Imposte

Anche per l’Agenzia gli immobili non ultimati vanno distinti dai ruderi

L’imponibilità Iva al 22% non dovrebbe essere estesa in automatico ai fabbricati collabenti

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

I fabbricati in corso di costruzione non seguono lo stesso trattamento Iva previsto per quelli ultimati. Secondo la circolare 12/E del 2007, infatti, l’articolo 10, nn. 8-bis) e 8-ter), del Dpr 633/72 non tratta specificamente dei fabbricati non ultimati. Nonostante alcune possibili analogie, inoltre, fabbricati in corso di costruzione e collabenti vanno tenuti distinti.

Secondo la circolare 4/T/2009 dell’agenzia del Territorio, vanno iscritti in categoria F/3 gli immobili in costruzione che necessitano solo di «una temporanea iscrizione negli atti catastali in attesa della definitiva destinazione conferita al bene». L’iscrizione in categoria “F/2 - Unità collabenti” è invece prevista quando si tratta di costruzioni caratterizzate da un notevole livello di degrado, che sia anche temporalmente rilevante. Tra l’altro, i collabenti «possono formare oggetto di iscrizione in catasto, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso» (articolo 3, comma 2, Dm 28/1998).

Anche l’agenzia delle Entrate (circolare 27/E/2016) ritiene che gli immobili iscritti in F/2 e F/3 vadano tenuti concettualmente distinti, con l’effetto che non dovrebbe ritenersi automaticamente applicabile il medesimo trattamento ai fini Iva.

Come anticipato, secondo la circolare 12/E/2007, per quanto concerne la cessione di un fabbricato non ultimato, occorre tener conto che l’articolo 10, nn. 8-bis) e 8-ter) del Dpr 633/1972, nell’individuare il regime Iva applicabile alla cessione di fabbricati, non si occupa degli immobili “non ultimati”. Pertanto, la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d’imposta prima della data di ultimazione del medesimo non segue le regole citate e, trattandosi di un bene ancora nel circuito produttivo, deve essere assoggettata a Iva (come confermato anche dalla risoluzione 91/E/2007 e dalla risposta 241/2020), con possibile applicazione delle aliquote ridotte eventualmente previste, ove ne ricorrano i presupposti.

Meno fondata appare invece l’estensione della medesima disciplina ai fabbricati collabenti, la cui cessione, secondo la risposta 554/2022, non rientra nel regime d’esenzione, rendendosi applicabile l’imponibilità con Iva al 22 per cento.

Considerato che l’articolo 10, n. 8-bis, del Dpr 633/72 si riferisce in generale ai fabbricati (si veda l’altro articolo in pagina), una volta accertato che l’oggetto della vendita è effettivamente un fabbricato collabente, ne dovrebbe derivare l’applicazione dell’esenzione, peraltro prevista quale regola generale dall’articolo 135, paragrafo 1, lettera j), della direttiva 2006/112, come afferma anche la circolare 27/E/2006 che riferisce di un «generalizzato regime di esenzione» per le cessioni/locazioni di fabbricati.

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