Beni omaggio, deducibilità integrale se il valore unitario non supera i 50 euro
Ai fini Iva, si parla di omaggi non solo relativamente alle cessioni gratuite di beni, imponibili a Iva se relativi a beni propri e non soggette a Iva per i beni non propri, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 4, Dpr 633/1972, ma anche, in maniera tecnicamente impropria, per i beni ceduti contrattualmente a titolo di sconto, premio o abbuono, che sono sempre esclusi da Iva, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 2, Dpr 633/1972.
Ai fini dei redditi, invece, per omaggi si intendono soprattutto i beni (propri o non) distribuiti gratuitamente nelle cessioni gratuite di beni, i cui acquisti sono classificati tra le spese di rappresentanza, ai sensi dell’articolo 108, comma 2, Tuir: pertanto, sono completamente deducibili se di valore unitario non superiore a 50 euro, altrimenti devono rispettare i requisiti di inerenza e congruità, stabiliti dal Dm 19 novembre 2008.
Nella tabella allegata sono stati riassunti gli aspetti relativi alla detrazione dell’Iva degli acquisti dei suddetti beni destinati a essere regalati, al regime Iva applicabile alle consegne di questi omaggi ai propri clienti (italiani o esteri), oltre che alla possibile deduzione dei relativi costi di acquisto.
Cessioni gratuite di beni propri
Dovrebbe essere ancora valida, solo ai fini Iva, l’indicazione della circolare 16 luglio 1998, n. 188/E, paragrafo 6, secondo la quale:
1.gli acquisti di beni non propri, destinati a essere ceduti gratuitamente a terzi (quali clienti effettivi o potenziali, dipendenti dei propri clienti, ecc.), sono considerati sempre spese di rappresentanza (con conseguente indetraibilità dell’Iva, tranne per i beni di costo unitario non superiore a 50 euro);
2.viceversa, gli acquisti di beni destinati a essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa (cioè i beni propri), «non costituiscono spese di rappresentanza (con conseguente detraibilità dell’Iva).
Se è stata detratta l’Iva all’acquisto dei beni propri, le relative cessioni gratuite devono essere assoggettate a Iva, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 4, prima parte, Dpr 633/1972.
Per documentare la cessione gratuita di beni propri è possibile emettere una fattura elettronica per omaggi al proprio cliente con rivalsa o senza rivalsa, emettere una fattura elettronica per omaggi a sé stessi (in tutti questi casi, la registrazione avviene solo nel registro Iva vendite) o utilizzare il registro degli omaggi.
Cessioni gratuite di beni non propri
Essendo i beni non propri distribuiti gratuitamente assimilati nel Tuir alle spese di rappresentanza, la relativa Iva è sempre indetraibile, tranne che per quelli di modico valore (non superiore a 50 euro).
Al momento della consegna gratuita a terzi dei beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa (cosiddetti beni non propri), di costo unitario non superiore a 50 euro, non si verifica una cessione gratuita imponibile, ma un’operazione non soggetta a Iva, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 4, prima parte, Dpr 633/1972, quindi, non va emessa la fattura (codice natura per l’eventuale emissione della e-fattura: N2).
Lo stesso vale anche per gli omaggi a terzi di beni non propri di costo unitario superiore a 50 euro, in quanto non essendo stata detratta l’Iva all’atto di acquisto, si tratta di un’operazione non soggetta a Iva (circolare Assonime 1° agosto 1996, n. 89).
Deduzione del costo per l’acquisto di beni propri e non propri distribuiti gratuitamente tramite cessioni gratuite
Ai fini Ires e Irpef, le spese relative a beni distribuiti gratuitamente a clienti, fornitori, banche o altri soggetti inerenti all’attività dell’impresa (non ai dipendenti, per i quali si applica l’articolo 51, comma 3, Tuir) sono considerate sempre «spese di rappresentanza» (indipendentemente dal loro valore unitario), ma se di valore unitario non superiore a 50 euro (25,82 euro fino al 2007) sono deducibili, mentre se sono di importo superiore (ovvero per tutti i servizi dati in omaggio, di qualunque costo) sono deducibili solo se, assieme alle altre spese di rappresentanza, superano il test di congruità che prevede un limite di deduzione percentuale, parametrato ai ricavi tipici dell’impresa, ai sensi dell’articolo 108, comma 2, Tuir e del Dm 19 novembre 2008. In particolare, in questi casi, la deduzione è possibile nel limite annuo pari all’1,5 per cento dei ricavi e proventi della gestione caratteristica delle imprese (voce A.1 e A.5 del Conto economico), fino a 10 milioni di euro di ricavi, allo 0,6 per cento per la parte eccedente 10 milioni e fino a 50 milioni di euro e allo 0,4 per cento per la parte eccedente 50 milioni di euro.
Tra i beni distribuiti gratuitamente, da considerarsi sempre spese di rappresentanza ai fini del Tuir, dovrebbero rientrare, non solo i beni acquistati appositamente da terzi, che non hanno niente a che fare con l’attività svolta (beni non propri), ma anche quelli la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa (beni propri). Come si è visto, ai fini Iva, invece, gli acquisti di beni propri non sono mai considerati spese di rappresentanza, considerando ancora applicabile la circolare 16 luglio 1998, n. 188/E, paragrafo 6.
Beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono
Per i beni ceduti contrattualmente a titolo di sconto, premio o abbuono (per esempio, le vendite promozionali del tipo «3 per 2»), l’Iva dell’acquisto è solitamente detraibile e nella e-fattura di cessione va indicato il relativo corrispettivo (articolo 21, comma 2, lettera h, dpr 633/1972) escluso da Iva, con il codice natura N1, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 2, Dpr 633/1972.
Per poter escludere dall’Iva queste cessioni, però, è necessario che lo sconto, il premio o l’abbuono siano previsti in conformità alle originarie condizioni contrattuali e che i beni omaggiati siano soggetti a un’aliquota Iva uguale o inferiore a quella della cessione principale. Inoltre, nella fattura elettronica (e/o si presume anche nell’eventuale documento che certifica il corrispettivo) deve essere indicato il valore normale.
Anche se in generale le fatture con Iva esclusa sarebbero facoltative (risposta alla Faq n. 15 dell’agenzia delle Entrate del 27 novembre 2018), si ritiene che per i beni ceduti contrattualmente a titolo di sconto, premio o abbuono, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 2, Dpr 633/1972, la fattura debba essere sempre emessa (con il codice natura N1), anche se la consegna dell’omaggio è separata rispetto alla consegna e alla fattura dei beni principali, in quanto l’articolo 21, comma 2, lettera h), Dpr 633/1972, impone di indicare in fattura il valore normale dei beni omaggiati.
L’Iva relativa all’acquisto di questi beni ceduti contrattualmente a titolo di sconto, premio o abbuono è detraibile (nota 46 della circolare dell’Istituto di ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti contabili del 27 aprile 2009, n. 9/IR).
Ai fini reddituali, il costo dei beni omaggiati contrattualmente è deducibile come spesa promozionale e di pubblicità, trattandosi di una forma di pubblicità indiretta, rivolta a incentivare le vendite. Queste cessioni di beni, che vengono effettuate in forza di accordi contrattuali che contemplano tali cessioni in via accessoria rispetto ad altre cessioni onerose (nel cui prezzo, di fatto, sono ricomprese), sono prive del requisito della gratuità, quindi, il costo sostenuto per ottenere i relativi beni ceduti non può essere considerato spesa di rappresentanza circolare 3 agosto 1979, n. 25.
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