Controlli e liti

Nuovo onere della prova sui processi tributari in corso

Le sentenze post riforma impongono maggiore «consistenza» alle prove. Uffici impegnati dalla fase istruttoria e di controllo sulla fondatezza della pretesa

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

La previsione relativa all’onere probatorio nel processo tributario si applica anche ai procedimenti in corso, ma soprattutto comporta una nuova regola di giudizio che deve condurre all’annullamento dell’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria, o se è comunque insufficiente a dimostrare la pretesa, in modo circostanziato e puntuale, come espressamente previsto dal nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 del Dlgs 546/1992 introdotto dalla legge 130/2022.

È quanto emerge dalle primissime sentenze di merito che hanno affrontato la particolare problematica (Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia Romagna e Corte di giustizia tributaria di Reggio Emilia).

Il nuovo comma 5-bis del citato articolo prevede espressamente che l’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.

Secondo alcuni primi commentatori, in estrema sintesi, tale nuova disposizione ribadisce un’enunciazione di principio già presente in via generale nel nostro ordinamento giustificata dalla necessità, in sede di riforma del processo tributario, di evidenziare la nuova centralità della istruttoria dibattimentale, anche in relazione alla nuova possibilità di ammissione della prova testimoniale scritta finora vietata nel rito tributario.

In tale contesto quindi, la previsione sarebbe di fatto priva di effetti concreti e sostanziali.

Secondo una differente, e sinceramente più condivisibile, interpretazione la nuova disposizione ha al contrario importanti effetti sostanziali in quanto introduce non solo una nuova regola di giudizio che il giudice è chiamato a rispettare, ma anche una nuova «consistenza» della prova, la quale per volontà del legislatore deve essere idonea a dimostrare in modo circostanziato e puntuale, la pretesa.

In altre parole, volendo usare un termine sportivo si sarebbe in presenza dell’“innalzamento dell’asticella” dell’onere incombente sugli uffici in assenza del quale l’atto andrebbe annullato, salvi evidentemente tutti i casi i cui è la legge a ritenere sufficiente un minor onere probatorio in capo all’ente impositore.

È evidente che se dovesse, auspicabilmente, trovare conferma questa seconda interpretazione si assisterebbe a un importante stravolgimento che dovrebbe impegnare l’amministrazione sulla fondatezza della pretesa sin dalla fase istruttoria e di controllo. E infatti per quanto sia indubbio che la nuova disposizione ha carattere processuale (valutazione del materiale probatorio in giudizio) è altrettanto evidente che l’ente impositore raccoglie le prove, idonee a fondare la sua pretesa in giudizio, nella fase istruttoria, da qui la necessità di controlli e riscontri certamente più approfonditi.

Le prime pronunce di merito (note) che hanno affrontato la questione hanno in sostanza aderito alla seconda interpretazione (si veda l’articolo in basso) e, non a caso, riguardavano il tema delle fatture per operazioni inesistenti e della non inerenza di costi, per i quali gli uffici motivano in genere le rettifiche sulla base delle non convincenti argomentazioni addotte dai contribuenti, nonostante non esista alcuna previsione normativa che accordi un simile regime probatorio di favore verso l’amministrazione.

La Cassazione, finora, è intervenuta affrontando la questione marginalmente (ordinanze 31878/2022, 31880/2022 e 37985/2022). In tali pronunce, i giudici di legittimità si sono limitati a rilevare che nel contesto delle vicende esaminate la nuova norma non avesse concreta rilevanza: in un caso la prova era stata ritenuta fondata, nell’altro si trattava di accertamenti sorretti da presunzioni legali (redditometro). Occorrerà pertanto attendere una pronuncia della Suprema Corte che effettivamente approfondisca la portata della nuova norma.

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