Controlli e liti

Ania: caso polizze circoscritto

di Laura Galvagni

La sentenza della Corte di cassazione 10333/2018 alza il tono del dibattito nel mondo assicurativo rispetto alla natura delle polizze vita di Ramo III, quelle cioè con una forte componente finanziaria e che, complice Solvency II e lo scenario di bassi tassi di interesse, sono diventate un pilastro chiave dell’industria. Sulla questione ieri è intervenuta l’Ania, l’associazione che raccoglie i principali assicuratori del paese, e lo ha fatto in maniera piuttosto netta rispedendo al mittente ogni accostamento diretto tra il pronunciamento della Suprema Corte e il profilo di questo genere di prodotti. Si viaggia, evidentemente, su riflessioni in punta di diritto rispetto alle quali però i legali dell’Ania hanno preso un posizione precisa. In particolare, il presidente Maria Bianca Farina, dopo un’analisi attenta delle carte, a nome di tutte le compagnie, ha voluto infatti precisare: «La sentenza della Corte di cassazione non prende posizione sulla qualificazione dei contratti assicurativi sulla vita ma si riferisce a un caso specifico, caratterizzato dal ruolo assunto da una società fiduciaria. Il caso oggetto del giudizio riguarda, in particolare, errori di trasparenza e di comportamento relativi a un singolo prodotto, commercializzato nel 2006».

Di più, secondo il numero uno dell’Ania, «non si rilevano nella pronuncia della Suprema Corte conclusioni che mettano in dubbio la connotazione di prodotto assicurativo con riferimento alle polizze con contenuto finanziario, che peraltro già allora risultavano soggette a precisi obblighi di trasparenza e regole di condotta».

Michele Siri, professore all’Università di Genova e docente di diritto delle assicurazioni e dei mercati finanziari, tuttavia ha sottolineato che «la sentenza lascia stupiti e perplessi per le affermazioni che vanno oltre il caso specifico e che alimentano un’incertezza sull’intero mercato italiano, che ormai è evoluto su contratti del tutto differenti da quelli di un decennio orsono».

Soprattutto, «è una posizione che non tiene conto della disciplina europea, che assoggetta i prodotti finanziari assicurativi alle regole di protezione dei contratti di investimento. La stessa Corte di Giustizia considera come assicurative le polizze linked, anche se non restituiscono un capitale garantito. Infine, è lo stesso legislatore italiano a riconoscere la natura previdenziale nei prodotti pensionistici individuali, anche se l’aderente sopporta un rischio di investimento». Il quadro, però, evidentemente lascia spazio a interpretazioni opposte sulla scia di una dottrina che ha diversi riscontri anche in termini di giurisprudenza. Ecco perché «in questa prospettiva il riferimento, anche se del tutto incidentale, alla necessità di un capitale garantito o al rischio di performance non considera adeguatamente il regime prudenziale di Solvency II e l’attuale scenario sui tassi di interesse. I contratti – anche quelli assicurativi – “vivono nel mercato e non fuori dal mercato”. Di questa evoluzione si è fatto partecipe il legislatore europeo con la direttiva IDD e quello nazionale con i piani previdenziali. Sono indicatori di un sistema giuridico sul quale riposano le aspettative di tutti», ha concluso Siri.

A riguardo il presidente Farina, ha sottolineato che «da sempre, del resto, le normative italiana ed europea identificano come prodotti assicurativi sulla vita polizze con caratteristiche specifiche, indipendentemente dalla garanzia di restituzione del capitale. Le polizze sulla vita sono contraddistinte da garanzie di tipo finanziario e demografico, cioè legate alla vita dell’assicurato (esempio: caso morte e conversione in rendita). Pertanto nessun dubbio può essere espresso sulla natura assicurativa di questi prodotti».

Detto ciò l’attenzione sul tema, all’interno e all’esterno dell’industria assicurativa, è alta. Tanto che, nel dibattito sulla vigilanza, anche Consob avrebbe avviato un riflessione. Nelle prossime ore la Commissione studierà in maniera approfondita la sentenza per capirne i contenuti. Si vedrà con quale esito. Secondo alcune fonti tutto questo potrebbe avere come effetto quello di ridefinire i confini delle competenze tra Consob e Ivass. Già ora le due autorità si sovrappongono su alcuni aspetti.

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