Professione

Commercialisti, standard internazionali per la sostenibilità

Al convegno di Bologna organizzato dal Cndcec è emersa la necessità di regole omogenee con l’obiettivo di garantire una maggiore trasparenza sulla loro applicazione

di Federica Micardi

Sul tema della sostenibilità è necessario elaborare standard setter condivisi a livello europeo e riconosciuti a livello internazionale per consentire una valutazione uniforme e omogenea tra i diversi approcci al sustainability reporting, con l’obiettivo di garantire una maggiore trasparenza sulla loro applicazione.

È questo il messaggio emerso del confronto che si è svolto sabato 15 ottobre, nel corso del convegno di Bologna organizzato dal Consiglio nazionale dei commercialisti e dedicato al «Valore della sostenibilità».

Sul tema si sono confrontati il presidente dei commercialisti, Elbano de Nuccio, il presidente Ifac, Alan Johnson, e il presidente designato Accountancy Europe Ace, Mark Vaessen.

L’importanza dei fattori Esg (environment, social, governance) è già chiara alle grandi aziende, e le normative europee richiederanno presto anche alle Pmi di orientare la propria attività e la propria gestione nel rispetto della sostenibilità, destinata a diventare elemento discriminante anche nell’erogazione di finanziamenti agevolati, nella valutazione del rischio e nell’ottenimento di incentivi.

I commercialisti riconoscono l’importanza della sostenibilità, e sentono la necessità di ampliare le proprie competenze in materia, mentre le piccole e medie imprese fanno fatica a coglierne l’importanza. Secondo un’indagine Nomisma – presentata nel corso del convegno e svolta intervistando 1.162 commercialisti - i principali ostacoli all’adozione di pratiche sostenibili non sono legati ai costi, ma sono legati a fattori organizzati nel 53% dei casi, alla resistenza culturale data dalla difficoltà di comprendere la centralità dell’argomento (45%) e alla mancanza di competenze interne (25%). In questo ambito i costi d’investimento sono solo al quarto posto (21%).

Il convegno si è concluso con un confronto sui profili finanziari aziendali e sistemici della sostenibilità e sul ruolo che il professionista può ricoprire nei processi aziendali e societari.

Tra i commercialisti gli under 40 sono tra i più attenti e predisposti a offrire consulenza strategica (inclusa la sostenibilità): da molti, però, il tema della sostenibilità è ancora percepito come qualcosa di aleatorio. Ma non è più così, il cambio di rotta è già avvenuto: serve ora che imprese e professionisti ne prendano atto.

Secondo Gianluca Galletti, consigliere delegato alla sostenibilità del Cndcec, il convegno di Bologna è servito per far capire ai commercialisti che la sostenibilità è una grande opportunità della professione, che «ci permette di entrare in un’ottica sociale, e di tornare al nostro ruolo storico che è quello di affiancare l’imprenditore nella strategia da seguire».

La sostenibilità, secondo il Consiglio nazionale della categoria, è un’occasione per rilanciare il ruolo del commercialista consulente. «C’è bisogno di studiare per essere pronti a questa sfida - sostiene Galletti -. La normativa è in corso di definizione ma è ancora confusa, è questo il momento per entrare in campo e orientare le scelte dei legislatori nazionali e internazionali».

I tempi sono maturi, il report di sostenibilità sarà obbligatorio a breve per le medie imprese e, di conseguenza, per le piccole che fanno parte della loro catena di fornitura. Un universo di oltre due milioni di Pmi.

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