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Biogas, incentivi per la produzione di energia elettrica prorogati per tutto il 2021

La norma estesa dal Milleproroghe premia le imprese zootecniche che dispongono di un allevamento (anche in soccida)

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di Gian Paolo Tosoni

Gli incentivi per gli impianti di biogas finalizzati alla produzione di energia elettrica sono prorogati a tutto il 2021. Lo prevede l’articolo 12, comma 9-ter, del Dl 183/2020 (decreto Milleproroghe)

La norma oggetto di proroga è il comma 954 dell’articolo 1, della legge 145/2018 la quale dispone che gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza non superiore a 300 kw, e facenti parte del ciclo produttivo di una impresa agricola di allevamento, realizzati da imprenditori agricoli anche in forma consortile e la cui alimentazione deriva per almeno l’80% da refluii e materie derivanti dalle aziende agricole realizzatrici e per il restante 20% da loro colture di secondo raccolto, continuano ad accedere agli incentivi.

Come si può notare la norma premia le imprese zootecniche che dispongono di un allevamento (anche in soccida) in quanto l’impianto di produzione di energia elettrica deve essere alimentato interamente dalla impresa agricola titolare dell’impianto, per l’80 per cento con reflui zootecnici e il rimanente con vegetali sempre di produzione propria.

Quindi i requisiti per ottenere gli incentivi relativi alla produzione di energia sono più rigorosi della norma fiscale la quale dispone che la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali provenienti prevalentemente dal fondo, effettuata dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135 del Codice civile e si considerano produttive di reddito agrario. La tassazione catastale assorbe la franchigia fino a 2,4 milioni di chilowattora che corrisponde quasi interamente alla produzione di 300Kw; sulla parte eccedente, ma soltanto con riferimento al prezzo della energia (esempio 0,05 euro per kwh come indicato dalla Autorità), il reddito è determinato nella misura del 25% dei corrispettivi registrati ai fini dell’Iva.

Ma per i piccoli impianti di biogas fino a 300 kw quindi la produzione deve essere del 100% per ottenere gli incentivi e non la prevalenza delle biomasse impiegate come sarebbe sufficiente secondo la norma fiscale. Tuttavia a maggior ragione queste attività rientrano nel reddito agrario dovendo produrre l’intera materia oggetto di trasformazione.

La norma prevede che gli imprenditori agricoli possono agire anche in forma consortile. Si ritiene che la struttura giuridica del consorzio di cui all’articolo 2602 del Codice civile sia troppo debole per realizzare un impianto che si ritiene debba essere costruito dal consorzio come ente associativo. Si suggerisce la forma più solida della società consortile di cui all’articolo 2615-ter del Codice civile, magari nella forma della società di capitali per l’effetto della responsabilità limitata.

In questo caso l’impianto lo realizza il consorzio magari su un terreno concesso in diritto di superficie vicino alla sede di un allevamento. Quindi i soci cedono al consorzio i reflui zootecnici ed i vegetali per la alimentazione dell’impianto di biogas. Il consorzio in sede di bilancio dopo aver coperto tutti costi dell’esercizio accredita ai soci la differenza rapportata all’ammontare degli apporti (reflui e vegetali).

Il consorzio di per se non usufruisce delle esenzioni fiscali previste per le società cooperative però dovendo chiudere il bilancio in pareggio non avrà materia imponibile se non relativamente ai costi non deducibili. Il consorzio non può usufruire della qualifica di imprenditore agricolo professionale che invece è possibile per le Srl consortili che operano esclusivamente con i soci, che per questi impianti di biogas è un obbligo, ai sensi dell’articolo 1, comma 1094 della legge 296/2006.