Controlli e liti

Accertamento antielusivo: serve un contenuto minimo

Secondo la Cassazione se la richiesta non è idonea a instaurare un equo contraddittorio con il contribuente, l’avviso è nullo

di Roberto Bianchi

Nell’ambito della disciplina antielusiva, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, è nullo l'avviso di accertamento che, oltre a non contenere una specifica motivazione in merito alle giustificazioni fornite dal contribuente, ex comma 5 dell’articolo 37 bis del Dpr 600/1973, sia stato emesso all’esito di un procedimento iniziato con una richiesta di chiarimenti non rispettosa delle prescrizioni contenute del comma 4 del già citato articolo 37 e, di conseguenza, non idonea a instaurare un equo contraddittorio con il contribuente.
A tale conclusione è giunta la Cassazione con le ordinanze 16184/2020 e 16183/2020.

Nel caso in esame, l’amministrazione finanziaria aveva invitato la società ricorrente a presentarsi presso l’Ufficio anziché chiedere chiarimenti da inviare per iscritto, concedendo un termine di 15 giorni per ottemperare alla richiesta (senza accordare i prescritti 60 giorni) menzionando, nell'invito, un mero rinvio all’articolo 37 bis, omettendo di indicare le motivazioni per le quali si erano ritenuti applicabili i commi 1 e 2 del richiamato articolo. L’avviso di accertamento, infine, non conteneva alcun riferimento alle giustificazioni fornite dalla società.

Occorre ricordare, innanzitutto, che, antecedentemente alla sua abrogazione, l'art. 37-bis del Dpr 600/1973, come rilevato in più occasioni della Corte Suprema (ex multis sent. n. 2239/2018) prevedeva, con scansioni procedimentali predeterminate, antecedentemente all’emanazione dell'avviso di accertamento, la richiesta al contribuente (anche mediante invio di lettera raccomandata) di chiarimenti e, successivamente, la specifica motivazione dell'avviso di accertamento in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente a pena di nullità. Nell’ambito dell'accertamento dei redditi, i giudici del Palazzaccio hanno affermato che, al fine di escludere il contestato carattere elusivo di un’operazione, il contribuente è chiamato a dimostrare che la stessa è giustificata da «valide ragioni economiche» aventi carattere non meramente marginale o teorico. Acclarato che le menzionate argomentazioni non devono assumere una rilevanza predominante per il compimento dell’operazione, il contribuente non è tenuto a provare che l'obiettivo non risulti altrimenti perseguibile, ma soltanto che la strada prescelta si riveli più conveniente rispetto ad altre soluzioni percorribili (Cassazione, sentenza 2240/2018).

La Corte Costituzionale (sentenza 132/2015) ha altresì evidenziato come la necessità che al contribuente venga consentito di partecipare al procedimento sia evidente, considerata la peculiarità dell'accertamento delle fattispecie elusive e il ruolo decisivo che in esso possono svolgere gli elementi forniti da tale soggetto in particolare nell'ottica della valutazione che l'amministrazione è chiamata a compiere in merito all'esistenza di valide ragioni economiche sottese alle operazioni esaminate.La procedura dell’articolo 37-bis prevedeva, infatti, la nullità dell'atto impositivo non preceduto dall'interlocuzione con il contribuente ed è evidente che la comminatoria della nullità non sarebbe potuta derivare da una disposizione che non si indirizzava, in generale, al contrasto di tutte le potenziali pratiche abusive.

In altri termini, non sussistendo una declaratoria espressa di nullità, in assenza del contraddittorio, l'azione amministrativa doveva essere compiuta secondo buona fede e nel pieno rispetto dell'affidamento del contribuente, avendo pertanto cura di non porre in essere palesi discriminazioni tra situazioni comparabili.


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