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Affitti tassati anche per il comproprietario che non ha sottoscritto il contratto

La sentenza 832/8/2020 della Ctr Lombardia: reddito fondiario legato alla titolarità a prescindere dalla percezione

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di Massimo Romeo

È costante l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il contratto di locazione ben può essere sottoscritto da uno soltanto dei comproprietari avente la disponibilità materiale del bene. Tuttavia, ai fini dell’imputazione del relativo reddito, vige il principio generale secondo il quale il reddito fondiario è legato alla titolarità del diritto reale a prescindere dalla sua effettiva percezione. Ciò in quanto, per quanto concerne i redditi di fabbricati, sia l’articolo 26 sia l’articolo 37 del Tuir «introducono, all’interno del testo, la variabile del reddito locatizio senza alcuna modificazione del criterio d’imputazione, che resta quella della titolarità del diritto reale». Questo il principio che si ricava dalla sentenza 832/8/2020 della Ctr Lombardia.

Il caso
Una contribuente impugnava un avviso di accertamento con cui l’Ufficio accertava un maggior imponibile Irpef e, quindi, la maggiore imposta derivante dalla locazione di fabbricati. La materia del contendere concerneva la corretta imputazione dei canoni di locazione relativi a contratti stipulati dalla ricorrente ma relativi a immobili posseduti in comproprietà con il fratello nella misura del 50 per cento. Per contestare la pretesa fiscale la difesa della contribuente, oltre alle eccezioni in punto di diritto, produceva la documentazione bancaria riferita al trasferimento al fratello del 50% dei canoni derivanti dalla locazione dei fabbricati oggetto dell’accertamento, documentazione che dava conto sia della causale («affitti») sia della mensilità di riferimento del canone.

I giudici di primo grado accoglievano il ricorso ritenendo che fosse stata «data prova della percezione del reddito locatizio da parte dell’effettivo proprietario ad esso trasmesso con la documentazione depositata e non contestata dall’Ufficio», uniformandosi, in linea di principio, all’orientamento della Suprema corte (di recente confermato da Cassazione 12332/2019) secondo il quale «per sua natura il reddito fondiario» (nell’ambito del quale non è distinguibile, a fini impositivi, quello da locazione di un fabbricato) «è legato alla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva riscossione».

L’Ufficio appellava la sentenza proponendo diverse eccezioni, fra cui:
a) che secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità il contratto di locazione ben può essere sottoscritto da uno soltanto dei comproprietari avente la disponibilità materiale del bene, con la conseguenza che, in tal caso, il reddito percepito può essere dichiarato interamente dal comproprietario locatore senza che gli altri comproprietari non locatori debbano pagare le imposte pro quota;
b) che tale ipotesi ricorreva nella specie cosicché gravava sulla contribuente dimostrare che le relative locazioni erano state gestite e amministrate da entrambi i comproprietari e che essa non fosse l’unica percettrice del reddito;
c) che i giudici avessero erroneamente valutato i documenti di prova stante la genericità dei bonifici effettuati dalla ricorrente a favore del fratello (comproprietario).

La decisione d’appello
I giudici d’appello sono concordi con il percorso motivazionale seguito dalla Ctp. In particolare il collegio di secondo grado condivide il richiamo al principio giuridico enunciato dalla Cassazione (sezione V, n. 12332/2019) secondo il quale il reddito fondiario è legato alla titolarità del diritto reale a prescindere dalla sua effettiva percezione. Ciò in quanto, per quel che riguarda i redditi di fabbricati, sia l’articolo 26 sia l’articolo 37 del Dpr 917/1986 «introducono all’interno del testo, la variabile del reddito locatizio senza alcuna modificazione del criterio d’imputazione, che resta quella della titolarità del diritto reale».

Essendo incontestata tra le parti - chiosa il collegio - la contitolarità dei cespiti oggetto del giudizio in capo al fratello della ricorrente non assumeva pregio l’unico rilievo mosso alla statuizione di primo grado dall’ufficio relativo alla insufficienza della documentazione, versata in atti, ai fini della prova che il reddito locatizio fosse stato trasmesso all’effettivo proprietario. Ciò in quanto era stata prodotta la documentazione bancaria riferita al trasferimento al fratello del 50% dei canoni derivanti dalla locazione dei fabbricati oggetto dell’accertamento, documentazione che dava conto sia della causale («affitti») sia della mensilità di riferimento del canone. Assorbente di tutte le altre questioni poste «è il principio della determinazione del reddito locatizio secondo il criterio di imputazione del reddito fondiario» (titolarità del diritto reale).

A maggior ragione quando, come nel caso di specie, il comproprietario unico firmatario del contratto di locazione abbia dimostrato di non essere stato anche l’unico percettore dei canoni, da esso trasmessi pro quota all’altro comproprietario.