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Accise, l’esportazione non legittima il rimborso

La sentenza resa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, C-105/2022 del 22 maggio 2023

di Giorgio Emanuele Degani

In caso di richiesta di rimborso delle accise pagate a titolo di esportazione di un autoveicolo, è compatibile con il diritto europeo la normativa nazionale che non preveda, in caso di esportazione del veicolo, il rimborso dell’accisa versata nello Stato membro di originaria importazione per un importo proporzionale alla durata dell’utilizzo di tale veicolo nel territorio di detto Stato membro.

Con la sentenza resa dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, C-105/2022 del 22 maggio 2023 i giudici hanno affrontato il caso di un contribuente, commerciante polacco di auto, che ha importato una autovettura in Polonia, pagando le accise. Successivamente, tale veicolo è stato esportato in Norvegia e il contribuente ha chiesto il rimborso delle imposte pagate. L’Amministrazione finanziaria polacca ha negato il rimborso, in quanto la normativa nazionale consente la restituzione solo nel caso in cui il veicolo non venga immatricolato nel territorio nazionale.

A seguito della rimessione della causa innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima ha concluso per la compatibilità della normativa nazionale. Ed infatti, fermo restando che i veicoli non rientrano nella categoria dei prodotti assoggettati ad accisa armonizzata ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, Direttiva n. 2008/118/Ce e, pertanto, non sono sottoposti ad accisa armonizzata, ciascuno Stato membro può prevedere delle norme che non ostacolino la circolazione dei beni all’interno del mercato unico, o che non prevedano ulteriori formalità alle frontiere.

Inoltre, gli Stati membri non devono introdurre delle imposte che, indipendentemente dal loro nome o dalla struttura, colpiscano merci per il solo fatto che queste attraversino le frontiere, divenendo una tassa ad effetto equivalente vietata all’interno dell’Unione europea.

La Corte di Giustizia ha già avuto modo di precisare che le imposte connesse all’immatricolazione di un veicolo non possono essere qualificate né come dazio né come tassa ad effetto equivalente, ma sono delle mere tasse interne che devono rispettare l’articolo 110 Tfue.Tale disposizione vieta agli Stati membri di applicare direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne superiori a quelle previste per i prodotti nazionali. In difetto, verrebbe violato il principio di libera circolazione delle merci tra gli Stati membri, compromettendo il funzionamento del mercato unico. In ogni caso, una norma nazionale contrasta con l’articolo 110 Tfue quando l’imposta gravante sul prodotto nazionale e quella pendente sul prodotto straniero vengano determinate in modo diverso, secondo criteri e modalità del tutto differenti tra di loro.

La Corte di giustizia, nel caso affrontato, ha verificato che il diritto al rimborso per il contribuente polacco sussiste solo nel caso in cui il veicolo non sia stato immatricolato nel territorio dello Stato membro.Tale circostanza deve essere raffrontata al diritto degli Stati membri ad una riscossione delle imposte spettanti: in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione, la Corte ha dichiarato che le conseguenze svantaggiose che possono derivare dall’esercizio parallelo delle competenze fiscali dei vari Stati membri, purché tale esercizio non sia discriminatorio, non costituiscono restrizioni alle libertà di circolazione.

Infatti, gli Stati membri non sono tenuti ad adeguare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine in particolare di eliminare le doppie imposizioni. Del resto, la Corte ha già statuito che è irrilevante il fatto che un autoveicolo, a causa del diniego di rimborso all'esportazione di una tassa sugli autoveicoli, il cui presupposto sia l’immatricolazione e la messa in circolazione di tale veicolo, all’atto della sua esportazione definitiva da uno Stato membro a un altro, sia assoggettato, in diversi momenti e in diversi Stati membri al versamento di più tasse relative agli autoveicoli. Né può assumere rilevanza il principio di proporzionalità: nel caso di specie, il contribuente ha deciso di importare il veicolo nel territorio dello Stato membro, corrispondendo le accise e non può assumere rilevanza l’intenzione futura di riesportare il veicolo.

La sentenza in commento è condivisibile, in quanto fornisce una corretta lettura dei principi in tema di imposte non armonizzate come l’accisa sui veicoli, nonché tutela il potere impositivo degli Stati membri.