Controlli e liti

Società a base ristretta, la presunzione opera solo se i costi sono fittizi

Per la Cgt Friuli Venezia Giulia contestando la deducibilità si va invece ad allargare la base imponibile

di Davide Settembre

La presunzione di distribuzione di utili extra contabili ai soci di società a ristretta base sociale non opera qualora vengano contestati costi indeducibili, ma solo nel caso in cui la rettifica del reddito riguardi costi fittizi. Infatti, nel primo caso la contestazione si traduce in un allargamento della base imponibile e non in un maggiore profitto per i soci mentre i costi fittizi sono strumentalmente diretti ad occultare un profitto che viene distribuito ai soci. È questo, nel succo, quanto hanno stabilito i giudici della Cgt di secondo grado del Friuli Venezia Giulia con la sentenza n. 2/1/2023.

Il caso traeva origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento in materia di imposte dirette che si fondava su un precedente avviso notificato alla società di cui il ricorrente era socio. In particolare, l’ufficio aveva considerato indeducibili alcuni costi indicati nel conto economico della società e, per tali ragioni, aveva ritenuto operante la presunzione di distribuzione di utili extra-bilancio, cioè erogati “in nero” tra i soci, considerata la ristretta base societaria.

Secondo il ricorrente, invece, tale presunzione di distribuzione di utili non poteva operare nella fattispecie esaminata.

La Ctp respingeva il ricorso con sentenza che veniva impugnata in secondo grado.

I giudici di secondo grado hanno accolto il ricorso del contribuente. In primis, la Corte ha evidenziato come gli atti dell’ufficio si fondassero sul principio della distribuzione di maggiori utili ai soci, a seguito della contestazione di costi indeducibili in capo alla società sottoposta ad accertamento. In sostanza, sia l’ufficio sia la Ctp avrebbero erroneamente fondato la propria decisione sulla scorta di una copiosa giurisprudenza che fa discendere l’attribuzione di profitti “in nero” ai soci nel caso di accertamento di costi fittizi (e non, come nel caso invece esaminato, di costi indeducibili).

Infatti, per i giudici non va confusa «la natura giuridica di due fenomeni ontologicamente diversi: quello dei costi non deducibili che riguarda il caso in discussione, con quello dei costi fittizi del tutto sovrapponibile a quello dei ricavi “in nero”». In particolare, la categoria dei costi indeducibili – si legge nella sentenza - si traduce in un allargamento della base imponibile ma non certamente, in una maggiore disponibilità di utili. Invece, i costi fittizi (tipicamente riconducibili all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti) sono strumentalmente diretti a occultare un profitto il cui relativo flusso finanziario è stato distribuito tra i soci. Tali costi, in definitiva, giustificano un’attribuzione di reddito diretta ai soci, nelle ipotesi di ristretta base azionaria, la cui condizione legittima la presunzione che tutti i soci fossero al corrente dell’illecito contabile e tributario.

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