Controlli e liti

Common reporting standard, spazio ai questionari

di Chiara Resnati


Individuare correttamente i soggetti tenuti a fornire le informazioni è fondamentale per conoscere gli obblighi da adempiere.


Al fine di stimolare il corretto assolvimento degli obblighi di monitoraggio fiscale in relazione alle attività detenute all’estero, di cui all’articolo 4, comma 1, del Dl 167/1990, convertito dalla legge 227/1990, nonché di favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili derivanti dagli eventuali redditi percepiti in relazione a tali attività estere, l’agenzia delle Entrate, tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, ha inviato delle comunicazioni a specifici contribuenti per i quali sono emerse possibili anomalie dichiarative per l’anno d’imposta 2016, a seguito dell’analisi dei dati ricevuti da parte delle amministrazioni fiscali estere nell’ambito dello scambio automatico di informazioni secondo il Common Reporting Standard (Crs).

L’invio di tali comunicazioni deriva dall’introduzione, a opera dell’articolo 1, commi 634-636, della legge 190/2014, di una specifica forma di collaborazione tra contribuenti e Agenzia, strumentale all’assolvimento degli obblighi tributari e all’emersione spontanea delle basi imponibili. Ora stanno arrivando i primi questionari ex articolo 32 del Dpr 600/1973, sempre con riferimento alle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero e non dichiarate nel modello RW.


Sebbene fosse prevedibile che nella fase iniziale le comunicazioni avrebbero potuto raggiungere anche contribuenti perfettamente in regola con il fisco, il numero di comunicazioni inviate a tali soggetti è stato di molto superiore alle aspettative, soprattutto considerato che nella maggior parte dei casi si tratta di attività estere regolarmente detenute per il tramite di intermediari finanziari italiani. Sembrerebbe, quindi, che molti intermediari esteri abbiano erroneamente comunicato i titolari effettivi dei rapporti intestati a banche e fiduciarie italiane per loro conto.

Come è noto, il sistema di scambio automatico tra autorità finanziarie di diversi Paesi si fonda sulla Mutilateral convention on mutual administrative Assistance in Tax Matters, una convenzione multilaterale che è stata sviluppata congiuntamente dall’Ocse e dal Consiglio d’Europa e sottoscritta a Strasburgo il 25 gennaio 1988, per essere poi integrata dal protocollo emendativo di Parigi del 27 maggio 2010.

In particolare, sulla base del Multilateral competent authority agreement on automatic exchange of financial account information (c.d. Crs Mcaa) che ne è scaturito, le autorità fiscali partecipanti si sono impegnate a scambiare, in via automatica e su base annua, con riferimento a ogni reportable account informazioni concernenti nominativo e dati identificativi del titolare del conto, il numero di conto, i dati identificativi dell’istituto finanziario, il saldo o il valore del conto medesimo.

In Italia la normativa Crs è stata recepita con la legge 95/2015 (pubblicata sulla GU 155 del 7 luglio 2015), a cui è stata data attuazione con il decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze del 28 dicembre 2015.

Individuare correttamente i soggetti tenuti a fornire le informazioni relative ai r eportable accounts è fondamentale sia per conoscere gli obblighi a cui il soggetto in questione è tenuto ad adempiere sia perché, nei casi in cui vi siano più soggetti tenuti alla comunicazione coinvolti con riferimento a uno stesso conto oggetto di comunicazione, solo il soggetto tenuto alla comunicazione più vicino al titolare del conto oggetto di comunicazione sarà tenuto a segnalare i dati del titolare. Questo principio è stato evidentemente disatteso da alcuni intermediari esteri che hanno segnalato titolari italiani di conti presso di loro intestati a istituzioni finanziarie italiane.

Per approfondire leggi l’articolo di Chiara Resnati su Norme&Tributi Mese 5/2018

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