Controlli e liti

Bancarotta fraudolenta per i sindaci che non denunciano

Rischiano di rispondere di una eventuale bancarotta in concorso con gli amministratori, per omesso controllo.

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di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Per evitare responsabilità penali, i sindaci, in presenza di operazioni che destano evidenti sospetti, devono azionare i poteri sia ispettivi sia di denuncia. In difetto, rischiano di rispondere di una eventuale bancarotta in concorso con gli amministratori, per omesso controllo. Tali adempimenti sono ancora più necessari allorché i professionisti fanno parte dell’organo di controllo anche di altre società del gruppo coinvolte nell’operazione avendo, in questo caso, una maggiore consapevolezza degli accadimenti aziendali dell’intero gruppo.

A fornire questa rigorosa interpretazione è la Corte di cassazione, sezione V penale, con la sentenza n. 156/2021 depositata il 5 gennaio. I membri del collegio sindacale di una società fallita venivano condannati in concorso con gli amministratori per bancarotta fraudolenta per distrazione

L’impresa fallita aveva conferito alcuni complessi immobiliari ad altra azienda del gruppo a fronte del riconoscimento di un partecipazione nel capitale sociale. Il valore del capitale era però inferiore a quello degli immobili ceduti. Dopo poco tempo la partecipazione veniva ceduta alla holding lussemburghese del medesimo gruppo per compensazione con crediti insistenti vantati nei confronti della società fallita.

I tre professionisti all’epoca dell’operazione erano presenti negli organi di controllo di varie società del gruppo. Secondo la Corte di Appello, per via di questo osservatorio privilegiato, non potevano non accorgersi del programma illecito degli amministratori volto a depauperare l’azienda, anche perché l’operazione era contrassegnata da indici di sospetto di conclamata evidenza da non lasciare alcuna discrezionalità rispetto all’obbligo di una pronta ed efficace reazione.

Il giudice di appello evidenziava anche che il conferimento era stato preceduto da una significativa svalutazione del complesso immobiliare, in assenza di giustificazioni e nonostante il collegio sindacale avesse certificato una perdita di esercizio. Inoltre, nella medesima assemblea che aveva approvato l’operazione, i soci avevano anche deliberato la cessione del pacchetto azionario ricevuto a seguito del conferimento immobiliare, alla capogruppo con la conseguenza che l’azienda non avrebbe neanche potuto ottenere il vantaggio di un’accresciuta capacità di reddito da spendere verso il sistema bancario indicato come sottostante dell’operazione.

La Cassazione ha confermato la condanna evidenziando che i tre sindaci da almeno un triennio erano inseriti nella “galassia” delle società del gruppo e pertanto avrebbero dovuto essere consapevoli delle finalità dell’operazione. Inoltre, non avevano eccepito nulla rispetto alla decisione di cedere il patrimonio immobiliare e alla successiva cessione della partecipazione alla capogruppo. Ne consegue la responsabilità penale dei membri del collegio a titolo di concorso omissivo (articolo 40, comma 2, del Codice penale) in base al quale non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

La sentenza ricorda che il controllo dei sindaci non va circoscritto all’operato degli amministratori, ma esteso a tutta l’attività sociale nell’interesse non solo dei soci ma anche dei creditori. Il collegio deve attivare i propri poteri di intervento con il compimento di atti di ispezione e controllo e nel caso denunciare l’accaduto al Tribunale non potendosi limitare a semplici richieste di chiarimenti agli amministratori. Da ultimo si evidenzia che per la responsabilità dei sindaci ex articolo 2407 del Codice civile è sufficiente l’omessa rilevazione di macroscopiche violazioni o comunque la mancata “reazione” di fronte ad atti di dubbia legittimità.

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