Il CommentoImposte

Prelievo sugli extraprofitti, le nuove misure aumentano la disparità di trattamento

L’aggravio del contributo sugli extraprofitti rende più marcata la disparità tra imprese energetiche e quelle di altri settori che possono aver avuto sovraprofitti congiunturali

di Livia Salvini

In un commento, pubblicato sul Sole 24 ore il 23 marzo all’indomani dell’introduzione del «contributo straordinario contro il caro bollette» a carico delle imprese operanti nel settore energetico a opera dell’articolo 37 del Dl 21/2022, concludevo osservando tra l’altro che, in mancanza di correzioni in sede di conversione, i criteri di determinazione della base imponibile del nuovo tributo potrebbero non soddisfare il criterio di misurazione dell’incremento “speculativo” di ricchezza richiesto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.

A ridosso del termine di conversione di tale decreto giunge, ampiamente annunciato, un nuovo Dl (articolo 55, Dl 50/2022) che interviene sull’originario articolo 37, ampliando il periodo di riferimento per la determinazione della base imponibile del contributo (base che è ora costituita dall’incremento tra le operazioni attive e le operazioni passive riferito al periodo 1° ottobre 2021-30 aprile 2022, rispetto al saldo del periodo dal 1° ottobre 2020-30 aprile 2021) ed incrementando al 25%, dal 10% originario, l’aliquota del contributo.

Nessuna modifica di carattere strutturale viene invece apportata ai criteri di determinazione del sovraprofitto, criteri che pure sono stati ampiamente criticati dalle categorie interessate e dai commentatori; ciò lascia presumere che l’articolo 37 così come ora modificato venga lasciato inalterato in sede di conversione, mantenendo così i profili di irrazionalità – se non di incostituzionalità – della disciplina. Peraltro, con più di un’aggravante.

La prima è costituita dal fatto che la misura, da assolutamente eccezionale quale era, sta assumendo i caratteri di un prelievo se non permanente, perlomeno stabile. Con la prospettiva, data la (giusta) intenzione del Governo di evitare ogni sforamento di bilancio, di un ulteriore ampliamento del periodo di riferimento e quindi dell’ammontare del “contributo straordinario” a carico del settore energetico.

Senonché, come insegnano, tra l’altro, le vicende di costituzionalità della Robin Hood tax, tanto meno un tributo è straordinario e tanto meno si giustificano le deviazioni dai canoni correnti della sua razionalità e della rispondenza al principio di capacità contributiva.

La seconda aggravante è poi senz’altro costituita dall’incremento al 25% della misura del contributo. È stato da molti sottolineato che i criteri di determinazione della base imponibile non sono idonei, per più di un motivo, a cogliere un effettivo incremento speculativo del valore aggiunto prodotto dall’impresa energetica rispetto al periodo passato di riferimento. Basti qui ricordare che viene colpito nello stesso modo un incremento dovuto a un aumento delle vendite, rimanendo invariato il margine, e un incremento del margine a volume di vendite invariate. Questa irrazionalità rischia tanto più seriamente di comportare effetti espropriativi della ricchezza prodotta dall’impresa quanto più l’aliquota del contributo è alta, in un sistema che non considera affatto la circostanza che l’impresa interessata sia in perdita o in utile. Fatto, questo, che non è determinante ai fini della capacità contributiva in un tributo quale l’Irap che colpisce il valore aggiunto prodotto dall’organizzazione, ma che invece determina forti dubbi di costituzionalità in un tributo, come quello in esame, che dovrebbe colpire i “sovraprofitti”.

Ed infine, l’aggravio del contributo rende ancor più manifesta la disparità di trattamento riservata dal legislatore alle imprese del settore energetico rispetto ad imprese operanti in altri settori, le quali pure potrebbero aver conseguito sovraprofitti congiunturali che restano non soggetti al “contributo straordinario”. E non si può probabilmente escludere la configurabilità, nei confronti di tali altre imprese e dei relativi settori produttivi, di un aiuto di Stato “negativo”; un aiuto consistente, cioè, proprio nel fatto di essere escluse dalla nuova tassazione.