Controlli e liti

Prova di incapienza necessaria al ricorso del coobbligato

Per le Sezioni unite il coobligato vince il ricorso se il Fisco non ha escusso prima il debitore principale

di Laura Ambrosi

A seguito di accertamento definitivo nei confronti del contribuente principale, il ricorso contro la cartella notificata al coobbligato sussidiario, quale è il socio della società di persone o il cessionario di azienda rispetto al cedente, può riguardare anche la fondatezza del presupposto impositivo o la omessa preventiva escussione del patrimonio sociale. L’ccoglimento del ricorso dipenderà dalla prova della capienza o meno del patrimonio del debitore principale. Questo onere incombe sull’amministrazione se si è in presenza di una società di persone iscritta presso l’ufficio imprese, mentre grava sul coobbligato nel caso di società semplice non iscritta nel registro imprese. A fornire questi principi sono le Sezioni unite della Suprema corte con la sentenza nr. 28709 depositata il 16 dicembre.

L’intervento dell’alto consesso è stato sollecitato dalla sezione tributaria per definire se il coobbligato possa far valere in occasione dell’impugnazione della cartella di pagamento ricevuta, tra i diversi motivi anche la omessa preventiva escussione nei confronti dell’obbligato principale.

Nella specie si trattava di una rettifica Iva e Irap in capo ad una società di persone divenuta definitiva per omessa impugnazione. L’ufficio notificava la cartella al socio che la impugnava rilevando tra l’altro, che l’amministrazione avrebbe dovuto escutere preventivamente l’obbligato principale (la società) e solo successivamente agire nei confronti del socio (coobbligato sussidiario)

Va detto che gli uffici di prassi notificano la cartella al coobbligato sussidiario anche nei casi di cessione di azienda nella quale il cessionario, a determinate condizioni, è responsabile dei debiti fiscali del cedente.

In tali ipotesi l’ufficio notifica l’accertamento all’obbligato principale e la successiva cartella anche al coobbligato sussidiario senza dare atto di aver preventivamente escusso il primo.

Al riguardo viene generalmente rilevato di non poter svolgere la preventiva escussione per il rischio di decadenza dei termini per la notifica dell’atto nei confronti del coobbligato. Le Sezioni Unite, in estrema sintesi, hanno ritenuto che nel caso in cui il presupposto impositivo si sia realizzato nei confronti della società mediante un accertamento divenuto definitivo, il socio può impugnare la cartella eccependo tra l’altro la violazione del beneficio di preventiva escussione del patrimonio sociale. Tuttavia se si tratta di società semplice o irregolare incombe sul socio stesso l’onere di provare che il creditore possa soddisfarsi sul patrimonio sociale, se si tratta invece di una snc o di una sas è l’amministrazione a dover provare l’insufficienza del patrimonio sociale. Fa eccezione l’ipotesi in cui l’insufficienza del patrimonio risulti dimostrata in altri modi come nel caso di cancellazione della società.

Ne consegue che se l’amministrazione prova la totale incapienza del patrimonio sociale, il ricorso del socio va respinto, se invece il coobbligato prova la sufficienza del patrimonio il ricorso va accolto. Se, infine, nessuna prova è fornita, il ricorso va accolto o respinto a seconda che l’onere della prova gravasse sull’amministrazione o sul coobbligato.

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