Imposte

Dividendi e capital gain rilevano fiscalmente in capo al fiduciante

In base all’approccio sostanziale è responsabile il proprietà effettivo

di Nino Clerici e Andrea Vasapolli

Le società fiduciarie sono regolate dalla legge 1966/1939 e la loro funzione è di assumere l'amministrazione di beni per conto di terzi attraverso l'intestazione fiduciaria degli stessi. L'amministrazione di tali beni avviene secondo le disposizioni convenute tra fiduciante e società fiduciaria. Con l'intestazione fiduciaria, secondo il modello cosiddetto germanistico, la società fiduciaria diventa la proprietaria apparente, meramente formale, del bene, mentre la titolarità sostanziale dello stesso resta in capo al fiduciante (Cassazione 10031/97). È il fiduciante che continua ad essere l'effettivo proprietario del bene, nonostante che esso sia stato strumentalmente intestato alla società fiduciaria (Cassazione, Sezioni unite, 4943/99) la quale diventa il soggetto legittimato all'esercizio dei diritti che spettano al proprietario. Da tale distinzione tra proprietà formale e proprietà sostanziale conseguono effetti fiscali che sono stati affrontati dalla Commissione norme di comportamento dell'Aidc con la norma di comportamento n. 216, con particolare riferimento all'intestazione fiduciaria di partecipazioni sociali. La norma di comportamento in commento chiarisce che tali effetti, coerentemente con il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, fanno risalire al proprietario effettivo la regolamentazione fiscale delle vicende che interessano le partecipazioni fiduciariamente intestate. Così accade per i dividendi, il cui regime impositivo è quindi quello del fiduciante e non della società fiduciaria. Così se il fiduciante è una persona fisica non imprenditore trovano applicazione le disposizioni che disciplinano i redditi di capitale e la società distributrice residente in Italia deve applicare, sussistendone le condizioni, la ritenuta alla fonte in base alle regole del Dpr 600/73 a seconda delle caratteristiche del fiduciante, che gli devono essere comunicate dalla società fiduciaria.

Analogamente, in caso di fattispecie realizzative (cessione, permuta, conferimento), nel caso di fiduciante persona fisica non imprenditore trovano applicazione le disposizioni che regolano i redditi diversi e per determinare l'eventuale plusvalenza o minusvalenza occorre fare riferimento al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo al fiduciante. In merito si osserva che eventuali apporti di capitale di rischio alla società partecipata effettuati dalla società fiduciaria (con risorse finanziarie ovviamente messe a disposizione del fiduciante) incrementano il costo della partecipazione del fiduciante, così come al contrario eventuali distribuzioni di riserve di capitale riducono in capo a quest'ultimo il costo fiscale della partecipazione, anche se tali riserve sono state erogate a favore della società fiduciaria, quale socia apparente. La norma di comportamento 216 giustamente evidenzia che ai fini fiscali non assume alcun rilievo l'atto di trasferimento della partecipazione dal fiduciante al fiduciario, che è quindi fiscalmente neutrale. Il fiduciante, inoltre, ben può avvalersi delle disposizioni di cui alla legge 448/2001, più volte prorogata, che disciplina la possibilità di rivalutare il costo fiscale delle partecipazioni. Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma vale anche in sede successoria, per cui le partecipazioni fiduciariamente intestate dal de cuius ad una società fiduciaria concorrono a formare il suo attivo ereditario (in tal senso agenzia delle Entrate, circolare 28/E del 27 marzo 2008).

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