Bancarotta: fallimento condizione di punibilità
La sentenza di fallimento non è un elemento costitutivo del reato di bancarotta ma rappresenta semplicemente la condizione oggettiva di punibilità. LaCorte di cassazione( sentenza 13910 ), respinge il ricorso di un imprenditore individuale, condannato per bancarotta preferenziale.
Una responsabilità negata dalla difesa, secondo la quale l’imputato non aveva previsto il futuro dissesto della sua azienda. Il ricorrente, prima del fallimento, si sarebbe limitato a d azioni lecite, in quanto espressive della libertà dell’imprenditore di gestire i suoi beni. E, posto che certamente la dichiarazione di fallimento è un elemento costitutivo del reato e non una condizione obiettiva di punibilità, il fallimento stesso - perché possa scattare la bancarotta distrattiva prefallimentare - deve essere previsto e voluto, almeno a titolo di dolo eventuale. A supporto della tesi la difesa cita un precedente della Cassazione (sentenza 47502/2013). La Suprema corte smonta gli argomenti ad iniziare dal presupposto secondo il quale l’imprenditore sarebbe il dominus incontrollato del patrimonio aziendale: c’è infatti il limite costituito dal divieto di pregiudicare i creditori.
Nè il fallimento è un elemento costitutivo del reato. I giudici precisano che «la dichiarazione di fallimento in quanto estranea all’offesa tipica e alla sfera di volizione dell’agente, rappresenta una condizione estrinseca di punibilità che restringe l’area del penalmente illecito, imponendo la sanzione penale solo in quei casi nei quali alle condotte del debitore, di per sé offensive degli interessi dei creditori, segua la dichiarazione di fallimento». Ed era questo il caso analizzato.
Cassazione, V sezione penale, sentenza 13910 del 22 marzo 2017