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Avvisi bonari, sanatoria con rebus fatturato per i coltivatori

Per chi è esonerato i ricavi potrebbero essere ricostruiticon le autofatture. Il problema è più complesso per chi vende al minuto senza obbligo di scontrino

di Francesco Giuseppe Carucci

L’articolo 5 del Dl 41/2021 ha introdotto la definizione agevolata delle comunicazioni di irregolarità relative al controllo automatizzato delle dichiarazioni fiscali per i periodi d’imposta 2017 e 2018.

La possibilità di definire le pendenze non è destinata a tutti i contribuenti, ma esclusivamente ai «soggetti con partita Iva attiva» alla data del 23 marzo scorso a condizione che nel 2020 il volume d’affari abbia subito una contrazione maggiore del 30% rispetto al volume d’affari dell’anno precedente. Per i soggetti non tenuti alla presentazione della dichiarazione Iva, il calo sarà determinato considerando ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni dei redditi.

Sulla scorta dei dati che emergono dalle dichiarazioni fiscali riferite al 2019 e al 2020, sarà l’agenzia delle Entrate ad individuare i potenziali beneficiari che saranno destinatari delle comunicazioni previste dagli articoli 36-bis del Dpr 600/73 e 54-bis del Dpr 633/1972 corredate dalla proposta di definizione agevolata. L’accesso all’agevolazione, che consiste nell’azzeramento di sanzioni e somme aggiuntive, non è pertanto subordinato ad alcuna richiesta da parte del contribuente.

Proprio tale circostanza desta un dubbio in ordine alla possibilità di accesso alla definizione da parte dei produttori agricoli in regime di esonero dagli adempimenti ex articolo 34, comma 6, Dpr 633/1972. Il particolare regime Iva prevede che i soggetti che vi transitano sono esonerati dal versamento dell’imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compreso quello dichiarativo, con l’eccezione della numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle «autofatture» emesse per loro conto dai cessionari che agiscono nell’esercizio dell’impresa.

Per questa particolare tipologia di contribuenti la valutazione della riduzione del volume d’affari non potrà avvenire, pertanto, sulla base della dichiarazione Iva. I contribuenti in questione sono quasi sempre titolari di reddito agrario di cui all’articolo 32 del Tuir, ragion per cui non sarà possibile neanche attingere a «ricavi e compensi». Infatti i piccoli produttori in regime di esonero, se non obbligati alla presentazione del modello Irap e della dichiarazione dei sostituti d’imposta, godono addirittura della possibilità di presentare unicamente il modello 730.

Alla luce di queste considerazioni, è ragionevole ipotizzare che l’Agenzia possa procedere alla verifica della riduzione del volume d’affari passando al vaglio gli importi delle autofatture emesse dai cessionari.

La situazione però si complica ulteriormente laddove i produttori agricoli esonerati si occupino anche di vendita diretta al consumatore finale. In tal caso, infatti, gli importi realizzati per le cessioni sono completamente ignoti all’agenzia delle Entrate visto che il Dpr 696/96, con l’articolo 2, comma 1, lettera pp), esclude l’obbligo di certificazione dei corrispettivi relativi a queste cessioni. Quest’ultima disposizione, con l'avvento dei corrispettivi telematici, è stata recepita dal Decreto del Mef del 10 maggio 2019 che definisce le operazioni esonerate dall’obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei corrispettivi.

Una presa di posizione sulla questione da parte dell’agenzia delle Entrate è quanto meno opportuna.

Gli agricoltori esonerati potrebbero essere interessati soltanto dagli avvisi bonari ex articolo 36-bis DPR 600/73 dal momento che, non essendo obbligati al versamento dell’Iva e alla presentazione della dichiarazione, non può trovare applicazione l’articolo 54-bis del Dpr 633/72.