Ace, ok ai versamenti a fondo perduto per coprire prestiti
Il beneficio Ace non può essere contestato laddove la liquidità derivante da versamenti a fondo perduto venga utilizzata per il rimborso di finanziamenti pregressi. È questa l’importante (e per certi versi, innovativa) pronuncia emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano, con la recente sentenza n. 5116/2019 (depositata lo scorso 29 novembre, presidente Celletti, relatore Chiametti). Una delle prime che affronta il tema dell’Ace (aiuto alla crescita economica) e l’applicazione, in concreto, delle relative disposizioni antielusive.
Il caso
La vicenda trae origine da flussi di denaro piuttosto complessi, comunque ben rappresentati nel corpo della sentenza. Siamo davanti ad un gruppo societario che, secondo la ricostruzione della Commissione, è caratterizzato da una struttura verticale a più livelli: holding Usa, sub-holding di primo livello lussemburghese, sub-holding di secondo livello italiana, società operativa italiana. Tra la sub-holding italiana e la partecipata operativa risulta in essere un consolidato fiscale, ragion per cui l’accertamento è stato notificato alla consolidante.
La società operativa italiana, a valle della catena societaria, risulta aver ricevuto nel 2004 (ante nascita Ace) finanziamenti soci per importi rilevanti. L’accordo sottostante i predetti finanziamenti prevedeva un rimborso a fine 2014. Tuttavia, la restituzione risulta essere stata anticipata in attuazione di un nuovo piano di sviluppo pluriennale (2014-2018), che considerava, tra gli altri aspetti, l’estinzione anticipata del predetto finanziamento. Nel 2013 veniva, infine, conferito dalla lussemburghese, una ingente somma a fondo perduto, parte della quale veniva utilizzata per restituire anticipatamente le citate somme a debito.
La società operativa italiana ha, quindi, calcolato l’Ace tenendo conto dei suddetti versamenti a fondo perduto, che hanno aumentato il patrimonio netto della medesima. La holding italiana (interessata dal “passaggio” del versamento di denaro proveniente dalla lussemburghese e destinata alla società italiana operativa) ha avuto l’accortezza di sterilizzare, nell’ambito del proprio calcolo Ace, tale versamento.
In questo contesto, l’agenzia delle Entrate ha ripreso a tassazione il beneficio Ace in capo alla società operativa italiana (poi consolidato in capo alla holding italiana) ritenendo che alla base vi fosse un’operazione circolare, secondo uno schema elusivo già analizzato nella circolare 21/E del 2015.
La ricorrente, dal canto suo, richiamava a suo favore l’interpello n. 21 del 1° febbraio 2019, che in una situazione analoga aveva considerato l’operazione non abusiva.
La sentenza
I giudici milanesi iniziano il loro excursus logico richiamando i dettami del novellato articolo 10-bis della legge 212/2000, e ricordando che, affinché si possa parlare di operazione abusiva, la stessa deve essere caratterizzata da due requisiti: l’esistenza di vantaggi fiscali indebiti e l’inesistenza di sostanza economica. La circostanza che si realizzi un vantaggio fiscale non è, di per sé stessa, idonea a rendere fondata una contestazione da parte dell’agenzia delle Entrate, posto che permane, nell’ordinamento, la possibilità di compiere scelte orientate alla lecita minimizzazione del carico fiscale.
Dopo aver ricordato l’esistenza – nel caso di specie – di operazioni aventi sostanza economica (il citato piano di sviluppo), la Commissione perviene ad una massima di assoluta importanza: «La patrimonializzazione non necessariamente si traduce in maggior disponibilità monetaria. Di conseguenza, non possono dirsi indebiti i vantaggi fiscali conseguiti dai contribuenti che, rispondendo alla finalità propria della disciplina Ace, diano corso ad operazioni dirette a realizzare un effettivo incremento patrimoniale. Addirittura, non potrebbero essere considerati indebiti i vantaggi fiscali conseguiti dai contribuenti che abbiano effettivamente incrementato il proprio patrimonio al solo fine di beneficiare dell’agevolazione Ace».
A parere di chi scrive, tale decisione ha l’indubbio pregio di focalizzare i motivi sottesi alle disposizioni elusive in materia di Ace. La stessa circolare 21/2015, richiamata dall’Ufficio, precisa a chiare lettere che «la disciplina antielusiva è finalizzata ad evitare che, a fronte di un’unica immissione di capitale, si creino variazioni in aumento del capitale proprio in più soggetti appartenenti allo stesso gruppo». Laddove ciò non accade, dunque, il beneficio fiscale non può né deve essere contestato.