La denatalità condiziona la crescita delle professioni
Presentato il VII Rapporto sulle libere professioni. Calderone: riavviare il confronto con la Pa nel segno della sussidiarietà
La variabile demografia irrompe nel dibattito sulle libere professioni. Il VII rapporto curato da Confprofessioni, la confederazione delle sigle sindacali delle professioni organizzate in Ordini, presentato il 15 dicembre a Roma, ricostruisce lo stato di salute del mondo dei lavoratori autonomi che svolgono attività intellettuale. Lo studio, voluto dal presidente di Confprofessioni Gaetano Stella, affronta uno dei fenomeni strutturali che possono ridisegnare la società europea e il nostro Paese, insieme con il mercato del lavoro.
Il rapporto è stato coordinato da Paolo Feltrin, responsabile scientifico dell’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni; i risultati sono il frutto di una grande ricchezza di fonti: tra le altre, le banche dati Istat (che sta mettendo a punto registri ad hoc sul lavoro e anche sulle libere professioni), le comunicazioni uniche sulle assunzioni, i dati reddituali delle Casse, le statistiche del ministero dell’Economia e le informazioni degli Isa.
La decrescita demografica, che è comune ai Paesi europei, ma che in molti casi è mitigata dall’immigrazione, vede l’Italia in cima alla graduatoria: dal 2014 il calo è costante. Oggi il Paese conta 59.030.000 persone. In questo quadro, nel 2021, il saldo dei contingenti di popolazione tra i 15 e i 34 anni rispetto a coloro che hanno fra i 45 e i 64 anni registra un valore negativo di circa 6 milioni di persone. Significa che il mercato del lavoro non ha più i numeri per il ricambio generazionale. La situazione si riflette sui professionisti: diminuisce la coorte fino a 35 anni (-1,5% tra il 2009 e il 2020) e, in parallelo, aumenta quella tra i 45 e i 64 anni (44,6%). Tra l’altro, il rapporto segnala l’emersione di un fenomeno preoccupante: le statistiche che prendono in considerazione anche i professionisti non organizzati in Ordine (per i quali l’accesso non è regolamentato) segnalano una contrazione dei giovani laureati che fanno ingresso nell’attività di studio.
In ogni caso, mentre i lavoratori indipendenti diminuiscono in tutta Europa, nel nostro Paese le professioni tengono il passo: in Italia l’aggregato conta 1,4 milioni di persone, il 6,2% degli occupati e il 28,5% dei lavoratori autonomi.
Da segnalare che dopo il Covid diminuisce il numero dei professionisti datori di lavoro (-12,9%), anche se le assunzioni non sono in negativo: significa che molti piccoli studi hanno scelto o sono stati costretti a stringersi, mentre le realtà maggiori continuano il processo di strutturazione.
Gli iscritti alle Casse hanno un reddito medio poco oltre 35mila euro, i professionisti senza Albo conseguono una media di 15.537 euro. Se le condizioni medie sono queste, i giovani, specie se laureati, hanno convenienza a indirizzarsi verso il lavoro dipendente, sottolinea il rapporto. Infine, un dato fiscale: su circa 960mila iscritti alle Casse professionali oltre 494.700 hanno scelto il regime agevolato del forfait.
Alla presentazione del rapporto, al Parlamentino del Cnel, è intervenuta Marina Elvira Calderone, ministro del Lavoro, per 17 anni presidente del Consiglio nazionale dei consulenti. Il ministro ha sottolineato l’intento di riavviare il processo previsto dalla legge 81/2017, che avrebbe dovuto vedere i professionisti protagonisti di un nuovo rapporto con la pubblica amministrazione, nel segno della sussidiarietà. Gli organismi di rappresentanza sociale diventano allora centrali, come ha sottolineato, insieme a Gaetano Stella, Franco Bassanini, presidente della fondazione Astrid.