Imposte

Bollo, registro e ipo-catastali per la rinuncia alla casa coniugale

L’atto di rinuncia dell’ex coniuge ad abitare nella ex casa coniugale non beneficia delle esezioni tributarie

di Angelo Busani

Se un ex coniuge rinuncia al diritto di abitare nella ex casa coniugale (ottenuto dapprima in sede di omologa della separazione coniugale e poi in sede di sentenza di divorzio), l’atto recante detta rinuncia non può beneficiare dell’esenzione da ogni tributo disposta dall’articolo 19, legge 74/1987. Lo afferma l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello numero 39 del 10 febbraio 2020.

L’articolo 19, legge 74/1987 (dettato per il divorzio, ma applicabile anche alla separazione coniugale) dispone che «tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio … sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa».
Ora, nel caso esaminato dalle Entrate, in sede di separazione coniugale uno degli ex coniugi aveva ottenuto il diritto di abitare nella casa di proprietà dell’altro coniuge.

In sede di divorzio, detto assegnatario aveva assunto l’obbligo di rinunciare all’assegnazione della casa nel momento in cui avesse lasciato l’appartamento. Verificatosi dunque questo evento, l’ex assegnatario intendeva procedere alla stipula di un atto nel quale formalizzare la sua rinuncia all’assegnazione del godimento dell’abitazione appartenente all’altro ex coniuge. Si è trattato, pertanto, di comprendere il regime fiscale applicabile a questo atto di rinuncia e, in particolare, se a esso si rendesse applicabile, appunto, il disposto dell’articolo 19, legge 74/1987.

L’Agenzia risponde negativamente a questo quesito, argomentando che l’articolo 19, legge 74/1987 reca «una norma speciale agevolativa di natura oggettiva» che concerne le convenzioni patrimoniali originate nel procedimento di separazione e di divorzio, e che opera in relazione alle attribuzioni patrimoniali funzionalmente connesse alla risoluzione della crisi della famiglia. Si tratta, insomma, di una norma che trova la sua ragione nell’esigenza di agevolare l’accesso alla tutela giurisdizionale, evitando che l'imposizione fiscale possa gravare sui coniugi rendendo ancora più difficile il superamento della crisi coniugale.

Peraltro, secondo quanto già affermato dalle Entrate nella risoluzione numero 372/E-2007, l’agevolazione in oggetto opera solo con riferimento a quegli atti e accordi naturalmente correlati al procedimento di separazione o di scioglimento del matrimonio, ma non anche con riferimento agli atti e accordi raggiunti solo in occasione dei procedimenti stessi e che avrebbero potuto essere realizzati in qualunque momento. Ne consegue, secondo l’Agenzia, che l’atto unilaterale di rinuncia all’assegnazione dell’abitazione «è espressione della libera volontà» del soggetto rinunciante «e come tale e non è collegato all’adempimento degli obblighi derivanti dal procedimento di scioglimento del matrimonio»: l’atto di rinuncia, non essendo funzionalmente connesso alla risoluzione della crisi coniugale, non può dunque fruire dell’agevolazione di cui all'articolo 19 della legge 74/1987.

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