Black list, favor rei anche sul passato
Anche per i periodi d’imposta anteriori al 2016, il sostenimento di costi relativi a operazioni intervenute con Paesi black list – laddove ne sia dimostrata l’effettività e l’interesse economico – non può comportare alcuna indeducibilità e neppure l’applicazione di sanzioni. È questo il principio di diritto che emerge dalla decisione 1838/01/2019 della Ctp Milano (presidente Roggero, relatore Chiametti), che assume interesse soprattutto per l’applicazione del favor rei alle irregolarità commesse prima dell’abrogazione della disposizione (articolo 110, commi 10 e 11, Tuir).
A una società operante nel commercio di metalli veniva contestata la deducibilità dei costi sostenuti nel 2012 per l’acquisto di prodotti da fornitori residenti in alcuni Paesi definiti black list in quanto previsti dagli appositi decreti ministeriali (Svizzera, Hong Kong, etc.). L’Agenzia giustifica la ripresa con la motivazione che il contribuente non aveva fornito sufficiente prova delle esimenti previste dalla norma, vale a dire l’effettiva attività svolta dal fornitore e l’interesse economico nonché la concreta esecuzione degli acquisti. La specifica disciplina dei costi black list (indeducibilità salvo dimostrazione delle esimenti, con onere di indicazione separata in dichiarazione) si applicava sino al 2014, per poi venir sostituita da una regolamentazione meno rigida (deducibilità nei limiti del valore normale ed esimenti per l'eccedenza), ed infine essere abrogata a decorrere dal 2016. È, tuttavia, piuttosto frequente il contenzioso per i periodi d’imposta anteriori, sia con riferimento alla sussistenza delle esimenti quanto relativamente alla sanzione applicabile per l'omessa separata dichiarazione.
I giudici milanesi, dopo aver riconosciuto come ampiamente giustificata la sussistenza delle esimenti nel caso di specie per effetto della copiosa documentazione presentata dall’impresa in risposta al questionario dell’Agenzia (senza trascurare il fatto che i prezzi di acquisto si basavano sulla quotazione dei metalli fissata dal London Stock Exchange), accolgono il ricorso, pronunciandosi positivamente sull’applicabilità del favor rei.
Secondo la sentenza, infatti, l’abrogazione della disciplina ha eliminato «un trattamento discriminatorio in tema di deducibilità, che comporta violazione di principi costituzionali e che impone un onere probatorio spesso “impossibile”». La tesi (accolta anche da Ctp Lodi 52/02/2018) non è univoca in giurisprudenza. Altre Commissioni (ad esempio Ctr Lombardia 1519/11/2018, Ctr Veneto 1184/02/2016 e Ctr Toscana 1015/29/2016) hanno ritenuto non applicabile il “favor rei” al caso di specie.
Secondo la Corte di cassazione (sentenze 26175/2018, 10989/2016 e 6651/2016) l'abolizione del regime di indeducibilità legato alla mera omissione dichiarativa ha carattere retroattivo ma non altrettanto può dirsi per la specifica sanzione (pari al 10% dell’importo complessivo delle spese non indicate, con un minimo di euro 500 e un massimo di euro 50mila: articolo 8, comma 3-bis, Dlgs 471/1997), che, quindi, continuerebbe ad applicarsi anche per il passato. Tesi sostenuta anche dall’agenzia delle Entrate (circolare 39/E/2016).