Controlli e liti

Azione del curatore? Competenza in Italia

di Patrizia Maciocchi

L’azione revocatoria ordinaria proposta dal curatore in base alla legge fallimentare (articolo 66) e non secondo il Codice civile, va considerata direttamente derivante dalla procedura di insolvenza. Ed è dunque utile a radicare la competenza del giudice italiano perché soddisfa la condizione fissata dalla Corte di giustizia Ue.

Per la Corte di Lussemburgo, infatti, i giudici dello Stato (Regolamento 1346/2000) nel cui territorio è avviata una procedura di insolvenza hanno giurisdizione sui convenuti con sede o domicilio in un altro Paese membro, se l’azione proposta contro di loro è qualificabile come direttamente derivante dalla procedura di insolvenza e a essa strettamente connessa.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione ( ordinanza 10233 ) accolgono così il ricorso del curatore nei confronti di una banca maltese. Il curatore del fallimento aveva chiesto di dichiarare l’inefficacia degli atti di conferimento in trust, da parte di una società fallita, a una banca con sede a Malta. La banca contestava la giurisdizione del giudice italiano. Secondo l’istituto di credito l’azione, anche se proposta dal curatore, rientrava nel raggio d’azione del Codice civile che, con l’articolo 2901, regola l’azione ordinaria, accordata a tutti i creditori ed esperibile a prescindere dall’esistenza di un vero stato di insolvenza. Per la Cassazione non è così. La Corte Ue ha chiarito che per considerare l’azione come direttamente derivante dalla procedura d’insolvenza e a questa strettamente connessa è necessario «che la stessa si fondi su disposizioni in deroga alle norme generali del diritto comune». Non può essere una normale azione esercitata dal curatore perché il titolare è fallito, ma deve essere un’azione che, anche se proponibile in assenza di procedura di insolvenza, da questa trae titolo ed è dunque fondata su una norma in deroga alle regole del diritto civile e commerciale. Nel caso esaminato il curatore, ha agito non in sostituzione dei falliti ma contro di essi, per recuperare beni costituiti in trust con la consapevolezza di pregiudicare i creditori. Un “atto” espressamente previsto dall’articolo 66 della legge fallimentare e destinato specificamente a lui per il caso di insolvenza. Il fatto che l’azione abbia gli stessi presupposti dell’azione indicata dall’articolo 2901 del Codice civile e che quest’ultima sia praticabile anche in assenza di procedura concorsuale, non impedisce di considerare l’azione regolata dall’articolo 66 come direttamente derivante dal fallimento. E se non bastasse le Sezioni unite fanno un lungo elenco delle non trascurabili differenze tra le due norme.

Cassazione, Sezioni Unite civili, ordinanza 10233 del 26 aprile 2017

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