Alert sospetto dopo l’indagine penale
La recente circolare DT 54071 con cui il ministero dell’Economia e delle Finanze disciplina l’esercizio della funzione sanzionatoria, in alcuni passaggi giunge a conclusioni non coordinate con altre disposizioni aventi natura regolamentare e con la prassi operativa che Autorità, prime tra tutte la Uif, hanno saputo consolidare nell’attuazione delle proprie fondamentali prerogative in ambito antiriciclaggio. È il caso della delicata relazione tra l’obbligo di inoltro della segnalazione di operazione sospetta e la sopravvenuta conoscenza di indagini penali in cui il cliente del soggetto obbligato è coinvolto e che sono da quest’ultimo conosciute per effetto della notifica di provvedimenti dell’Autorità giudiziaria che possono assumere una molteplice natura, che muove dal più semplice ordine di esibizione della magistratura per giungere a decreti di sequestro dei saldi attivi di rapporti continuativi in essere.
Il Mef presenta una sua lettura decisamente avversa alle segnalazioni di operazioni sospette inviate «successivamente all’adozione da parte delle autorità, ivi compresa l’autorità giudiziaria, di atti formali aventi connessione soggettiva o oggettiva con le operazioni contestate», dichiarando esplicitamente che le stesse non solo non sono idonee a determinare alcuna efficacia esimente, ma potrebbero addirittura essere valutate negativamente laddove, accertata la inequivoca preesistenza di elementi di sospetto rispetto alla sopravvenuta conoscenza delle iniziative giudiziarie di cui sopra, le stesse si presentassero prive di alcun valore aggiunto in termini di collaborazione attiva. È chiaro come il punto fondamentale coincide con la capacità dell’autorità incaricata della contestazione della violazione di provare l’inequivoca preesistenza di elementi di sospetto», al ricorrere dei quali si è certamente in presenza delle cosiddette “segnalazioni difensive”, inoltrate dal soggetto obbligato all’unico scopo di tentare di migliorare la propria posizione evitando la sanzione. Tale onere probatorio non è affatto semplice, in quanto l’autorità accertatrice deve avere cura di evitare l’errore di interpretare retroattivamente l’operatività del cliente proprio alla luce di sopravvenuti fatti penali di cui il soggetto obbligato non poteva avere conoscenza, in tal modo qualificando un esteso complesso di operazioni mediante l’evidenza di informazioni riservate, estremamente più ampie rispetto alla visuale che il soggetto obbligato poteva avere all’epoca dei fatti in contestazione.
La sopravvenuta conoscenza di indagini è stata valorizzata in modo del tutto differente dalla Banca d’Italia che, nel Provvedimento recante gli indicatori di anomali per gli intermediari dell’agosto 2010, richiama espressamente la conoscenza del coinvolgimento del cliente in un procedimento penale quale elemento qualificante di condotte inusuali connesse al ricorso al contante, così come, peraltro, la stessa Uif richiede ai soggetti obbligati di allegare alla sos del provvedimento dell’autorità giudiziaria ivi richiamato, conferendo chiaramente allo stesso un’elevata funzione di arricchimento informativo.