I temi di NT+Novità della settimana

I provvedimenti dal 3 al 10 febbraio

I provvedimenti normativi e le interpretazioni ministeriali dell'ultima settimana

di Roberta Coser e Claudio Sabbatini

Iva/Lease back

Risoluzione agenzia delle Entrate 3 febbraio 2023, n. 3/E e Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 7 febbraio 2023, n. 206

Contratto di sale and lease back: trattamento Iva applicabile

I chiarimenti forniti con la risoluzione 3/E attengono al trattamento Iva da riservare alle operazioni di sale and lease back (cessione di un bene a una società di leasing con retrocessione in locazione finanziaria al cedente), al fine di tener conto del recente indirizzo giurisprudenziale (Corte di Cassazione 27 aprile 2021, n. 11023). I giudici nazionali hanno rilevato che «lease back ha, …, una causa concreta diversa da quella del contratto di vendita puro e semplice, trattandosi di un'unica operazione complessa e con causa finanziaria (il fine di aumentare la liquidità del venditore-utilizzatore), da considerarsi nella globalità dei suoi elementi negoziali strettamente connessi onde scongiurarne un'artificiosa scomposizione a fini tributari». La pronuncia, a sua volta, ha recepito le indicazioni espresse dalla Corte di Giustizia Ue, sentenza 27 marzo 2019, causa C-201/18. Con il documento di prassi viene superato, almeno in parte, quanto affermato nella circolare 218/E/2000, a mente della quale l'operazione di lease back si compone di tre diverse operazioni: la cessione immobiliare (soggetta a Iva) nei confronti della società locatrice, la concessione in leasing del bene e l'eventuale riscatto (configurabile come ulteriore cessione di beni). Ora, adottando i principi della Corte unionale, viene sostenuto che un'operazione di sale and lease back può configurare, ai fini Iva, un'operazione composta da cessioni di beni e prestazione di servizi come pure un'unica operazione a scopo di finanziamento (prestazione di servizi). La portata della sentenza della Corte di Cassazione 11023/2021 dev'essere correttamente contestualizzata, nel senso che i principi ivi affermati rilevano nei casi in cui si riscontri una fattispecie contrattuale nella quale effettivamente l'utilizzatore continui a disporre del bene in leasing esercitando le prerogative essenziali riconducibili in capo al proprietario. Per giungere a una conclusione tesa a individuare la causa del contratto, si ritiene necessario valutare attentamente le singole clausole in esso inserite per individuare la concreta regolamentazione del rapporto che le parti hanno inteso stabilire e, dunque, il conseguente trattamento fiscale, avendo particolare riguardo alle prerogative in capo all'utilizzatore del bene concesso in leasing. L'analisi va fatta, dunque, caso per caso. Alcuni elementi fanno presuppore che l'operazione abbia una mera causa finanziaria: a) la presenza, nel rapporto contrattuale, di clausole che escludono o limitano significativamente il potere dell'impresa di leasing di disporre giuridicamente del bene come proprietario (è il caso di clausole che espressamente limitano le prerogative del proprietario, precludendo la possibilità di vendere il bene o concederlo in garanzia a terzi); b) la previsione di facoltà, contrattualmente concesse all'utilizzatore del bene, particolarmente stringenti, tali da far ritenere che sia quest'ultimo a conservare il diritto di disporre del bene «come se ne fosse il proprietario» di cui all'articolo 14 della Direttiva 2006/112/Ce (come nelle clausole che limitano la responsabilità dell'effettivo proprietario, facendo sì che sull'utilizzatore gravino effettivamente la maggior parte dei rischi e dei benefici relativi alla proprietà del bene). Diversamente, nelle ipotesi in cui, dalla disamina della singola fattispecie, sia possibile individuare elementi sintomatici di un'effettiva cessione del bene dal cedente/utilizzatore alla società di leasing, si ritengono validi i chiarimenti resi con la circolare 218/E/2000, da cui discende la detraibilità dell'imposta relativa all'acquisto del bene da parte della società di leasing e ai canoni di locazione pagati dall'utilizzatore. La Risposta 206 segue la linea interpretativa appena espressa: l'agenzia esamina proprio alcuni dei peculiari elementi della fattispecie contrattuale che possono rappresentare degli indici significativi che aiutano a valutare se l'operazione agli effetti dell'Iva è una cessione di beni piuttosto che un'unica operazione avente causa finanziaria. Ricorrendo tale ipotesi, l'interprete dovrebbe, dunque, valutare l'operazione di sale and lease back alla stregua di un'operazione di natura finanziaria. Diversamente, in mancanza di dette prerogative/diritti in capo all'utilizzatore del bene sarebbe configurabile un'effettiva cessione del bene dal concedente/utilizzatore all'istituto di leasing, come tale assoggettabile ad Iva secondo le regole ordinarie e le modalità chiarite nella circolare 218/E/2000.

Iva/Reverse charge

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 7 febbraio 2023, n. 203

Inversione contabile: come regolarizzare l'errata applicazione

Nell'ipotesi di errata applicazione del regime di inversione contabile, il cessionario/committente debitore dell'imposta può correggere l'errore commesso (ad esempio, avendo applicato l'Iva a operazioni esenti, non imponibili o non soggette) tramite delle mere annotazioni contabili di senso contrario a quelle erroneamente eseguite e che intende neutralizzare, salva l'ipotesi in cui non abbia potuto esercitare il diritto alla detrazione dell'Iva. In quest'ultima evenienza la norma prevede espressamente la possibilità di recuperare l'Iva non detratta tramite il ricorso alla nota di variazione, ove sussistano ancora i tempi per la sua emissione (un anno ai sensi dell'articolo 26, comma 3, Dpr 633/1972), ovvero, in caso contrario, mediante la richiesta di rimborso (termine biennale di cui all'articolo 21, comma 2, Dlgs 546/1992).

Irpef/Oneri detraibili

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 6 febbraio 2023, n. 193

Detrazione delle spese mediche: nessun trasferimento all'erede in caso di decesso del contribuente

Il beneficio della detrazione per spese mediche sostenute dal de cuius e fruite in rate, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera c) del Tuir, non si trasferisce all'erede. Secondo l'agenzia, contrariamente a quanto avviene per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (si veda l'articolo 16-bis, comma 8 del Tuir), in assenza di un'esplicita disposizione di legge, la detrazione non fruita (le rate residue) dall'avente diritto per il sostenimento delle spese mediche, non può essere trasmessa agli eredi in automatico. Infatti, nel caso in esame, l'erede – nella dichiarazione presentata per conto de cuius – potrà indicare l'importo complessivo delle rate residue per beneficiare, in un'unica soluzione, della detrazione dall'imposta fino a concorrenza dell'imposta medesima (circolare 24/E/2022).

Concessioni demaniali/Misura

Dm Infrastrutture e Trasporti 30 dicembre 2022, GU 7 febbraio 2023, n. 31

Concessioni demaniali marittime: fissati i canoni 2023

Il Decreto aggiorna, per l'anno 2023, le misure unitarie dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime. Ne deriva un adeguamento in più del 25,15% rispetto alle misure unitarie dei canoni determinati per il 2022. Così, la misura minima di canone, prevista dall'articolo 100, comma 4, Dl 14 agosto 2020, n. 140 (misura aggiornata al 2022 con circolare, ministero Infrastrutture e Trasporti 14 febbraio 2022, n. 1), passa da 2.698,75 euro a 3.377,50 euro a decorrere dal 1° gennaio 2023; la misura minima di 3.377,50 euro si applica alle concessioni per le quali la misura annua di canone dovesse risultare inferiore al citato limite minimo. Le misure unitarie – così aggiornate – costituiscono la base di calcolo per la determinazione del canone da applicare alle concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate a decorrere dal 1° gennaio 2023. La medesima percentuale si applica alle concessioni in vigore ancorché rilasciate precedentemente al 1° gennaio 2023.

Redditi di impresa/Lease back

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 7 febbraio 2023, n. 198

Plusvalenze da operazioni di sale and lease back: trattamento contabile e fiscale

Il trattamento contabile delle operazioni di sale and lease back è delineato, per i soggetti che redigono il bilancio in base alle regole del Codice civile, dall'articolo 2425-bis, comma 4, Codice civile, secondo cui «le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione finanziaria al venditore sono ripartite in funzione della durata del contratto di locazione». In tal caso, il bene oggetto dell'operazione di lease back dev'essere stornato dal bilancio della società cedente e l'eventuale plusvalenza va iscritta tra i risconti passivi e verrà gradualmente imputata a Conto economico in base alla durata del contratto di locazione finanziaria. In particolare, il principio contabile OIC12 prevede la tecnica dei risconti passivi per distribuire il componente positivo (la plusvalenza) lungo la durata del contratto, parallelamente ai canoni maturati. Il soggetto istante, società diversa dalle micro-imprese, ritiene di effettuare un'operazione di lease back indiretto, ossia cedendo il bene alla propria controllante la quale, a sua volta, pone in essere l'operazione di vendita con retro-locazione. Si pone, dunque, la questione del riconoscimento anche ai fini fiscali del trattamento contabile delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni alla controllante nell'ambito dell'operazione descritta. L'agenzia chiarisce che il trattamento contabile di tali plusvalenze assume rilevanza anche ai fini della determinazione della base imponibile Ires e Irap. Il punto 17 della sezione motivazioni dell'OIC11, sul principio di rappresentazione sostanziale, precisa che la finalità è anche quella di non avere rappresentazioni contabili disomogenee in presenza di transazioni economicamente omogenee. Inoltre, il paragrafo 4 del medesimo principio chiarisce che, qualora nei principi contabili nazionali non si rinviene una disciplina applicabile in via diretta e immediata ai fatti aziendali specifici, la società include, tra le proprie politiche contabili, uno specifico trattamento contabile sviluppato facendo riferimento alle seguenti fonti, in ordine gerarchicamente decrescente: a) in via analogica, le disposizioni contenute in principi contabili nazionali che trattano casi simili, tenendo conto delle previsioni contenute in tali principi in tema di definizioni, presentazione, rilevazione, valutazione e informativa, tenendo conto che l'applicazione analogica di un principio contabile nell'ambito della specifica politica di bilancio di una società è espressione della rappresentazione sostanziale delle fattispecie; b) le finalità e i postulati di bilancio. Come ricordato, il punto 17 della sezione motivazioni dell'OIC 11 precisa che la finalità è anche quella di non avere rappresentazioni contabili disomogenee in presenza di transazioni economicamente omogenee. Poiché ciò che caratterizza il contratto di lease back, rispetto ad un contratto di leasing ordinario, è la coincidenza tra il fornitore del bene oggetto del contratto e l'utilizzatore dello stesso, deriva che, se per ottenere una determinata posizione finanziaria o economica sono necessari una serie di contratti, oppure uno solo, ciò non può fare la differenza in termini di rappresentazione del bilancio. Pertanto, resta applicabile il disposto dell'articolo 2425-bis citato. Ai fini tributari, in applicazione del principio di derivazione rafforzata sancito dall'articolo 83 del Tuir, il trattamento fiscale della fattispecie, in termini di qualificazioni, classificazioni e imputazioni temporali, discende dalla corretta contabilizzazione dell'operazione di lease back, ancorché con doppia cessione iniziale del bene concesso in locazione finanziaria.

Redditi diversi/Plusvalenze

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 7 febbraio 2023, n. 204

Prelievi di valuta da conti esteri: tassazione delle plusvalenze di natura finanziaria

Gli articoli 67 e 68 del Tuir dettano le regole di tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere. In particolare, i proventi derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rientrano tra i redditi diversi di natura finanziaria, ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del Tuir. Nella sostanza, il legislatore ha equiparato il prelievo dal conto corrente o dal deposito in valuta estera (si adotta il criterio LIFO) alla cessione a titolo oneroso della valuta, a nulla rilevando la finalità a cui le somme prelevate sono destinate. La ratio di questa equiparazione risiede nella considerazione che quando la valuta è uscita dal conto corrente o dal deposito, non è più possibile stabilire se e in che momento essa è stata successivamente ceduta. Tuttavia, per evitare di attrarre a tassazione fattispecie non significative, la normativa prevede che la plusvalenza sia fiscalmente rilevante, se nel periodo d'imposta la giacenza dei depositi e conti correnti «complessivamente» intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all'inizio del periodo di riferimento, è superiore a 51.645.69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui. Tenuto conto che il contribuente può detenere più conti espressi nella medesima valuta, anche presso diversi intermediari, per ragioni di semplificazione e corretta determinazione delle eventuali plusvalenze, nel caso in cui nel periodo d'imposta sia stata superata la predetta giacenza (complessiva), la determinazione delle plusvalenze (minusvalenze) realizzate per effetto di tutti i prelievi posti in essere nel medesimo periodo d'imposta, dev'essere effettuata analiticamente e distintamente per ciascuno conto.

Agevolazioni/Impatriati

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 6 febbraio 2023, n. 190

Regime fiscale degli impatriati: incompatibilità con il regime forfetario

Confermando l'orientamento di prassi già espresso, l'agenzia fornisce chiarimenti in merito all'incompatibilità tra il regime speciale lavoratori impatriati e il regime forfetario. In particolare, viene richiamata la circolare 33/E/2020, precisando che l'opzione per il regime forfetario rende impossibile la diversa scelta per il regime degli impatriati, anche se sussistono i requisiti per la sua applicazione. Nel caso in esame, l'interpellante è rientrato in Italia nel 2020 e ha optato per il regime forfetario nei periodi d'imposta 2020 e 2021, per cui gli è precluso il beneficio derivante dal regime di cui all'articolo 16, Dlgs 147/2015, negli anni successivi e fino al compimento del quinquennio agevolabile (dal 2022 al 2024).

Agevolazioni/Crediti di imposta

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 7 febbraio 2023, n. 193

Bonus energia: applicazione all'energia auto-consumata e alle imprese neo-costituite

Sono forniti chiarimenti in tema di credito d'imposta in favore delle imprese energivore (a forte consumo di energia elettrica), di cui all'articolo 4, Dl 17/2022. La disposizione riconosce, in favore delle imprese a forte consumo di energia elettrica di cui al Dm Mise 21 dicembre 2017 un contributo straordinario, fruibile sotto forma di credito d'imposta, a parziale compensazione dei maggiori oneri sostenuti per l'energia elettrica acquistata ed impiegata nell'attività economica durante il secondo trimestre 2022, a condizione che i costi per kWh della componente energia elettrica, calcolati sulla base della media del primo trimestre 2022 ed al netto delle imposte e degli eventuali sussidi, abbiano subìto un incremento superiore al 30% relativo al medesimo periodo dell'anno 2019, anche tenuto conto di eventuali contratti di fornitura di durata stipulati dall'impresa. Con riferimento al secondo trimestre 2022, il credito d'imposta in parola è riconosciuto anche in relazione alla spesa per l'energia elettrica prodotta dalle imprese energivore e auto-consumata. Come sottolineato nel dossier di lettura del Servizio Bilancio del Senato n. 302 del 2022, la norma estende la platea dei beneficiari del contributo straordinario anche alle imprese energivore che producono e allo stesso tempo auto-consumano l'energia prodotta, a differenza dell'articolo 15, Dl 4/2022, che non le aveva ricomprese. Viene ora precisato che l'incremento del costo per kWh di energia elettrica prodotta e auto-consumata è calcolato con riferimento alla variazione del prezzo unitario dei combustibili acquistati ed utilizzati dall'impresa per la produzione della medesima energia elettrica e il credito d'imposta è determinato con riguardo al prezzo convenzionale dell'energia elettrica pari alla media, relativa al secondo trimestre 2022, del prezzo unico nazionale dell'energia elettrica. In sostanza, può farsi riferimento a un parametro forfetario nella verifica dell'incremento del costo medio (ovviamente utilizzando i valori correlati all'acquisto del combustibile usato per la produzione di energia) in luogo dei valori forniti dalla circolare 13/E/2022 correlati all'acquisto di energia elettrica. Lo stesso metodo può essere adottato dalle imprese neo-costituite alla data del 1° gennaio 2019 (o costituite a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale). In ordine agli obblighi certificativi da assolvere per la verifica della sussistenza dei requisiti, nonché del calcolo del credito d'imposta spettante, la circolare 16 luglio 2022, n. 20/E, paragrafo 3.4 ha precisato che, nell'ipotesi di auto-produzione e auto-consumo dell'energia elettrica, la documentazione certificativa è rappresentata dalle fatture di acquisto del combustibile utilizzato a tal fine, nonché dalle misurazioni registrate dai relativi contatori o dalle risultanze della contabilità industriale.

Immobili/Superbonus 110%

Circolare agenzia delle Entrate 8 febbraio 2023, n. 3/E

Superbonus: applicazione a Onlus e altri enti no profit

Il comma 10-bis dell'articolo 119, Dl 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto Rilancio) disciplina il Superbonus 110% spettante alle Onlus e ad altri enti no profit (organizzazione di volontariato-Odv e associazione di promozione sociale-Aps, di cui alla lettera d-bis) del comma 9 del medesimo articolo 119). Con la circolare in esame l'agenzia delle Entrate chiarisce le modalità di calcolo e riepiloga le condizioni per beneficiare dei limiti agevolati; ciò in quanto il comma 10-bis reca alcune disposizioni integrative per il calcolo dei tetti massimi di spesa ammesse alla detrazione in capo a detti soggetti, con riguardo a ciascuna delle tipologie di interventi agevolati di cui ai precedenti commi da 1 a 8. Nello specifico, l'ordinario tetto massimo delle spese detraibili per le singole unità immobiliari va moltiplicato per il rapporto tra la superficie complessiva dell'immobile oggetto degli interventi e la superficie media di un'unità abitativa immobiliare, come ricavabile dal Rapporto Immobiliare pubblicato dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'agenzia delle Entrate (OMI, ai sensi dell'articolo 120-sexiesdecies, Dlgs 385/1993). Sul punto, la circolare precisa che la superficie media va rilevata sulla base del valore medio ricavabile dal Rapporto Immobiliare riferibile alla media nazionale e non a quello del Comune ove è ubicato l'immobile stesso. Tra i requisiti richiesti in capo ai soggetti beneficiari, al fine di fruire degli speciali tetti di spesa, vi sono i seguenti: 1) svolgimento di attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali; 2) assenza di compensi o indennità di carica a favore dei membri del consiglio di amministrazione; 3) possesso di immobili rientranti nelle categorie catastali B/1, B/2 e D/4, a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito (quest'ultimo, a condizione che il contratto di comodato sia regolarmente registrato in data certa anteriore al 1° giugno 2021, data di entrata in vigore del Dl 77/2021). Con riguardo al primo requisito sopraelencato, la circolare osserva che la norma contenuta nel comma 10-bis non prevede che l'immobile sia già utilizzato per l'esercizio delle attività di servizi socio-sanitari e assistenziali al momento dell'effettuazione degli interventi. Quel che rileva, invece, è che l'immobile rientri in una delle categorie catastali B/1, B/2 o D/4 o che, in caso di cambio di destinazione di uso, l'immobile sia accatastato in dette categorie prima dell'inizio dei lavori (circolare, agenzia delle Entrate 23 giugno 2022, n. 23/E, paragrafo 1.4). Lo specifico tetto di spesa opera anche nel caso in cui l'attività di servizi socio-sanitari e assistenziali venga svolta in via mediata attraverso la stipula di un contratto di affitto di azienda con un altro soggetto (in questo caso, tuttavia, il beneficiario della detrazione – Onlus, Odv o Aps – deve svolgere le predette attività e il concedente deve detenere l'immobile in proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito). Il secondo requisito sopraelencato deve sussistere dal 1° giugno 2021 e deve permanere – anche nel caso di fruizione del bonus tramite lo sconto in fattura i cui all'articolo 121, Dl 34/2020 – per tutta la durata del periodo di fruizione dell'agevolazione (si ricorda che per le spese sostenute dal 2022 il Superbonus dev'essere ripartito in quattro quote annuali). Infine, quanto al terzo requisito sopra elencato viene chiarito che il fabbricato dev'essere posseduto in base ai titoli previsti dalla norma (proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito). Data la tassatività dell'elencazione, gli enti no profit che svolgono le predette attività e che detengono un immobile per il tramite di un contratto di locazione non possono avvalersi delle modalità di calcolo del citato comma 10-bis.

Dichiarazioni annuali/Certificazione Unica

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 3 febbraio 2023, n. 189

Rilascio della CU per le spese di lite pagate dalla parte soccombente

Un soggetto (nel caso, un ente pubblico, che opera quale sostituto d'imposta ai sensi dell'articolo 29, comma 5, Dpr 600/1973), risultato perdente in una lite giudiziaria, è tenuto ad emettere la Certificazione Unica per le spese di giudizio pagate, anche se sono destinate a un libero professionista munito di delega all'incasso, a prescindere dal regime fiscale adottato da quest'ultimo (ordinario o forfetario) e dall'eventuale qualifica di sostituto d'imposta della controparte vittoriosa. Il dubbio interpretativo dell'istante riguardava proprio la circostanza che, nel caso presentato, le spese di lite erano devolute a un soggetto, a sua volta, sostituto d'imposta. La ritenuta va operata (e conseguentemente va rilasciata la CU) sia nel caso di avvocato antistatario (difensore che dichiara di aver assistito il cliente senza aver riscosso gli onorari e anticipando le spese) sia se le spese legali sono riscosse dall'avvocato munito di delega all'incasso, a prescindere dall'eventuale qualificazione di sostituto d'imposta della controparte vittoriosa. Nel caso di compensi corrisposti a professionisti che applicano il regime forfetario (per cui i compensi non sono da assoggettare a ritenuta d'acconto), l'ente pubblico dovrà comunque emettere la CU per redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, riportando l'intero importo corrisposto sia al punto 4 (ammontare lordo corrisposto) che al punto 7 (altre somme non soggette a ritenuta) della stessa Certificazione.

Dichiarazioni annuali/730

Provvedimento agenzia delle Entrate 6 febbraio 2023

Modelli 730/2023: approvazione

Sono stati approvati i modelli 730, 730-1, 730-2 per il sostituto d'imposta, 730-2 per il Caf e per il professionista abilitato, 730-3, 730-4, 730-4 integrativo, con le relative istruzioni, nonché la bolla per la consegna del modello 730-1, concernenti la dichiarazione semplificata agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, da presentare nell'anno 2023 – con riferimento al periodo d'imposta 2022 – da parte dei soggetti che si avvalgono dell'assistenza fiscale.

Dichiarazioni annuali/Iva 74-bis

Provvedimento agenzia delle Entrate 7 febbraio 2023

Modello Iva/2023 per curatori fallimentari e commissari liquidatori: approvazione

Dal 2023 i curatori fallimentari e i commissari liquidatori utilizzeranno il nuovo modello Iva 74-bis (per la liquidazione giudiziale o per la liquidazione coatta amministrativa), al fine di presentare – entro quattro mesi dalla data di nomina – una dichiarazione relativa alle operazioni effettuate nella frazione dell'anno precedente alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa. Il contenuto del modello approvato si allinea alle novità in tema di Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in vigore dal 15 luglio 2022 (Dlgs 14/2019). Si rammenta che l'articolo 8, comma 4, Dpr 322/1998 prevede che, in caso di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, la dichiarazione relativa all'imposta dovuta per l'anno solare precedente, sempreché i relativi termini di presentazione non siano ancora scaduti, è presentata dai curatori o dai commissari liquidatori con le modalità e nei termini ordinari ovvero entro quattro mesi dalla nomina se quest'ultimo termine scade successivamente al termine ordinario. Pertanto, i curatori o i commissari liquidatori, entro quattro mesi dalla data di nomina, devono presentare (esclusivamente in via telematica, direttamente o tramite intermediari abilitati) una dichiarazione ai fini Iva relativa alle operazioni effettuate nella frazione dell'anno precedente alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, utilizzando il modello Iva 74-bis. Con questa dichiarazione, s'informa l'Ufficio dell'agenzia delle Entrate della posizione debitoria o creditoria ai fini Iva alla data di apertura della procedura. Resta fermo l'obbligo, in capo ai curatori fallimentari e ai commissari liquidatori, di presentare negli ordinari termini la dichiarazione annuale relativa a tutto l'anno d'imposta (operazioni registrate nell'anno solare in cui è aperta la liquidazione giudiziale ovvero la liquidazione coatta amministrativa), costituita da due moduli: il primo, per le operazioni registrate nella parte di anno solare anteriore alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta e il secondo, per le operazioni registrate successivamente a queste date. Infatti, come precisato dall'agenzia delle Entrate, il modello Iva 74-bis non rappresenta una vera e propria dichiarazione ma uno strumento di comunicazione per consentire all'Amministrazione statale di procedere con l'eventuale insinuazione al passivo della procedura concorsuale. Per tale ragione non è possibile chiedere il rimborso dell'Iva eventualmente risultante a credito.

Accertamento delle imposte/Elusione fiscale

Risposta Interpello, agenzia delle Entrate 7 febbraio 2023, n. 199

Abuso del diritto: quando si configura

Affinché un'operazione o una serie di operazioni possano essere considerate abusive, l'Amministrazione finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti: 1) la realizzazione di un vantaggio fiscale «indebito», costituito da «benefici anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario»; 2) l'assenza di «sostanza economica» dell'operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in «fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali»; 3) l'essenzialità del conseguimento di un «vantaggio fiscale». Il mancato riscontro di uno dei tre citati presupposti determina un giudizio di assenza di abusività. In ogni caso, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, siano giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale, rispondenti a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa o dell'attività professionale).

Riscossione/Interessi

Circolare Inail 6 febbraio 2023, n. 5 e Circolare Inps 8 febbraio 2023, n. 17

Premi Inail e contributi Inps: fissato il nuovo tasso di rateazione

L'Inail comunica che – in conseguenza della decisione di politica monetaria adottata dalla Banca centrale europea in data 2 febbraio 2023, che ha fissato al 3% il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell'Eurosistema – dall'8 febbraio 2023 sono modificati il tasso di interesse per le rateazioni dei debiti per premi assicurativi e accessori e la misura delle sanzioni civili. Pertanto, i piani di ammortamento relativi a istanze di rateazione dei debiti per premi assicurativi e accessori, presentate dall'8 febbraio 2023, sono determinati applicando il tasso di interesse pari al 9%. Per le rateazioni in corso restano validi i piani di ammortamento già determinati. Analogamente, l'Inps fa sapere che – a seguito dell'aumento di 50 punti base del tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell'Eurosistema, operato dalla Banca centrale europea (il tasso è ora del 3%) – a partire dall' 8 febbraio 2023 aumentano il tasso di interesse applicato in caso di rateizzazione dei debiti contributivi e quello delle sanzioni civili. A fronte di ciò, l'interesse di dilazione per la regolarizzazione rateale dei debiti per contributi e sanzioni civili è del 9% e si applica alle richieste di rateazione presentate dall'8 febbraio 2023, mentre nulla cambia per i piani di ammortamento già emessi e notificati. La sanzione civile, in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, invece, è ora pari all'8,50% annuo. In caso di procedure concorsuali si applicano sanzioni ridotte, calcolate nella misura del tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali dell'Eurosistema nel caso si rientri nell'articolo 116, comma 8, lettera a), legge 388/2000. In caso di evasione (articolo 116, comma 8, lettera b), legge 388/2000) tale tasso è aumentato di due punti. Tuttavia la riduzione del tasso non può essere inferiore all'interesse legale. Poiché quest'ultimo attualmente è del 5% annuo, la riduzione massima coincide con tale valore mentre quella minima è del 7% (interesse legale più due punti).

Fiscalità internazionale/Campione d'Italia

Provvedimento agenzia delle Entrate 8 febbraio 2023

Campione d'Italia: riduzione forfetaria del cambio per i redditi dei residenti

L'articolo 188-bis, commi 1 e 2 del Tuir stabilisce una riduzione forfetaria del 30% del cambio da applicare ai redditi, diversi da quelli di impresa, delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del Comune di Campione d'Italia, di lavoro autonomo dei professionisti e con studi nello stesso Comune, prodotti in franchi svizzeri nel territorio dello stesso Comune e/o in Svizzera, e anche ai redditi d'impresa realizzati dalle imprese individuali, dalle società di persone e dalle società ed enti di cui all'articolo 73 del Tuir, iscritti alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Como e aventi la sede sociale operativa, o un'unità locale, nel Comune di Campione d'Italia, prodotti in franchi svizzeri nel territorio del medesimo Comune e/o in Svizzera. L'articolo 1, comma 632 legge 147/2013 (Legge di stabilità 2014) ha disposto – a seguito delle modifiche operate dall'articolo 129-bis, comma 2, Dl 34/2020 – che la riduzione forfetaria sia maggiorata o ridotta in misura pari allo scostamento percentuale medio annuale registrato tra le due valute, franco svizzero ed euro. Tale riduzione non può, comunque, arrivare a quote inferiori al 30%. Le medie annuali dei cambi del franco svizzero in euro, comunicati dalla Banca d'Italia, sono pari per il 2021 a 1,0811 e per il 2022 a 1,0047. La media annuale del cambio del franco svizzero in euro per il 2022 ha registrato una riduzione dello 0,0764 rispetto alla media annuale del 2021, che corrisponde a uno scostamento percentuale medio annuale registrato tra le valute pari a -7,07%. La riduzione del numero medio annuale di franchi svizzeri necessari per acquistare un euro, concretizzando un aumento del reddito in euro derivante dalla rivalutazione del franco svizzero, comporta una maggiorazione percentuale della riduzione forfetaria. Pertanto, con il Provvedimento in esame viene determinata nel 37,07% la riduzione forfetaria del cambio.

Dogane/Accise

Circolare agenzia delle Dogane e dei Monopoli 3 febbraio 2023, n. 3/D

Sistema armonizzato delle accise: destinatario e speditore certificati

La Direttiva 2020/262/Ue, nel riordinare il sistema armonizzato delle accise, ha individuato nuove qualifiche dei soggetti coinvolti: il «destinatario certificato» e lo «speditore certificato». Nel nostro ordinamento il recepimento della norma unionale è avvenuto con il Dlgs 180/2021. La circolare in esame individua le caratteristiche delle nuove figure, per i quali il debutto è fissato al 13 febbraio 2023. In particolare, le nuove disposizioni stabiliscono che soltanto tra tali soggetti possono essere movimentati i prodotti sottoposti ad accisa, immessi in consumo in uno Stato membro e successivamente trasportati in un altro Paese Ue per essere commercializzati. Il «destinatario certificato» è abilitato a ricevere prodotti sottoposti ad accisa immessi in consumo in un altro Stato Ue e consegnati per scopi commerciali nel nostro Paese. Egli può essere in possesso della doppia qualifica di «depositario autorizzato» o «destinatario registrato» e, quindi, operare in entrambi i ruoli. In tal caso, è necessario separare i prodotti all'interno del deposito e avere scritture contabili distinte. L'imposta è esigibile in Italia dalla presa in carico della merce ed è dovuta dal destinatario nazionale entro il giorno successivo all'arrivo dei prodotti. Tra gli obblighi del «destinatario certificato nazionale» è prevista, inoltre, la prestazione della garanzia per il pagamento dell'imposta, fissata nella misura del 100% dell'accisa dovuta, adempimento che va assolto prima della spedizione. Per ottenere la qualifica di «destinatario certificato» l'esercente deve inviare, tramite Pec, richiesta all'Ufficio delle Dogane territorialmente competente sul deposito presso il quale l'interessato intende ricevere e detenere ad accisa assolta i prodotti inviati da speditori certificati di altri Paesi dell'Unione europea. L'Ufficio delle Dogane, verificati i requisiti, autorizza (con abilitazione che vale fino a revoca) il richiedente con apposito provvedimento e gli attribuisce il codice identificativo, che dovrà essere indicato nell'e-Das unionale, con specificazione della data di decorrenza dell'efficacia. Si ricorda, infatti, che la circolazione di tali merci verso il «destinatario certificato» avviene tramite e-Das unionale (il quale differisce da quello emesso per le movimentazioni dei prodotti all'interno dei confini italiani) emesso dal sistema informatizzato dopo che lo speditore ha inserito i dati richiesti (articolo10, comma 3, Dlgs 504/1995). Al documento elettronico è attribuito un codice unico di riferimento amministrativo semplificato. Lo «speditore certificato», invece, è il soggetto abilitato a spedire prodotti sottoposti ad accisa immessi in consumo in Italia e successivamente trasportati per scopi commerciali verso altri Stati Ue. Anche in questo caso, per poter effettuare tali operazioni l'esercente deve prima chiedere, via Pec, l'abilitazione all'Ufficio delle Dogane territorialmente competente sul deposito/locale dal quale intende spedire i prodotti immessi in consumo in Italia per essere trasportati verso un destinatario certificato di un altro Stato membro. A differenza di quanto richiesto al «destinatario certificato», allo «speditore certificato» non occorre essere già depositario autorizzato o destinatario registrato: deve, però, operare in uno dei settori interessati dall'accisa (deposito di vini, vendita di prodotti alcolici, ecc.). L'Ufficio delle Dogane, riscontrati i dati dichiarati nell'istanza, emana il provvedimento autorizzativo e attribuisce al richiedente il codice identificativo (che dovrà essere indicato nell'e-Das unionale), con specificazione della data di decorrenza dell'efficacia. L'operatore deve trascrivere, in un apposito registro, i prodotti trasportati al momento in cui lasciano il locale riportato nella richiesta di abilitazione, con annotazione degli estremi dell'e-Das unionale e del luogo in cui i prodotti saranno consegnati. Da ultimo viene ricordato che lo «speditore certificato» può richiedere il rimborso dell'accisa sui prodotti trasferiti pagata nel nostro Paese nel rispetto del termine di decadenza dei due anni dalla data del versamento.