Abusi nelle trasformazioni, sulla Pex si torna al passato
Ho letto con piacere l’articolo di Andrea Manzitti del 15 giugno scorso ( clicca qui per rileggerlo ). Lo stupore che ha suscitato in lui corrisponde alla mia reazione alla lettura della risposta 185 dell’agenzia delle Entrate sugli effetti della trasformazione societaria sui requisiti Pex di tipo soggettivo.
Il primo paragrafo della risposta mi aveva fatto ben sperare, ma l’agenzia ha sentito la necessità di inserire un paragrafo di sette righe, del tutto scollegato rispetto al contesto del quesito, per evidenziare la possibile integrazione di condotta abusiva, in base all’articolo 10-bis della legge 212/2000, della trasformazione societaria, in quanto preordinata a consentire l’ottenimento di un indebito vantaggio fiscale derivante dall’applicazione dell’articolo 87 del Tuir. Vale la pena sottolineare che l’agenzia non ha fornito alcuna spiegazione sulla conclusione.
La norma antiabuso in materia fiscale è contenuta nell’articolo 10-bis della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente); il comma 4 conferma che resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e operazioni comportanti un diverso carico fiscale, con il solo limite del divieto di perseguire vantaggi fiscali indebiti.
La relazione illustrativa al Dlgs 128/2015 ribadisce il principio generale secondo cui il contribuente può legittimamente perseguire un risparmio di imposta. La norma sottolinea, quindi, che l’unico limite è costituito dal divieto di perseguire un vantaggio indebito. Di la delicatezza della configurazione dell’abuso.
Ad esempio, si legge nella relazione, non è possibile configurare una condotta abusiva laddove il contribuente scelga, per dare luogo all’estinzione di una società, di procedere a una fusione anziché alla liquidazione; vero è che la prima operazione è a carattere neutrale e la seconda ha natura realizzativa, ma nessuna disposizione tributaria mostra preferenza per l’una o l’altra operazione. La stessa agenzia delle Entrate, in varie risoluzioni (97/E del 2017), ha avuto modo di confermare che la circolazione di un’azienda di cui è titolare un ente societario può avvenire o attraverso una cessione diretta o una cessione indiretta. Queste differenti modalità di circolazione dell’azienda comportano due diversi regimi fiscali.
Inoltre, sempre l’agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello 87/2019 riguardo ad una prospettata scissione totale non proporzionale di una società di persone in due società di capitali, apre il proprio parere affermando che «la scissione totale non proporzionale in esame non costituisce un’operazione abusiva ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212», del tutto trascurando il fatto che, anche in questo caso, l’operazione prevede anche una trasformazione societaria progressiva.
Correttamente l’agenzia, nella risposta del marzo scorso, ha chiarito che i plusvalori relativi ai componenti patrimoniali attribuiti alle società beneficiarie, mantenuti provvisoriamente latenti dall’operazione, concorreranno alla formazione del reddito secondo le ordinarie regole impositive vigenti al momento in cui i beni medesimi fuoriusciranno dal regime dei beni relativi all’impresa. Quindi, perché si configuri un abuso fiscale, va dimostrato il vantaggio indebito concretamente conseguito.
La problematica va, allora, indagata sotto il profilo della violazione dell’obiettivo della norma sulla participation exemption. L’obiettivo della Pex è la parziale abolizione della doppia imposizione sui dividendi, a seguito dell’abolizione del credito di imposta, e non un’agevolazione, quindi la trasformazione societaria non può violarla in alcun modo.
La già citata relazione illustrativa al Dlgs 128/2015 evidenzia che la collocazione della norma antiabuso nel contesto dello Statuto dei diritti del contribuente muove dall’esigenza di introdurre un istituto che, conformemente alle indicazioni della legge delega, unifichi i concetti di elusione e di abuso e conferisca a questo regime valenza generale con riguardo a tutti i tributi. Non ci possono essere dubbi sul fatto che la trasformazione societaria progressiva non ha alcun effetto sulla capacità contributiva del beneficiario di ultima istanza, cioè il socio persona fisica. A questi principi sembra essersi ispirata anche l’agenzia delle Entrate nella recente risposta 87 e in diverse altre precedenti, ma non in quella di qualche giorno fa.
Una recente sentenza della Ctp di Genova, proprio sul tema abusività di una trasformazione societaria, ha annullato un avviso di accertamento con questa motivazione: «In ogni caso – e sotto un diverso profilo – l’operazione sin qui descritta e contestata dall’agenzia non potrebbe essere riconducibile ad una attività elusiva ma costituire semmai l’espressione del diritto di ogni contribuente di fruire di un legittimo risparmio di imposta». Occorre, invece, riconoscere che si ha legittimo risparmio d’imposta ogni qualvolta il contribuente ponga in essere la condotta fiscalmente meno onerosa tra due o più percorsi negoziali alternativi.
L’accertamento annullato riguarda proprio la presunta elusività (o abuso) di una trasformazione societaria intervenuta anteriormente alla realizzazione di una plusvalenza da cessione di partecipazione azionaria. La Ctp di Genova ha inquadrato la fattispecie. Sembra di essere tornati al passato quando per non rischiare di vedersi contestata l’elusività, occorreva applicare la norma più onerosa.