Bitcoin, l’anonimato è parziale
I numeri di mercato dicono che di sicuro il rendimento (speculazione?) è assicurato. Ma la mancanza di regole internazionali e bancarie sulle criptovalute rendono queste operazioni di acquisto e rivendita davvero sicure, e al riparo da “rivendicazioni”, che siano del Fisco o di terzi? Sono queste le domande più ricorrenti dei potenziali risparmiatori formulate ieri durante il videoforum via Facebook con i giornalisti e gli esperti del Sole 24 Ore.
Il mondo dei bitcoin, oltre a sollevare un grande dibattito tra economisti, banchieri e fiscalisti - dibattito che non ha ancora portato al risultato di definirla o meno come moneta, o come altro - esercita un grande fascino sul pubblico, che si interroga soprattutto sui rischi (antiriciciclaggio su tutti), sicurezza dell’investimento e garanzia dell’anonimato. L’Italia, però, è il primo paese ad avere inserito in un testo legislativo (il dlgs 231/2017)le criptovalute figlie delle catene blockchain, e ad aver previsto obblighi di registrazione di chi converte valuta reale in quella digitale. Con un meccanismo di registrazione e di identificazione del beneficiario effettivo che fa perdere molto del fascino “oscuro” delle valute virtuali.E anche il Fisco, pur escludendo l’imponibilità delle operazioni di acquisto, ha già aperto alla possibilità di considerare tassabili i proventi da capital gain nel caso di transazioni in uscita (dal mondo virtuale, appunto). L’impressione è che di bitcoin si parlerà ancora molto , e su molti tavoli, nei prossimi mesi.