Imposte

Il fondo estero è protetto dal rischio di stabile organizzazione

La circolare Assonime 10/2023 spiega la norma dell’investment management company. Parcellizzazione non necessaria per evitare la stabile organizzazione

di Alessandro Germani

L’industria del risparmio gestito prevede accanto al fondo le strutture operative della management company e dell’advisory company. Di solito un fondo istituito all’estero opera poi in Italia mediante tali strutture, che consentono di effettuare gli investimenti nelle società target. La norma dell’investment management company (Ime) introdotta dalla legge di Bilancio 2023 mira ad evitare che venga contestata la stabile organizzazione (So) del veicolo estero in Italia per il tramite di queste società. Ciò comporta l’omessa dichiarazione in Italia e una doppia imposizione dei redditi, in Italia e nel paese estero che fatica a riconoscere la presenza di una So nel nostro paese.

Assonime con la circolare n. 10/2023 analizza la nuova norma finalizzata a creare un regime di protezione per gli investitori esteri mediante una maggiore attrazione – per via di un minor rischio fiscale – dell’Italia per la localizzazione di segmenti dell’industria dell’asset management. Fino a oggi tali rischi sono stati ridotti, ma non eliminati, mediante una frammentazione delle attività, per cui si collocava nel paese di investimento solo l’advisory company, così da poter eccepire lo svolgimento di mere attività di carattere preparatorio o ausiliario e quindi l’assenza di So. Anche il report UE del 2010 individuava la necessità che il fund manager strutturasse le proprie attività come quelle di agente indipendente per minimizzare il rischio.

La legge di Bilancio 2023 introduce nella nozione di So (articolo 162 del Tuir) i nuovi commi 7-ter, 7-quater e 9-bis. Il punto consiste nel superare il comma 6 che prevede la figura della So personale quando la persona opera ai fini della mera conclusione dei contratti, a prescindere dalla spendita del nome dell’impresa estera. Inoltre, il comma 7 prevede che l’agente non possa considerarsi indipendente laddove operi esclusivamente (o quasi) per imprese a cui è strettamente correlato.

Il rischio di So in base alle condizioni dei commi 6 e 7 è dunque molto alto e la risposta è data in primis dal nuovo comma 7-ter. Che stabilisce una sorta di presunzione legale assoluta di indipendenza dell’asset manager rispetto al veicolo estero d’investimento in nome o per conto del quale agisce in Italia. Ciò riguarda da un lato il veicolo di investimento non residente. Secondo l’Associazione questa definizione è ampia e volta a ricomprendere sia il veicolo stesso sia i soggetti da esso controllati. Anche se i fondi esteri non siano esattamente equivalenti dal punto di vista regolamentare a quelli italiani disciplinati dal Tuf. Dall’altro lato riguarda il fund/asset manager per rispondere alla frammentazione delle attività di gestione figlia dell’esigenza di scongiurare rischi di So.

La nuova norma intende quindi proteggere dal punto di vista fiscale le attività svolte in Italia senza necessità di parcellizzazione, e anzi attraendone di nuove. Gli strumenti di investimento dovrebbero essere ampi, a ricomprendere non solo l’ambito mobiliare ma anche quello immobiliare. Le condizioni di safe harbour sono garantite dal comma 7-quater per cui:

• il veicolo deve risiedere in un paese white list inteso come luogo di istituzione del fondo;

• l’indipendenza del gestore si sostanzia nella pluralità di investitori, che non possono intervenire sulle politiche di gestione;

• ma l’indipendenza dell’asset manager non può riguardare il fatto di non poter gestire le partecipate con presenza nei Cda, perché questa è la finalità essenziale di monitoraggio dell’investimento (è corretta la soglia massima del 25% che non dovrebbe ricomprendere il carried interest);

• la remunerazione al mercato in base alla documentazione di transfer pricing serve a scongiurare il rischio di So.

Infine il comma 9-bis esclude il rischio di So materiale del veicolo estero presso la struttura italiana servente. Questo come meccanismo di chiusura rispetto alla So personale, in un ambito – quello del risparmio gestito – dove la correlazione fra gestore e veicolo è obiettivamente molto accentuata.

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