla costituzione di plafond per le vendite a distanza, cioè quelle B2C ai consumatori domiciliati in altro Stato Ue. L’utilizzo del canale Oss per assolvere il tributo dello Stato di destinazione è l’unico adempimento obbligatorio, da cui si possono rilevare tutti gli elementi della vendita, con il conseguente esonero dalla fatturazione. Ma l’agenzia delle Entrate ritiene (risposta a interpello 493 del 5 ottobre 2022) che la formazione del plafond consegue solo all’emissione di una fattura, non richiesta dalla norma e che duplica le formalità.

Il messaggio comune che possiamo ricavare dalle risposte alla consultazione è quello di non aggravare i costi di compliance per le imprese e i professionisti europei.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.

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