Imposte

Bonus casa e cessioni, così cambiano le regole con lo stop del Governo

Trasferimenti dei crediti d'imposta bloccati dal 17 febbraio Evita la stretta solo chi ha avviato i cantieri entro il giorno precedente

Bonus casa

di Dario Aquaro e Cristiano Dell'Oste

Con il decreto varato giovedì scorso dal Governo (Dl 11/2023) cambia il panorama della cessione e dello sconto in fattura dei bonus casa. Vediamo in otto punti la situazione per il superbonus e le detrazioni ordinarie dopo le nuove norme.

1. Stop immediato a cessioni e sconti

Da venerdì 17 febbraio 2023 è vietato l’esercizio delle opzioni di cessione del credito d’imposta e di sconto in fattura dei bonus casa. Evita la stretta solo chi ha già avviato gli interventi edilizi agevolati prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, cioè entro il 16 febbraio compreso (si veda il punto 2).

Il divieto di cessione e sconto in fattura riguarda il superbonus e tutti gli altri bonus casa ordinari cedibili (in pratica, quelli elencati dal comma 2 dell’articolo 121 del Dl 34/2020):

● bonus ristrutturazioni del 50% su una spesa fino a 96mila euro (per i lavori indicati alle lettere a), b) e d) dell’articolo 16-bis del Tuir, cioè gli interventi edilizi e la costruzione o l’acquisto del box auto pertinenziale);

● ecobonus del 50-65% per miglioramento energetico, anche nelle versioni potenziate al 70-75% nei condomìni e nella versione dell’eco-sismabonus dell’80-85%;

● sismabonus ordinario, in tutte le sue declinazioni (dal 50% fino all’85%);

● bonus facciate del 90%, per le spese 2020 e 2021, o del 60%, per quelle del 2022 (ricordiamo che questa detrazione non è stata rinnovata nel 2023, ma – senza il blocco – sarebbe stato ancora possibile cedere i crediti riferiti alle spese degli anni scorsi);

● detrazione per l’installazione degli impianti fotovoltaici;

● detrazione per l’installazione delle colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici (anch’essa scaduta, ma teoricamente ancora cedibile);

● bonus del 75% per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Con il nuovo decreto viene cancellata anche la possibilità di cessione riservata ai contribuenti incapienti che era stata introdotta nel 2016.

Il divieto non riguarda invece la cessione dei bonus diversi da quelli edilizi (tra i quali rientrano il credito d’imposta SuperAce, i crediti energia e gas per la seconda metà del 2022 e il cosiddetto bonus chef).

2. Chi può ancora cedere il superbonus

Per le spese ammesse al superbonus (sia per lavori trainanti che per lavori trainati) è ancora possibile fare la cessione del credito o lo sconto in fattura, se entro giovedì scorso – 16 febbraio – si è verificata una di queste tre condizioni:

● per gli interventi effettuati dai condomìni deve essere stata adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e deve essere stata presentata la Cilas (cioè comunicazione di inizio lavori asseverata tipica del superbonus, regolata dal comma 13-ter dell’articolo 119 del Dl 34/2020). Da notare che il decreto Aiuti-quater chiedeva all’amministratore di condominio di autocertificare la data della delibera per prenotare il 110% nel 2023, requisito che qui invece non è richiesto espressamente;

● per gli interventi diversi da quelli effettuati dai condomìni deve essere stata presentata la Cilas;

● per gli interventi che comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici deve invece essere stata presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo.

3. Quali bonus ordinari restano cedibili

Anche per i bonus ordinari diversi dal superbonus, in certi casi, è ancora possibile fare la cessione del credito o lo sconto in fattura. È necessario, però, che entro il 16 febbraio:

● sia stata presentata la richiesta del titolo abilitativo, per gli interventi edilizi che lo richiedono (ad esempio, la Cila per la ristrutturazione di un appartamento);

● siano già iniziati i lavori, per le opere che ricadono nell’attività edilizia libera e non richiedono la presentazione di un titolo abilitativo (ad esempio, la sostituzione delle finestre o il cambio della caldaia);

● sia stato registrato il contratto preliminare d’acquisto o sia stato stipulato il rogito per le agevolazioni concesse a chi compra una casa ristrutturata: il 50% sull’acquisto di un’abitazione in un edificio integralmente ristrutturato da un’impresa; oppure il sismabonus acquisti del 75% o 85% sulle case demolite e ricostruite da imprese in chiave antisismica.

4. Come fare la cessione (se è ancora ammessa)

Quando è ancora possibile cedere il credito d’imposta o fare lo sconto in fattura – sia per il superbonus, sia per i bonus ordinari – restano validi i tempi e le procedure previsti prima del decreto 11/2023. Perciò, entro il 31 marzo 2023 sarà possibile comunicare le opzioni relative alle spese sostenute nel 2022 o alle rate residue delle spese del 2020 e 2021 (il termine ordinario del 16 marzo viene prorogato dal Milleproroghe ora all’esame del Parlamento).

Seguendo le regole definite con la conversione del decreto Aiuti-quater per questi crediti sono possibili fino a cinque cessioni:

● la cessione jolly, che può avvenire nei confronti di qualsiasi «soggetto privato»;

● tre cessioni in “ambiente controllato” (cioè verso banche, società dei gruppi bancari e imprese di assicurazione);

● una cessione verso i correntisti delle banche che siano imprese o titolari di partita Iva (non consumatori). Questa cessione non deve per forza essere la quinta, ma è sempre l’ultima della catena, perché il correntista non potrà più cedere il credito, ma dovrà usarlo in compensazione nel modello F24.

Ad esempio, per un intervento di tinteggiatura agevolato dal bonus facciate del 60% – spese sostenute nel 2022 – si potrà comunicare la cessione entro il prossimo 31 marzo e serviranno l’asseverazione di congruità della spesa e il visto di conformità, già richiesti dal decreto Antifrodi (Dl 157/2021).

Ancora: immaginiamo un intervento di ristrutturazione – spese sostenute nel 2022 – per il quale l’impresa ha applicato lo sconto in fattura e ha poi ceduto il credito a una società privata. Sempre entro il 31 marzo la società potrà cederlo a un soggetto “vigilato” (banche, società dei gruppi bancari o assicurazioni).

5. Cosa succede a chi è fuori dal regime transitorio

Il blocco delle cessioni deciso con il Dl 11/2023 coglierà molti proprietari e molte imprese a metà del guado: pensiamo a chi non ha ancora deliberato i lavori in condominio, ma ha già pagato gli studi di fattibilità e magari ha raccolto i fondi per saldare i primi stati avanzamento lavori. Idem per il proprietario di una bifamiliare che stava per presentare la Cilas, ma non l’ha ancora fatto. In questi casi, la cessione del credito e lo sconto in fattura non sono più possibili: si potrà beneficiare del bonus, ma bisognerà utilizzarlo come detrazione in dichiarazione dei redditi. Una soluzione, quest’ultima, che per molti contribuenti non sarà percorribile, per problemi di incapienza (il bonus supera l’Irpef) o perché non si ha il denaro da anticipare per pagare i lavori.

Se non si procede con le opere, le spese preliminari – ad esempio quelle dello studio di fattibilità – non sono detraibili.

6. Il dilemma d’inizio lavori per i bonus ordinari

Molte opere agevolate dai bonus ordinari non richiedono alcun titolo abilitativo. In questi casi, la cessione è possibile solo se entro il 16 febbraio sono iniziati i lavori. Ma come documentare l’apertura del cantiere? La prassi delle Entrate dice che il contribuente deve autocertificare (articolo 47 del Dpr 445/2000) che i lavori sono agevolabili e ricadono nell’attività edilizia libera.

La cessione o lo sconto sono impossibili, perciò, per tutti i lavori già concordati con l’impresa, e magari già pagati in parte, che però non sono ancora partiti. È il caso di tanti piccoli interventi come la sostituzione della caldaia o delle finestre (che spesso si risolve in uno-due giorni e prevede il pagamento di acconti all’ordine). In queste situazioni, resta senz’altro la possibilità di usare la detrazione. Ma ci sono casi in cui il contribuente non può scaricare il bonus dall’Irpef, magari perché applica il regime forfettario: in queste ipotesi, se viene meno la possibilità di fare lo sconto in fattura, cade tutta la spinta agevolativa e gli acconti o le spese preliminari vanno di fatto sprecati.

7. Nulla cambia per mobili e giardini

Il bonus mobili (50% su una spesa massima di 8mila euro) e il bonus giardini (36% su 5mila euro) non sono mai stati utilizzabili tramite cessione del credito e sconto in fattura. Per loro, quindi, non cambia nulla: sono confermati fino alla fine del 2024 e continueranno a poter essere recuperati in dieci rate annuali in dichiarazione dei redditi.

8. Regioni e province subito fuori dai giochi

Il decreto 11/2023 ferma sul nascere tutte le iniziative di acquisto dei bonus avviate o ipotizzate nei giorni scorsi da alcune regioni e province (dalla provincia di Treviso alla Sardegna, dalla Basilicata al Piemonte).

Per tutte le amministrazioni pubbliche scatta il divieto di diventare «cessionari» (cioè acquirenti) di crediti d’imposta derivanti da cessioni o sconti in fattura relativi ai bonus edilizi.

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