Imposte

Partite Iva, flat tax incrementale anche per chi ha iniziato l’attività dopo il 2020

Bozza di circolare delle Entrate con le istruzioni: il maggior reddito si calcola solo sulle attività d’impresa e lavoro autonomo. Ammesse anche le aziende familiari e coniugali

Prime istruzioni delle Entrate – sotto forma di bozza di circolare in consultazione – sulla nuova flat tax incrementale, che si applica per il 2023 ai titolari di partita Iva fuori dal regime forfettario.

L’imposta sostitutiva è pari al 15% e si applica al maggior reddito prodotto quest’anno dalle persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arte e professione, rispetto al più alto tra i redditi del triennio 2020-22.

Secondo la bozza dell’Agenzia, sulla quale è possibile inviare osservazioni entro il 15 giugno, rientrano nel regime della flat tax incrementale sia l’impresa familiare sia l’azienda
coniugale non gestita in forma societaria (per il solo titolare). Sono esclusi i redditi derivanti da società di persone e società di capitali e studi associati. Ma la partecipazione in una società di persone rileva ai fini di questa flat tax se è «detenuta dall’imprenditore individuale nell’ambito dell’attività d’impresa».

Come si calcola l’incremento di reddito

Come già evidenziato da diversi commentatori, la bozza di circolare conferma che il reddito da confrontare per verificare se c’è stato un incremento non è quello complessivo, ma soltanto quello relativo alle attività d’impresa e di lavoro autonomo. Ad esempio, se l’incremento reddituale deriva dalla locazione di un immobile, queste somme non confluiscono nel calcolo.

La flat tax consente di tassare con l’imposta sostitutiva del 15% l’incremento di reddito che sarà ottenuto nel 2023 rispetto al più alto tra i redditi del triennio 2020-22. Il maggior reddito su cui si può applicare la tassazione agevolata è pari al massimo a 40mila euro e va ridotto di una franchigia pari al 5% del reddito più elevato del triennio. Vediamo un esempio:

- reddito 2020: 60mila euro;

- reddito 2021: 70mila euro;

- reddito 2022: 80mila euro;

- reddito 2023: 200mila euro.

In questo caso, l’incremento di reddito è 120mila euro e la base imponibile va limata della franchigia di 4mila (cioè il 5% di 80mila). Rimarrebbe così un imponibile di 116mila che però viene ridotto a 40mila, limite massimo di legge.

La quota di maggior reddito non soggetta alla flat tax incrementale (80mila euro nel nostro esempio) confluisce nel reddito complessivo ed è normalmente sottoposta all’Irpef.

Ai fini delle agevolazioni fiscali, però, va sempre considerato tutto il reddito, sia quello sottoposto all’Irpef, sia quello agevolato dalla flat tax incrementale.

Nuove partite Iva

La bozza chiarisce che possono applicare la flat tax tutti i contribuenti per i quali si può calcolare l’incremento reddituale rispetto ad almeno un periodo d’imposta negli anni 2020, 2021 e 2022. È necessario, però, che il contribuente abbia svolto la sua attività per almeno un anno intero nel triennio di osservazione. Perciò, è ammesso anche chi ha avviato l’attività dopo il 1° gennaio 2020, purché l’abbia svolta per almeno 12 mesi, il che taglia fuori chi ha aperto la partita Iva dopo il 1° gennaio 2022.

Due avvertenze di calcolo:

- se uno o più degli anni del triennio si sono chiusi in perdita, il risultato in rosso vale “zero” ai fini del calcolo dell’incremento;

- se l’attività è iniziata in corso d’anno il reddito di quell’anno va ragguagliato ai 12 mesi (così, per chi ha aperto la partita Iva dal 1° giugno 2021 e ha ricavato un reddito di 30mila euro, quell’importo vale 59.511 ai fini del confronto annuo, perché 30mila va diviso per i giorni d’attività – cioè 184 – e moltiplicato per 365).

Regime forfettario nel triennio

Secondo il testo messo a punto dalle Entrate, non blocca la flat tax incrementale il fatto di aver applicato il regime forfettario per uno o più degli anni del triennio di osservazione (dal 2020 al 2022). Anzi, il reddito sottoposto al forfait entra normalmente nel calcolo.

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