Imposte

Bovini e suini, ridotta la compensazione Iva

La percentuale del 9,5%, scaduta il 31 dicembre, non è stata prorogata. Con il ritorno alle misure del 2015 stimata una perdita della gestione fino al 2,5%

di Gianni Allegretti

Duro colpo per gli allevatori di bovini e suini, per i quali l’attesa conferma della percentuale di compensazione Iva (9,5%) applicabile alle cessioni degli animali, scaduta lo scorso 31 dicembre, non è avvenuta con la conseguenza che a partire dalla liquidazione periodica dell’imposta relativa al mese di gennaio si torna a quelle applicabili sino al 2015, per cui, in luogo del 9,5%, dovranno venire applicate le percentuali del 7% per i bovini (compreso il genere bufalo) e del 7,30% per i suini vigenti prima della loro elevazione quale misura “indiretta” di aiuto a contrasto della crisi del comparto.

La progressione

Le percentuali erano state incrementate a partire dal 2016, dapprima nelle misure del 7,65% per i bovini e del 7,95% per i suini, applicate sino al 2020, e successivamente elevate all’entità massima del 9,5% per le annualità 2021 e 2022, misura, quest’ultima, particolarmente apprezzata in quanto coincidente anche con l’incremento generalizzato dei costi con particolare riferimento a quelli per le materie prime e i consumi di energia elettrica e combustibili.

Tale forma “indiretta” di incentivo “anticrisi” mediante compensazione dell’imposta si riduce, pertanto, del 2,5% per i bovini e del 2,2% per i suini, incidendo pesantemente sul risultato gestionale quando l’incremento dei costi che giustificavano la precedente percentuale è ancora in atto.

Il regime speciale

Agli allevatori, che ai fini Iva applicano il regime speciale per l’agricoltura di cui all’articolo 34 del Dpr 633/72, la percentuale del 9,5% consentiva infatti di compensare la quasi totalità dell’Iva applicata in fattura nella misura del 10%, con il conseguente versamento all’Erario della sola differenza pari allo 0,50%, realizzando la cosiddetta “rendita Iva” nel caso in cui l’entità della compensazione risulti di ammontare inferiore all’imposta sostenuta sugli acquisti e importazioni che tale regime forfettario di detrazione non consente di detrarre nei modi ordinari e che, pertanto, rappresenta per l’imprenditore agricolo un onere.

Nel caso contrario, invece, quando cioè l’Iva sostenuta su acquisti e importazioni risulti di ammontare superiore a quello del 9,5% delle cessioni, il produttore agricolo ha convenienza a esercitare l’opzione di cui all’articolo 34, ultimo comma, del Dpr 633/72 per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari.

È, quindi, di tutta evidenza come la mancata conferma della misura della percentuale di compensazione costituisca una perdita economica tutt’altro che trascurabile di entità pari al 2,2-2,5% del fatturato, condizione che potrebbe suggerire l’opportunità di valutare la convenienza della rinuncia al regime speciale Iva per l’agricoltura mediante l’esercizio dell’opzione di cui all’articolo 34, comma 11, del Dpr 633/72 per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari.

L’opzione alternativa

Al riguardo ricordiamo che l’opzione comporta anche l’effettuazione della rettifica della detrazione in base all’articolo 19-bis2 del Dpr 633/72, che con il passaggio al regime ordinario è particolarmente conveniente in quanto consente di recuperare l’Iva sostenuta e non detratta per effetto del regime speciale sui beni (scorte vive e morte e materiali di consumo) giacenti al 31 dicembre, nonché quella sostenuta per l’acquisto o realizzazione dei beni strumentali in quote in relazione alla loro entrata in funzione da meno di cinque anni per macchinari e impianti e da meno di dieci anni per gli immobili.

Tale valutazione deve anch’essa venire effettuata in coincidenza della liquidazione periodica dell’imposta del mese di gennaio (ovvero del primo trimestre) in quanto la modalità della sua esecuzione (in regime speciale o ordinario) rappresenta il cosiddetto comportamento concludente e, quindi, di fatto il regime per il quale si intende applicare, mentre formalmente l’esercizio dell’opzione deve essere comunicato barrando l’apposita casella nella dichiarazione annuale Iva relativa all’anno in cui essa ha effetto.

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