Bonus ricerca e sviluppo, da rivedere l’esclusione dell’innovazione di processo
Imprese in cerca di certezze sul requisito della novità, rilevante ai fini della fruizione del credito d’imposta per attività di R&S: nella circolare 23/19 Assonime ripropone il tema della qualificazione di difficile declinazione, che può e deve essere risolta in modo definitivo approfittando della manovra di Bilancio 2020 con un’apposita norma, interpretativa per il passato, che consenta alle imprese:
●di avere chiarezza sul comportamento futuro;
●di porre rimedio a eventuali (non fraudolenti o insidiosi) errori per il passato, in relazione soprattutto alle innovazioni di processo e di organizzazione.
A comprova della difficoltà di individuazione di alcune attività eleggibili, l’associazione osserva che gli organi verificatori spesso necessitano dell’intervento del Mise per verificare se l’attività svolta dall’impresa può considerarsi agevolata, come previsto dall’articolo 8, comma 3 del Dm 27 maggio 2015. Ciò vuol dire che gli stessi verificatori si trovano in una situazione speculare a quella dell’impresa, nel senso che anche gli uffici, devono fare affidamento sulla valutazione di soggetti terzi in possesso delle necessarie competenze tecniche, con il vantaggio però di poterlo fare ex post, partendo da un dato di riferimento costituito dalla documentazione predisposta dall’impresa.
Occorre fare una premessa: il Manuale di Frascati, cui le stesse Entrate fanno riferimento per qualificare le attività agevolabili, mette in evidenza che se è vero che non tutte le attività rientranti nel processo di innovazione possono essere classificate come attività di R&S, è altrettanto vero che vi sono casi in cui è difficile distinguere, tra le varie attività svolte, quelle che devono essere considerate attività di R&S da quelle che non rientrano in questa definizione.
In particolare, il tema della novità, di difficile perimetrazione, si è manifestato nella sua incertezza in merito all’innovazione di processo, oggetto della risoluzione 40/19 e di un’interrogazione parlamentare. Con la risoluzione le Entrate hanno escluso dall’ambito oggettivo dell’agevolazione l’innovazione di processo come descritta dal Manuale di Oslo, che in materia di innovazione è l’equivalente del Manuale di Frascati in materia di R&S. È opportuno formulare un’osservazione: il solo fatto che si debba fare riferimento a manuali di carattere tecnico in ambito tributario dovrebbe già bastare, da solo, a escludere conseguenze di carattere sanzionatorio in ambito fiscale, considerato il non facile raccordo che si deve creare tra le funzioni aziendali coinvolte nell’iter utile a definire i contorni dell’agevolazione.
Tornando al tema della novità, si deve sottolineare che con la circolare 5/16 era precisato che sono agevolabili «le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti». Sulla base di queste indicazioni le imprese avevano ritenuto di poter includere nell’agevolazione le attività che hanno comportato miglioramenti significativi a processi (o prodotti) esistenti valutando la significatività dei miglioramenti in relazione alla situazione preesistente del processo (o prodotto).
Con queste premesse, gli esperti del settore avevano messo in evidenza che vi sono casi in cui le attività di innovazione di processo possono essere classificate come attività di R&S, in quanto è possibile sviluppare sperimentalmente un processo produttivo esistente.
A questo orientamento, con la risoluzione 40, il fisco avrebbe risposto in senso negativo, ritenendo assente in tali casi il requisito della novità e affermando che il miglioramento significativo deve scaturire dall’impiego di conoscenze nuove per il settore di riferimento, con conseguente irrilevanza dei miglioramenti che, pur se significativi, derivano dall’uso di conoscenze già diffuse nel settore di riferimento dell’impresa.
La difformità di tale orientamento, rispetto al precedente enunciato con la circolare 2016, per i periodi di imposta 2015-2017 dovrebbe ancor più comportare l’applicazione, ai fini sanzionatori, dell’esimente delle obiettive condizioni di incertezza interpretativa, in base agli articoli 10, comma 3 della legge 212/00 e 6, comma 2 del Dlgs 472/97. In termini più generali, come affermato da Assonime, dovrebbe applicarsi la qualifica di credito inesistente alle sole ipotesi di comportamento fraudolento mentre in tutti gli altri casi non potrebbe che parlarsi di credito non spettante. In ogni caso, è condivisibile la proposta di Assonime di prevedere un sistema nel quale le imprese che optano per l’agevolazione si dotino di apposita e esaustiva documentazione, da presentare durante la verifica fiscale al fine di evitare le sanzioni.