Autonomi e impatriati, ritenute ridotte o saldo in F24
Va monitorato anche il calo «eccessivo» della base contributiva
Gli impatriati italiani e stranieri in possesso dei requisiti richiesti per usufruire del regime fiscale di vantaggio previsto dall’articolo 16 del Dlgs 147/2015 che, al momento del loro arrivo in Italia, decidono di intraprendere nel nostro Paese un’attività di lavoro autonomo devono tenere conto di alcune peculiarità rispetto ai dipendenti.
L’agevolazione è fiscale e non contributiva e consiste nell’applicazione della tassazione sul 30% del reddito prodotto in Italia (10% se la residenza viene spostata in una regione del Sud). In breve, possono usufruire del beneficio coloro che:
non sono stati residenti nel nostro Paese nei due periodi di imposta precedenti al trasferimento;
si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
svolgono la loro attività prevalentemente in Italia.
L’agevolazione spetta per 5 anni dall’acquisizione della residenza in Italia e, in presenza di specifici requisiti, può essere prorogata per altri 5 anni, ma in questo caso il reddito imponibile è pari al 50% o al 10% se il lavoratore ha almeno tre figli minorenni o a carico.
Anche gli impatriati che producono redditi di lavoro autonomo possono usufruire del vantaggio già in sede di effettuazione delle ritenute presentando una specifica richiesta ai committenti che, quindi, applicheranno la ritenuta del 20% sul reddito imponibile già ridotto in base alla richiesta ricevuta. Tuttavia, è ancora frequente che tali soggetti accedano all’agevolazione solo in dichiarazione dei redditi compensando quindi sul modello F24 il credito che risulta dalla dichiarazione con gli altri tributi dovuti conformemente e nei limiti previsti dall’articolo 17 del Dlgs 241/2007.
L’agevolazione è solo fiscale e non sono previste disposizioni relativamente agli obblighi contributivi. Quindi, i lavoratori autonomi iscritti in gestione separata che liquidano la propria posizione contributiva in sede di dichiarazione dei redditi devono riportare quanto dichiarato al rigo RE23 (vale a dire il minor reddito imponibile a seguito dell’applicazione dell’agevolazione) nella colonna 11 del Quadro RR – Sezione II.
Potrebbero quindi esserci conseguenze rilevanti sulla loro futura pensione che verrà calcolata con il metodo contributivo su un montante molto probabilmente inferiore al massimale. Quindi, in fase di ingresso in Italia, il lavoratore autonomo dovrà valutare se, invece del regime agevolato per gli impatriati al momento dell’apertura della propria partita Iva non possa invece essere opportuno scegliere il regime “forfettario” che, anziché una riduzione dell’imponile prevede una riduzione dell’aliquota su un reddito “convenzionalmente” stabilito non avendo quindi effetti sull’imponibile contributivo.
In merito alla possibilità di scegliere l’uno o l’altro dei regimi agevolati è bene ricordare quanto specificato dall’Agenzia con le risposte 460/2022 e 190/2023: viene precisato che l’opzione per il regime forfetario al momento dell’ingresso in Italia, pur sussistendo i requisiti per l’applicazione del regime degli impatriati, comporta l’impossibilità di esprimere a posteriori l’opzione per il diverso regime degli impatriati.