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Sport dilettanti, trasformazioni regressive e progressive per gli enti senza scopo di lucro

La modifica della struttura dell’assetto organizzativo e il permanere dello scopo non lucrativo non determinano una modificazione causale. Non scattano i vincoli dell’articolo 2500-octies del Codice civile

di Michele Iori e Massimo Crosara

La trasformazione da associazione sportiva dilettantistica (Asd) a società di capitali sportiva dilettantistica (Ssd) da una prima lettura dell’articolo 2500-octies rubricato «Trasformazione eterogenea in società di capitali» del Codice civile, sembrerebbe appartenere al genus delle trasformazione e alla species delle trasformazioni eterogenee.

In realtà la maggior parte della dottrina e il contributo della prassi notarile classificano la trasformazione oggetto del presente contributo come una trasformazione “causalmente omogenea”.

In effetti, per il notariato, la mera modificazione della struttura dell’assetto organizzativo e il permanere dello scopo non lucrativo derivato dal divieto della distribuzione di utili, non determinano una modificazione causale e conseguentemente non conducono a una trasformazione soggetta alle limitazioni dell’articolo 2500-octies del Codice civile.

Trasformazione omogenea ed eterogenea

L’articolo 2500-octies del Codice civile, il quale afferma che «I consorzi, le società consortili, le comunioni d’azienda, le associazioni riconosciute e le fondazioni possono trasformarsi in una delle società disciplinate nei capi V, VI e VII del presente titolo» porterebbe a pensare che il mero mutamento della forma giuridica da o verso una spa, una sapa o una srl realizzerebbe il presupposto di una trasformazione eterogenea.

Gli interventi della prassi notarile successivi alla scrittura dell’articolo in parola hanno evidenziato, all’opposto, un’interpretazione estensiva che sembra divergere dalla lettera della norma.

In effetti il Consiglio nazionale del notariato negli studi 5271-2004/I e 32/2010/I, e la Fondazione nazionale commercialisti nel documento di ricerca del 15 gennaio 2017, espongono il principio secondo il quale la trasformazione eterogenea consiste in un passaggio da una società lucrativa in un ente causalmente diverso, ovverosia in una società non lucrativa o in un ente non commerciale, e viceversa.

I documenti citati illustrano che la specifica fattispecie della trasformazione di una asd in ssd nel caso in cui vi sia coincidenza di oggetto sociale e identità causale, ovverosia l’assenza dello scopo di lucro, potrebbe essere assimilata ad una trasformazione «causalmente omogenea» e conseguentemente da non considerare come una trasformazione eterogenea.

L’interpretazione esposta trova legittimazione nella distinzione tra concetto di lucro soggettivo ed oggettivo.

La società di capitali (ssd) risultante dalla trasformazione mantiene la propria natura di ente lucrativo sul piano oggettivo, mediante l’esercizio di un’attività economica tendente al raggiungimento di un risultato positivo di gestione nel rispetto della propria natura giuridica così come previsto dal Codice civile.

Per converso, la stessa società sportiva dilettantistica, all’interno delle clausole statutarie prevede espressamente il divieto di ripartizione degli utili e pertanto l’assenza del lucro soggettivo, grazie all’impossibilità della ripartizione dei guadagni conseguiti tra i partecipanti all’attività.

Applicabilità delle disposizioni del Codice civile

La qualificazione della trasformazione da associazione sportiva dilettantistica in società sportiva dilettantistica come “omogenea” ha riflessi immediati sulla possibilità stessa di porre in essere l’operazione nell’ipotesi in cui la trasformanda associazione abbia ricevuto nel corso della propria esistenza contributi da parte dell’ente pubblico, erogazioni liberali o contributi di terzi.

In particolare, l’articolo 2500-octies del Codice civile prevede, infatti che: «La trasformazione di associazioni in società di capitali [...] non è comunque ammessa per le associazioni che abbiano ricevuto contributi pubblici oppure liberalità e oblazioni del pubblico».

L’articolo sopra illustrato è, infatti, con ogni evidenza diretto a impedire la distrazione di fondi pubblici che deriverebbe dall’assunzione della causa lucrativa caratteristica della società da parte dell’ente che risulta dalla trasformazione. Ma tale distrazione come affermato dal Consiglio nazionale del notariato, quesito di Impresa numero 160-2013/I, «non può evidentemente verificarsi laddove la trasformazione operi nell’ambito di tipi organizzativi tutti caratterizzati dall’assenza dello scopo di lucro soggettivo».

La dottrina pertanto ha correttamente enucleato un’area di inapplicabilità dell’articolo 2500-octies, comma 3 del Codice civile, laddove la trasformazione non comporti distrazione dalle originarie finalità dei fondi e valori predetti.

Ed è ciò che avviene, come affermato dallo studio numero 5271 del 17 settembre 2004 e numero 32 del 15 Aprile 2010 «nell’ipotesi di trasformazione di associazioni sportive dilettantistiche in società (di capitali) sportive dilettantistiche, laddove permane l’assoluta assenza di ogni scopo di lucro; ma che dovrebbe parimenti valere anche per le trasformazioni di enti del libro I che abbiano come esito lo schema della società capitalistica che rispetti il requisito dell’assenza dello scopo lucrativo ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera b) del Dlgs 24 marzo 2006, numero 155 (disciplina dell’impresa sociale)».

Un ulteriore elemento che dalla riforma del diritto societario avviata dal Dlgs 6 del 17 gennaio 2003 ad oggi ha dato origine a profonde perplessità, riguarda la possibilità per le associazioni non riconosciute di trasformarsi in società di capitali.

Il dubbio trova suo fondamento allorché si tratti di valutare il perché il legislatore abbia contemplato nell’articolo 2500-septies la possibilità per le società di capitali di trasformarsi in associazioni non riconosciute e fondazioni e non il viceversa, riservando dell’articolo 2500-octies la possibilità di trasformarsi in società di capitali esclusivamente alle “associazioni riconosciute e [....] fondazioni.

La dottrina successiva del notariato, come riportato dallo studio numero 32-2010/I, e da numerose risposte a quesiti, come ad esempio i numeri 41-2006/I, 158-2006/I, 111-2007/I, e 133-2007/I, 160-2013/I, 771-2013/I con una linea pertanto consolidata, si è orientata a soluzioni più aperte, affermando che «la disciplina della trasformazione eterogenea (articolo 2500-octies del Codice civile) non è esaustiva per quanto attiene alla ricostruzione del campo di applicazione dell’istituto e ciò in quanto il legislatore si è limitato a disciplinare le fattispecie a suo giudizio più significative lasciando all’interprete il compito di regolamentare le altre ipotesi» e prevedendo la possibilità per le associazioni non riconosciute di trasformarsi in società di capitali.

Anche i provvedimenti dei giudici hanno applicato l’interpretazione del notariato, si veda ad esempio da ultima, la sentenza del Tribunale di Bologna del 18 aprile 2017, la quale afferma che «pur in assenza di un’espressa previsione (articolo 2500- octies, primo comma, c.c.), è possibile una trasformazione eterogenea da associazione non riconosciuta in società di capitali. La mancata menzione non può infatti essere sopravvalutata».

Parte della dottrina ha ipotizzato che la ratio della mancata menzione delle associazioni non riconosciute, all’interno dell’articolo 2500-octies del Codice civile, risiedesse nel fatto che si voleva evitare che con l’operazione di trasformazione si acquisisse automaticamente la personalità giuridica.

La tesi è stata smentita grazie a un intervento normativo conseguente all’emanazione del Codice del Terzo Settore, ovverosia il Dlgs 117 del 3 luglio 2017, in cui si dispone la possibilità per le associazioni non riconosciute di trasfomarsi in fondazione, ovverosia in un ente dotato di personalità giuridica.

In effetti l’articolo 42-bis del Codice civile, inserito dall’articolo 98, comma 1, Dlgs 3 luglio 2017, numero 117 a decorrere dal 3 agosto 2017, ha previsto che «Se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni.».

Appare infine pacifica la natura della progressività della trasformazione che nella fattispecie oggetto del presente lavoro risulta confermata nel mutamento da ente non commerciale a società di capitali.

Conclusioni

Le operazioni straordinarie sono da sempre contraddistinte da una relativa scarsità in termini di regolamentazione legislativa. In effetti il Codice civile disciplina le operazioni di trasformazione grazie all’esiguo numero di quattordici articoli: dal numero 2498 al 2500-nonies.

Al riguardo, già il Consiglio nazionale del notariato aveva esposto lo stesso pensiero all’interno della massima numero 20 del 18 marzo 2004 «Questioni in tema di trasformazioni eterogenee», affermando che: «il legislatore, sia nella trasformazione omogenea che in quella eterogenea, si è limitato a disciplinare le fattispecie a suo parere più significative lasciando all’interprete il compito di regolamentare le altre ipotesi».

Ad oggi, dall’epoca della riforma del diritto societario, si è assistito ad uno sforzo congiunto da parte degli organi legislativi, giudiziari e del Consiglio nazionale del notariato al fine di fornire un indirizzo univoco e omogeneo favorevole alla possibilità di operare trasformazioni regressive e progressive da parte degli enti senza scopo di lucro.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Operazioni Straordinarie del Gruppo 24 Ore.
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