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Imu sulla prima casa, la rotta della Consulta per controlli più tempestivi

di Enrico De Mita

La Corte costituzionale, con la sentenza 209 depositata il 13 ottobre (relatore Luca Antonini), ha dichiarato fondate le questioni che aveva sollevato davanti a sé (ordinanza 50/2022). Da ciò la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’articolo 13, comma 2, periodo 4°, del decreto legge n. 201/2011 là dove parlando di «nucleo familiare» finisce per penalizzarlo, in contrasto con gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione (si veda l’articolo di Nt+ Fisco).

L’illegittimità è stata estesa, in via consequenziale, anche all’articolo 13, comma secondo, quinto periodo, del Dl 201/2011, che, per i componenti del nucleo familiare, limitava l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune, nonché al comma 741, lettera b), della legge 160/2019, modificato dall’articolo 5-decies del Dl 146/2021. Tale ultima norma prevede che i coniugi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse. La novella normativa ultima intendeva arginare l’iniquità degli esiti, in fatto, di un orientamento di Cassazione che negava l’esenzione sull’abitazione principale qualora un componente del nucleo familiare risiedesse anagraficamente in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile.

Come rammenta la Corte, nell’attuale evoluzione dei costumi e del mercato del lavoro, «persone unite in matrimonio o unione civile si trovano a vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale ». Ne deriva che, come per i conviventi di fatto, per vedersi accordato, per ciascun rispettivo immobile, il beneficio Imu «prima casa» è sufficiente, per ciascun coniuge o persona legata da unione civile, la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile.

Siamo in presenza di un adeguamento della norma ad una realtà sostanziale che ha peculiarità tali da non poterne prescindere se non violando il principio di uguaglianza sostanziale, di capacità contributiva e di tutela della formazione della famiglia e delle unioni civili.

La pronuncia da ultimo depositata sembra ricordarci, anzitutto, che il senso del diritto, nella sua maggiore perfezione, è senso della certezza del diritto, come la controllabilità, proiezione epistemologica del principio di uguaglianza formale. D’altra parte è l’attuazione della certezza del diritto a realizzare l’uguaglianza sostanziale.

In questa cornice si legge, con la sentenza in commento, un attento, complessivo ripensamento del regime Imu «prima casa».

La declaratoria di incostituzionalità è tanto rilevante quanto la precisazione a chiarimento della stessa Consulta: le dichiarazioni di illegittimità costituzionale pronunciate «non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire. Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l’esenzione spetta una sola volta». E questa regola – è il caso di aggiungere – varrà anche per le coppie di fatto. Anche per loro non può essere ammesso un beneficio che si fondi sulla fittizietà.

Nuova centralità è attribuita all’accertamento dei Comuni, presidio di attuazione della giusta imposta.

A ben vedere, la grande semplificazione del diritto vivente, rectius del diritto «apparente» – ci si sforzi sempre di leggere fatto e diritto di ogni sentenza e non solo le edulcorate sintesi online – nasceva, come errore cognitivo ed ermeneutico, in reazione a palesi atteggiamenti elusivi dei titolari delle seconde case lacustri, montane, marine.

La Suprema Corte aveva ritenuto che per fruire del beneficio in riferimento a una determinata unità immobiliare fosse necessario che tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorassero stabilmente, ma vi risiedessero anche anagraficamente (Cassazione, ordinanze 4166/2020 e 4170/2020). Da ciò l’intervento dell’articolo 5-decies, comma 1, del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, con l’intento, precisato nella relazione illustrativa all’emendamento governativo, di superare tali ultimi orientamenti di Cassazione.

La Corte costituzionale evidenzia nitidamente come nella struttura della misura fiscale si sia registrato il passaggio normativo dalla considerazione di una situazione meramente oggettiva (la residenza e la dimora abituale del possessore dell’immobile, prescindendo dalla circostanza che si trattasse di soggetti singoli, coabitanti, coniugati o uniti civilmente) al rilievo dato a un elemento soggettivo, ossia la relazione del possessore dell’immobile con il proprio nucleo familiare, in assenza di alcuna definizione di «nucleo familiare» nella disciplina Imu.

Ne è conseguita una radicale penalizzazione dei possessori di immobili che avessero costituito un nucleo familiare, i quali, se residenti in comuni diversi, si sono visti esclusi dal regime agevolativo entrambi gli immobili che invece sarebbero stati candidati a fruirne con la originaria formulazione prevista nel Dlgs n. 23 del 2011.

Nelle regole dell’uguaglianza e della generalità, attualizzate dalla Corte, correggendo la disciplina Imu prima casa e indirizzando l’attuazione di tale correzione, si coglie in modo spiccato il rapporto tra finanza e giustizia sociale.

Nuovamente è di sostegno la lettura di Vanoni dei rapporti tra fatto e tecnica finanziaria e politica.

All’origine vi è un concetto morale di partecipazione al bene comune, che ogni uomo assume come norma del proprio agire, accanto alla giustizia commutativa e a quella distributiva.

La fiscalità giusta, sottesa alla pronuncia della Corte costituzionale, è espressione tecnica del principio di uguaglianza e generalità, richiamato nel libro di Camaldoli, come uno dei due punti essenziali (cap. VI, art. 93, pag. 113): «Nella determinazione del tributo, anche se diretto a fini extrafiscali, sia sempre salvo il principio dell’uguaglianza e della generalità, sia in senso assoluto, in quanto individui che si trovano in uguali condizioni, siano ugualmente soggetti all’imposizione, sia in senso relativo, in quanto l’imposizione di individui che si trovano in diverse condizioni sia graduata in ragione di tale diversità».

Di fronte ai principi di uguaglianza e generalità, le velleità di non pagare l’Imu sulle seconde case evaporano nella fittizietà antisociale, prima ancora che antigiuridica, di fronte alla quale i Comuni siano pronti ad agire, con tempestività, quindi annualmente e non solo in prossimità del quinquennio decadenziale.

Ha collaborato Francesco Cesare Palermo