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Mancata attivazione del piano dei premi di risultato: perdita di chance non tassata

La somma percepita dal lavoratore a titolo risarcitorio per una perdita di chance non costituisce base imponibile poiché consiste nel ristoro del danno emergente

di Cristian Valsiglio

L’ordinanza 3804/2023 della Cassazione ha affermato che le somme ricevute dai lavoratori, anche in via transattiva, a titolo di risarcimento del danno per la perdita di chance, non costituiscono reddito imponibile; quindi, non sono assoggettabili a Irpef essendo destinate a riparare un pregiudizio (si veda il precedente articolo «Non è tassabile il risarcimento del danno per la perdita di chance»).

Il caso affrontato dai giudici riguardava il mancato accesso dei lavoratori alla retribuzione di risultato (Mbo), a causa della omessa attivazione da parte dell’azienda di tale istituto retributivo. Tale comportamento datoriale ingenerava un vero e proprio diritto al ristoro a causa del danno subito a seguito di perdita di chance di miglioramento attitudinale e di valutazione dei risultati conseguiti, con le relative ricadute economiche.

Come noto, il regime tributario dei redditi di lavoro dipendente si basa sul principio generale di onnicomprensività della retribuzione imponibile. Tale principio è sorretto da quanto indicato nel comma 1 dell’articolo 51 del Tuir a mente del quale «l reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro». Ma non è tutto, l’articolo 6 del Tuir altresì afferma al comma 2 che «i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti».

In virtù del principio di matrice tributaria secondo il quale può essere tassato solo ciò che è reddito ossia che ha prodotto ricchezza e capacità contributiva in capo al soggetto che l’ha percepito, è necessario escludere da tassazione: gli indennizzi a mero titolo di reintegrazione patrimoniale (danno emergente) e le erogazioni che il datore di lavoro effettua per il soddisfacimento di un proprio interesse.

A tal fine è opportuno evidenziare che non è reddito ciò che è un puro risarcimento patrimoniale. In genere si distingue tra: il lucro cessante, ossia il mancato guadagno, che deve essere tassato (articolo 6, comma 2, del Tuir) e il danno emergente, ovvero la ricostituzione del mero patrimonio, ossia il risarcimento volto a coprire la perdita economica e che non deve essere tassato.

Per chiarire meglio cosa si intende per danno emergente, la giurisprudenza ha ritenuto appartenere a tale categoria di risarcimento esente: il danno dell’immagine e del prestigio del lavoratore (ad esempio per dequalificazione professionale); il danno biologico ovvero la perdita che si è venuta a determinare nel patrimonio del soggetto danneggiato, inteso come danno all’integrità psicofisica di una persona, che è risarcibile anche se non incide sulla capacità di produrre reddito; la perdita di opportunità di avanzamento di carriera del lavoratore (cosiddetta perdita di chance).

Proprio sul concetto di perdita di chance si occupa l’ordinanza in commento. La Cassazione, riconoscendo che la mancata attivazione del piano di retribuzione premiale aveva creato un danno ai lavoratori per la perdita di chance di miglioramento attitudinale e di valutazione dei risultati conseguiti; accogliendo il ricorso dei lavoratori, ha riconosciuto l’illegittimità degli avvisi di accertamento con cui l’agenzia delle Entrate aveva richiesto la tassazione Irpef sulle somme riconosciute ai lavoratori dal datore di lavoro per il ristoro del predetto danno.


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