Imposte

Acquisti promiscui in split payment da monitorare

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di Marco Magrini e Benedetto Santacroce

La gestione degli acquisti promiscui (commerciali e istituzionali), da parte di ente non commerciale (pubblica amministrazione, ente pubblico economico, fondazione) in split payment e dei suoi fornitori, resta un problema di difficile soluzione, anche se la circolare 27/E/2017 sembra essere, condivisibilmente, più flessibile.

In effetti, l’Agenzia, nella circolare 15/E/2015, ha precisato che la Pa dovrà preventivamente definire la quota parte del bene o servizio acquistato – da destinare alla sfera commerciale –, determinata con criteri oggettivi, e così realizzare adempimenti distinti: tale principio è oggi applicabile a tutti gli Enc soggetti allo split payment.

In tale quadro, in materia di acquisti sottoposti al reverse charge, il soggetto split cessionario dovrebbe altresì comunicare al fornitore la medesima informazione di destinazione dell’acquisto per consentirgli di emettere fattura, con distinzione della parte (istituzionale) soggetta a split payment e della parte (commerciale) soggetta al reverse charge (circolare 14/E/2015).

Alla quota parte del bene o servizio acquistato come consumatore finale, da destinare alla sfera istituzionale non commerciale, tornerà applicabile il meccanismo della scissione dei pagamenti anche laddove soggetto al regime del reverse charge (per esempio pulizie).

Tale procedimento, con particolare riferimento ai casi di reverse charge, costituisce una evidente complessità nei sistemi di fatturazione dei fornitori (in particolare con la fattura elettronica).

La necessità, a carico del fornitore (e dei loro software), di dover distinguere – all’interno della stessa fattura e per lo stesso cliente – un trattamento Iva diverso ancorché per lo stesso bene o servizio unitario e una gestione differenziata fra split payment, istituzionale o commerciale, del cessionario e reverse charge per il commerciale (o non reverse charge per l’istituzionale), potrebbe non risultare concretamente attuabile in tutti casi.

Purtroppo poi, dal lato del soggetto committente, la soluzione della distinzione preventiva è, nella realtà operativa, quasi del tutto inapplicabile, in quanto sono sicuramente la netta maggioranza gli acquisti promiscui per i quali i criteri oggettivi non sono a priori disponibili e neppure conoscibili, ma realizzabili in genere solo a posteriori.

È indispensabile una semplificazione seppure nella piena garanzia del rispetto del limite della detrazione Iva.

Seguendo la linea di indirizzo dell’articolo 5 del decreto di attuazione del 2015 (recentemente integrato dal Dm 9 gennaio 2018), ma astenendosi dal dover determinare in modo distinto a priori la quota commerciale e istituzionale, si potrebbe ipotizzare che le fatture per acquisti promiscui, in regime di scissione dei pagamenti o di reverse charge, vengano annotate per intero nel registro delle fatture di vendita, assicurando così tempestivamente il gettito dell’Iva nella sua interezza. Le stesse fatture potrebbero essere annotate nel registro degli acquisti, sospendendo inizialmente la detrazione dell’Iva relativa e procedendo alla detrazione dell’Iva solo nella misura determinabile in base a criteri parametrici stabiliti anche a posteriori, purché nei termini per godere dell’esigibilità dell’imposta.

Tale procedimento ha trovato un chiaro ed equilibrato precedente interpretativo nella risposta n. 7 della risoluzione 86/E/2002 rivolta a un’azienda del Ssn.

È evidente che, anche tenuto conto del significativo allargamento del novero dei soggetti nella gestione dello split payment dal 2018, se non si confermano le pacifiche tesi interpretative stabilite per gli enti non commerciali, la rigidità del nuovo indirizzo rischia di creare un’ingiustificata limitazione del diritto alla detrazione Iva da parte degli enti che, per acquisti ordinariamente fino ad ora oggetto di ripartizione con criteri proporzionali, saranno, per eccesso di prudenza, orientati a considerarli come integralmente istituzionali invece che promiscui, con scenari di complessità ulteriore da parte dei soggetti pubblici vincolati, fra l’altro, a un utilizzo corretto delle risorse.

Appare più possibilista, nel senso indicato in precedenza, la circolare 27/E/2017 dove l’Agenzia:

• ritiene che, nel caso di acquisti promiscui, i soggetti acquirenti mantengono l’esigenza di individuare, con criteri oggettivi, la parte della relativa imposta da imputare distintamente all’attività istituzionale o commerciale ai fini del corretto esercizio del diritto di detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti;

• non ribadisce la necessità di distinte fatturazioni all’origine;

• conferma che le operazioni di acquisto da indicare nelle dichiarazioni Iva e nelle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche, effettuate dagli acquirenti, sono soltanto quelle di natura commerciale, a prescindere dal metodo di versamento dell’imposta all’Erario prescelto (articolo 5 del decreto).

Per approfondire:

Benedetto Santacroce e Michele Brusaterra, «Iva 2018», on line e in edicola.


SPLIT PAYMENT – RIPARTIZIONE ACQUISTI PROMISCUI
Circolare 15/E/2015 – La circolare impone la ripartizione a priori e l’individuazione oggettiva del regime degli acquisti promiscui
Restringe la possibilità di detrarre l’Iva solo in riferimento a criteri oggettivi determinati a priori.

Risoluzione 86/E/2002, risposta n. 7 – La risoluzione consente di calcolare la quota degli acquisti promiscui imputabile all’attività commerciale applicando la percentuale determinata nel periodo d’imposta precedente, fatti salvi gli eventuali conguagli in sede di dichiarazione Iva annuale.

Circolare 27/E/2017, paragrafo 5 – La circolare precisa che per gli acquisti promiscui resta l’esigenza di individuare, con criteri oggettivi, la parte dell’Iva assolta sugli acquisti da imputare all’attività istituzionale e commerciale ai fini del corretto esercizio del diritto di detrazione.

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