Controlli e liti

Accertamento, sì della Cassazione al raddoppio dei termini con la denuncia tardiva

L’ordinanza 9958/2021: la disciplina in vigore fino al 2015 opera anche se la notizia di reato è trasmessa oltre i tempi per i controlli

di Alessandro Borgoglio

Il raddoppio dei termini di accertamento in presenza di reati tributari, in vigore sino al 2015, opera anche qualora la necessaria notizia di reato sia stata trasmessa dal Fisco successivamente allo spirare dei termini ordinari di accertamento. Lo ha stabilito la Cassazione, con l’ordinanza 9958/2021.

L’articolo 37, commi 24 e 25, del Dl 223/2006, nel modificare gli articoli 43 del Dpr 600/1973 e 57 del Dpr 633/1972, che disciplinano i termini di decadenza per l’esercizio dell’attività accertatrice ai fini rispettivamente delle imposte sui redditi e dell’Iva, aveva introdotto un nuovo comma in entrambi i predetti articoli, in base al quale, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell’articolo 331 del Cpp per uno dei reati previsti dal Dlgs 74/2000, i termini ordinari di decadenza sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione.

La normativa ha subìto diverse modifiche nel 2015 (articolo 2, comma 3, del Dlgs 128/2015) ed è poi stata abrogata dalla legge di Stabilità 2016 (comma 132 della legge 208/2015), per cui il raddoppio si applica sino al periodo d’imposta 2015.

Uno dei grandi problemi della normativa in oggetto riguardava la necessità, o meno, ai fini del raddoppio, della presentazione della denuncia da parte del personale dell’Amministrazione finanziaria entro i termini di decadenza ordinari di accertamento.

Sebbene una buona parte della giurisprudenza di merito abbia affermato che l’atto impositivo, emesso entro i termini di accertamento raddoppiati, è nullo ogniqualvolta in cui la denuncia penale sia stata presentata a termini ordinari ormai decorsi (cfr. Ctr Lazio, sentenza 20399 del 19 settembre 2016; Ctp Reggio Emilia, sentenza 90 del 4 aprile 2016; Ctr Milano, sentenza 386 del 22 gennaio 2016), la Cassazione in passato è invece pervenuta a conclusioni differenti, stabilendo che i termini sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l’obbligo di presentazione di denuncia penale, indipendentemente dall’effettiva presentazione della stessa, dall’inizio dell’azione penale e dall’accertamento del reato nel processo (Cassazione 22337/2018, 26037/2016).

In caso di denuncia presentata oltre gli ordinari termini di decadenza o addirittura di accertamento compiuto senza denuncia, al fine di verificare l’uso pretestuoso del raddoppio dei termini, il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta «prognosi postuma») circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’Amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità; però, il correlativo tema di prova e, quindi, l’oggetto della valutazione da effettuarsi da parte del giudice tributario - è circoscritto al riscontro dei presupposti dell’obbligo di denuncia penale e non riguarda l’accertamento del reato (Corte Cost. 241/2011).

L’ordinanza 9958/2021 conferma tale posizione, bocciando la decisione di merito che stabiliva invece l’inapplicabilità del raddoppio dei termini di accertamento, in caso di presentazione della denuncia di reato oltre i termini ordinari di decadenza, che, peraltro, nella specie, neanche erano decorsi.

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