Ace e appostazioni precedenti al test degli effetti fiscali
Nel passaggio ai nuovi principi vanno chiariti sia il regime fiscale transitorio delle spese di pubblicità riclassificate tra i costi di impianto e ampliamento, sia gli effetti ai fini Ace dello storno di spese già capitalizzate.
I costi riclassificati
L’appendice dell’Oic 24 prevede che, alla prima applicazione, i costi di pubblicità capitalizzati che soddisfano i requisiti stabiliti per quelli di impianto e di ampliamento si possano riclassificare in B.I.1. Assonime ha segnalato (circolare 14/2017) che «non poche imprese» avevano capitalizzato tali spese anche «in funzione delle utilità future della campagna pubblicitaria anche a prescindere dalle ipotesi di lancio di nuovi prodotti o di avvio di nuove attività». Comportamento ritenuto giustificabile, perché i principi Oic «in passato non avevano la stessa valenza che hanno assunto, nel sistema delle fonti delle regole contabili, per effetto del Dl 91/2014», che ha dato loro «valenza precettiva».
Va chiarito se si applica, ai fini fiscali, la regola dei costi di impianto e ampliamento o quella transitoria per le spese di pubblicità (deduzione per quinti). La seconda soluzione sembra preferibile: come rileva Assonime, la riclassificazione sintetizza «due rilevazioni di segno opposto» (cancellazione dell’importo residuo e iscrizione dei costi di impianto e ampliamento per pari importo) che non producono effetti fiscali.
La disciplina Ace
L’articolo 5, comma 7, lettera a) del Dm 3 agosto 2017, che ha modificato le regole Ace, ha stabilito che nel determinare la variazione in aumento del capitale proprio - rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 – rileva anche l’eliminazione dei costi di ricerca e pubblicità non più capitalizzabili. La relazione illustrativa precisa che l’eliminazione comporta un effetto immediato su utili e perdite riportati a nuovo, che si riflette «sulla dinamica delle future componenti di reddito da esse generate (assenza di ammortamenti per le spese non più capitalizzabili…)». È stato pertanto «ritenuto opportuno considerare rilevanti ai fini del calcolo della variazione di capitale proprio le rettifiche operate in sede di prima adozione, garantendo contestualmente la rilevanza (o l’assenza di peso) dei reversal futuri».
Se ne deduce che l’iniziale variazione in diminuzione verrebbe eventualmente compensata, nei periodi d’imposta successivi, dai maggiori utili accantonati a riserva emergenti dai minori ammortamenti effettuati ai fini civilistici (mentre ai fini fiscali continuerebbe la deduzione delle quote residue). Quindi una penalizzazione sul 2016 e possibili effetti positivi negli anni successivi.
Avverrebbe il contrario se l’impresa scegliesse di non applicare al 2016 le disposizioni del Dm, compresa quella in esame. In tale anno non sarebbero quindi deducibili le spese stornate e in quelli successivi non andrebbero considerati i maggiori utili conseguentemente accantonati. Nella scelta di fruire di tale “clausola di salvaguardia” si dovrà però tener conto della futura riduzione dei coefficienti Ace.