Controlli e liti

Antiriciclaggio, verifica anche sulle carte prepagate

immagine non disponibile

di Ranieri Razzante

L’antiriciclaggio colpirà i punti vendita e ricarica di carte prepagate. Tabaccai, bar, edicole, ricevitorie ed esercizi convenzionati dovranno effettuare l’adeguata verifica della clientela. Questa sembra l’interpretazione da dare ad alcune disposizioni della bozza di decreto legislativo che il Consiglio dei ministri ha approvato il 23 febbraio e che disciplina il recepimento della cosiddetta «quarta direttiva contro il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo».

Ma andiamo con ordine. Il modello oggi vigente di emissione, collocamento e spendita legato a carte di credito prepagate (Poste Pay su tutte, per capirci, ma vale anche per altre) è generalmente questo. Un istituto di pagamento (Ip) o un istituto di moneta elettronica (Imel), intermediari finanziari autorizzati dalla Banca d’Italia all’emissione di carte di pagamento, emettono – appunto – lo strumento di pagamento. Questo viene distribuito agli altri intermediari finanziari (per esempio banche e Poste), attraverso convenzioni, per il collocamento alla clientela. Questi “collocatori” cedono a “soggetti convenzionati” (non necessariamente operatori finanziari, cioè agenti in attività finanziaria, ma, per esempio anche esercenti attività commerciali all’ingrosso o al dettaglio) le carte, ricaricabili o meno che siano. Queste carte sono strumenti rientranti a pieno titolo in quelle «operazioni occasionali» che la legge antiriciclaggio (il decreto legislativo 231/2007) prevede come assoggettabili all’«adeguata verifica» quando comportano movimentazioni pari o superiori a 15.000 euro. La legge si è applicata (fino a oggi) da parte del soggetto collocatore (o emittente, in caso coincida con il collocatore, ad esempio la società che gestisce servizi di gioco che abbia nel gruppo un Ip), nel senso che l’avvaloramento delle transazioni di ricarica avviene solo se sono stati forniti dal cliente (titolare della carta o semplice esibitore) gli estremi dei documenti di identità e del codice fiscale. Se, e solo se, dal controllo che effettua l’Ip i dati coincidono (per esempio codice fiscale del titolare), in tempo reale viene autorizzata l’operazione. Questo per dire che un controllo abbastanza “spinto” esiste già: non è un caso che la Uif, nello scorso anno, abbia ricevuto da Ip e Imel 5.919 Sos (diventate già del 18% in più nel totale delle Sos del primo mese del 2017). Indubbiamente restano i problemi, per esempio, degli intermediari stranieri, dei controlli sulle reti e della lacunosa legislazione per l’ingresso nel nostro paese di operatori esteri. Ma giova ricordare che a oggi il processo di ricarica nel punto di pagamento prevede:

il limite massimo di ricarica di 1.000 euro (o superiore, a seconda delle carte);

i controlli di identità e congruità dei dati rilevati. Oltre all’acquisizione del codice fiscale del titolare della carta se non coincidente con il soggetto che richiede la ricarica;

tali dati sono trasmessi e archiviati real time sui sistemi centrali dei soggetti abilitati alle ricariche e su quelli degli Issuer e costituiscono la base dati su cui operano le funzioni antiriciclaggio per rilevare eventuali operazioni sospette riconducibili all’ordinante (o al titolare della carta, se diverso) e segnalarle all’Uif.

Se poi si legge l’articolo 25 della legge vigente, si rammenta che esistono soglie di esenzione dall’adeguata verifica quando le carte, ricaricabili, non eccedano il limite dei 2.500 euro annui, mentre se non ricaricabili, i 150 euro.

Il nuovo articolo 17, al comma 6 (che peraltro è in conflitto con quanto previsto dal 44 per gli esercenti), prevede l’adeguata verifica per tutte le operazioni inferiori ai 15.000 euro. Traduzione: tutti coloro che fanno ricariche dovranno assoggettare i clienti a domande su residenza, domicilio, titolare effettivo della carta, perché è evidente che un siffatto importo viene ritrovato in ogni carta di cui si è parlato. Con evidente impatto su tempi, costi e fiducia del cliente che si vedrà “interrogato” per un’operazione a lui consentita dal servizio cui si affida acquistando una carta (e probabilmente si sposterà su quelle esenti). Il paradosso è che vengano esclusi da questi obblighi i pagamenti di bollettini “trattabili in via automatizzata“ allo sportello, ossia senza interventi dell’operatore (per esempio quelli con codice a barre). Allora restano fuori da questa esenzione, quelli che comportano un “riempimento” da parte dell’operatore (per esempio bolli auto, Mav bancari, prenotazioni di biglietti di viaggio, multe della polizia urbana con numero di verbale da scriversi a mano). Se aggiungiamo a tutto questo l’introduzione dell’obbligo di Sos sugli esercenti convenzionati, da trasmettere ai soggetti preponenti, non si vede come questi ultimi potranno farne una valutazione senza avere conosciuto il cliente- ricaricatore.

Lo schema di Dlgs sull’antiriciclaggio trasmesso alle Camere

La relazione allo schema di Dlgs sull’antiriciclaggio

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©